La politica nazionale, di ogni colore e da almeno venticinque anni, in sede di determinazione del Bilancio dello Stato, taglia i trasferimenti di risorse agli Enti Locali. Lo si vede anche dall’aumento esponenziale della tassazione locale che, però, non compensa quanto tagliato dallo Stato, e neppure riesce a riorganizzare la spesa degli Enti Locali, incapaci, a loro volta, di tagliare gli sprechi e di combattere l’evasione fiscale che, in varie forme, impoverisce ulteriormente i loro bilanci.
I tagli nei trasferimenti agli Enti Locali sono uno dei modi attraverso cui la politica italiana ha reso difficilissima la possibilità di intervento pubblico nella vita delle persone, privatizzando quasi ogni ambito sociale ed economico, non tanto, e non solo, nel senso di cedere beni e servizi pubblici ai privati, ma consegnando proprio nelle mani dei privati, degli interessi privati finanziariamente più forti, criminalità compresa, nei fatti quasi integralmente, il governo della cosa pubblica, col pretesto di una maggiore efficienza ed efficacia nell’azione. Ma costruendo invece troppo spesso situazioni di monopolio parassitario (basti pensare alla gestione delle autostrade abruzzesi).
L’assenza di risorse
Dentro questo processo storico è L’Aquila che discute il suo nuovo Piano Regolatore Generale, gravata dagli effetti del sisma e di una crisi economica gravissima, iniziata nel 2008 e ancora presente.
Il Documento Preliminare al nuovo Piano Regolatore, redatto dal Comune dell’Aquila, ammette "l’endemica carenza di risorse per il fabbisogno dell’attività pubblica inerente la realizzazione di opere per l’urbanizzazione primaria e secondaria e per il miglioramento della funzionalità della città in termini infrastrutturali", ma, invece di far discendere, da questa constatazione, una intera strategia pianificatoria, che parta dal reperimento delle risorse necessarie, la lascia sospesa, senza conseguenze esplicite. E sviluppa invece, fino alle estreme conseguenze, una risposta totalmente subordinata alle scelte che i privati opereranno sul territorio.
In sostanza, il Comune dell’Aquila, nel suo Documento Preliminare al Nuovo Piano Regolatore Generale, constatata l’assenza di risorse, capaci di sostenere un disegno pubblico di città, costruisce un sistema normativo che, a partire dal reperimento di risorse straordinarie, non pubbliche, governi il territorio in modo flessibile. Sempre rideterminabile.
Il Piano Regolatore, in questa ottica, si trasforma in un elenco di strumenti che governano il rapporto tra interesse privato, che ha il potere di proporre, e Pubblica Amministrazione che contratta, da una posizione di debolezza, perché senza risorse. L’esito della contrattazione, l’accordo finale tra privato e pubblico, diviene il disegno della città e incarnerebbe l’interesse generale.
Questo risultato è ottenuto classificando il territorio in parti "non negoziabili" e in parti che, invece, richiedono un livello di duttilità continua. Finisce la "zonizzazione" del territorio comunale. Ogni zona può, al suo interno, contenere tutto, e anche le aree non negoziabili, perché sede di permanenze naturali o paesaggistiche, o artistiche, in realtà, possono dar luogo a processi di negoziazione, spostando in altri ambiti del territorio i diritti di edificazione lì eventualmente presenti. Emergono in loro vece le cosiddette unità urbane e territoriali, variamente articolate e in cui dovrebbe prevalere l’integrazione delle funzioni insediative. Quello che conta sono le concrete esigenze dello sviluppo economico. Cui vanno subordinate le scelte.
La cessione di sovranità
In sostanza, non è l’interesse pubblico - incarnato nel Consiglio Comunale che discute e delibera e cerca un equilibrio, tra interessi legittimi del privato, e interesse superiore della collettività - a governare il territorio, bensì chi abbia la forza economica di proporre "programmi integrati di intervento"; "programmi di recupero urbano"; "interventi diretti convenzionati". In un dialogo continuo tra impresa e funzionari amministrativi dell’Istituzione Comune. Non è più necessaria la mediazione politica, tecnicamente superata attraverso la coincidenza, come sostiene il Documento Preliminare, nell’ambito del Nuovo Piano Regolatore Generale di un Piano Strutturale e del Piano Operativo. Si gestisce così la flessibilità delle destinazioni, e solo in sede di contrattazione pubblico-privato si scorge l’interesse pubblico, come mera risultante residuale delle scelte operate dal privato.
La città pubblica è del tutto subordinata alla città privata. Il territorio è definito come una "unità osmotica" in cui, ad esempio, la separazione tra destinazione rurale e destinazione urbana genererebbe diseconomia. Ecco, allora, gli istituti giuridici che sostanziano la nuova gestione del territorio. Non il "Piano", che la Pubblica Amministrazione, cogliendo una idea di città e del suo sviluppo, cerca di sostanziare con azioni urbanistiche coerenti; ma la "perequazione"; la "cessione perequativa-compensazione"; la "premialità", e le "previsioni edificatorie" liberamente commerciabili, entro un ambito, e tra ambiti diversi.
Non è più lo strumento dell’esproprio, per il quale non vi sono risorse, a determinare la destinazione di un luogo, per finalità di pubblico interesse; il pubblico interesse è la continua contrattazione tra privato proponente e pubblico che ottiene opere, sulla carta, la cui realizzazione concreta non è nemmeno mai prevista come antecedente e necessaria al rilascio del titolo di abitabilità di quanto viene realizzato.
E’ una scelta precisa, quella che il Documento Preliminare al Nuovo Piano Regolatore Generale pone. E che rovescia totalmente l’ordine di priorità.
I rischi di opacità
E’ indubbio che il concreto sviluppo di un territorio, i suoi accadimenti storico/sociali/economici, non possano totalmente ingabbiarsi dentro le previsioni di una pianificazione urbanistica. Come è indubbio che siano necessari degli strumenti di flessibilità, capaci di garantire efficacia ed equità nei trattamenti. Rispondenza anche al concreto divenire storico di una città. E altrettanto importante sarebbe la capacità di una Amministrazione Pubblica che interpreti le direzioni che il mercato e il concreto sviluppo economico del territorio intendono percorrere, e le assecondino anche, nelle loro potenzialità capaci di generare benefici il più possibile collettivi.
Ma il punto politico, qui, è che l’Amministrazione Comunale rinuncia ad indicare una idea di città. Al di là delle centinaia di pagine che il Documento Preliminare al Nuovo Piano Regolatore scrive per indicare moltissime suggestioni condivisibili, progetti utili e importanti per la città, se fossero realizzati.
Nulla, di tutto quanto elaborato e di positivo potrebbe essere realizzato, diverrà realtà, senza le risorse che consentano di scegliere davvero le priorità di governo del territorio. Il Documento Preliminare indica un’altra strada: la "collaborazione tra pubblico e privato, al fine di garantire la realizzazione di un insieme sistematico di opere pubbliche, di interesse pubblico o di interesse generale, e private, facendo anche ricorso agli strumenti di gestione del piano".
Ed è certamente una strada importante, quella della collaborazione tra pubblico e privato. Quando sia chiaro però, che è il pubblico, portatore di interessi collettivi, a proporre e programmare. E che il privato non è rappresentato solo da imprese costruttrici, fondi immobiliari o banche, bensì anche dal piccolo e piccolissimo proprietario.
Quando la città è senza risorse economiche, e quando rinuncia a individuare le strade per reperire risorse pubbliche, non sono gli interessi comuni a prevalere. Ma l’interesse dei più forti.
Lo schema delle flessibilità previste, inoltre, è amplissimo. Tale da ingenerare il pericolo, fortissimo, di pesanti scelte arbitrarie. Sciolte da ogni controllo di legittimità e di coerenza. Quando non suscettibili di pesanti influenze e condizionamenti esterni. Ad esempio, come si sceglie "l’opportunità di preservare alcune aree naturalistiche dalla trasformazione, senza procedere però all’apposizione del vincolo ambientale….. riconoscendo al contrario una edificabilità a tali aree, ma condizionando il diritto edificatorio alla realizzazione di tali volumetrie in altre aree previste dalla manovra di piano"? Chi controlla che questo schema produca davvero tutela ambientale? Addirittura, si arriva a prefigurare la possibilità di una "perequazione a posteriori", cioè la legittimazione di una cessione di opere dal privato al pubblico, a fronte di concessione di un diritto edificatorio, la cui misura non è stabilita preventivamente, ma "dopo"; la cui congruità con l’idea di città viene rinvenuta "dopo". Una legittimazione a posteriori che lascia aperta la porta a tutto. Il meglio, forse, ma anche il peggio.
Oppure, quando, e in base a quali criteri, può essere rinvenuto utile, a fini di pubblica utilità, che "aree di proprietà del Comune possano essere il punto di impiego di diritti edificatori, altrimenti destinati a non trovare effettivo utilizzo: i beni immobili del patrimonio pubblico possono costituire risorse per permute e scambi che consentono la trasformazione dei diritti in valore economico senza che per l’amministrazione vi sia esborso finanziario"?
Il rischio di comportamenti distorsivi è fortissimo.
L’importanza di risorse finanziarie pubbliche
Occorre quindi che vi siano risorse finanziarie pubbliche, per strutturare una idea di Città pubblica, e per dare gambe libere a molti dei pregevoli progetti che si trovano dentro il Documento Preliminare per il Nuovo Piano Regolatore Generale. E occorrono risorse finanziarie pubbliche per difendere la politica e l’amministrazione locale dalle pressioni di interessi fortissimi che, in passato, hanno già provveduto ampiamente a devastare la città.
Le risorse potrebbero essere reperite in tre modi:
- Azionando il binomio riorganizzazione spesa pubblica/ contrasto all’evasione fiscale su scala locale;
- Prevedendo specifiche poste di bilancio in sede di Legge di Stabilità nazionale, proponendo così la città come modello per una nuova e moderna pianificazione urbana per tutta Italia;
- Utilizzando i fondi del cosiddetto 5% delle risorse impegnate per la ricostruzione, destinato alle attività produttive: è la città stessa, il "capitale fisso" che va ricostituito e innovato, e che costituisce il sostrato essenziale per ogni nuova attività produttiva e di servizi che deve trovarsi in un ambiente fortemente competitivo, sostenibile e qualificato.
Città provvisoria/Città definitiva
Un tema da definire con più nettezza, nel Documento Preliminare per il Nuovo Piano Regolatore Generale, è il rapporto tra la "città provvisoria", e la città del 2030.
Il vecchio Piano Regolatore, immaginava ancora ettari, ed ettari di terreno edificabile, in particolare nelle Frazioni, e una città con quasi il doppio degli abitanti attuali. La transizione del post-sisma ha prodotto innumerevoli insediamenti provvisori (Progetto C.A.S.E.; M.A.P. e M.U.S.P. ; abitazioni in legno “legittime”, e abusive; insediamenti produttivi provvisori, e di servizio ai cantieri, legittimi ed abusivi).
Il nuovo Piano Regolatore non può cedere ad alcuna sanatoria di tutti gli abusivismi realizzati in questi anni. Deve prevedere la rimozione di tutte le aree M.A.P. e M.U.S.P., quando non funzionali a reali reimpieghi di natura sociale (ivi compresa l’individuazione di eventuali aree rifugio – da manutenere nel tempo - in connessione con i piani di Protezione Civile). Deve costruire nuove funzioni insediative di housing sociale nei Progetti C.A.S.E., anche diminuendone gli spazi abitativi, e sostituendoli con spazi di servizio o direzionali.
Il Nuovo Piano Regolatore deve immaginare già ora il riuso delle strutture periferiche, in cui si è riversata l’attività commerciale prima presente in centro Città, dialogando con i Nuclei Industriali di Sviluppo. Altrimenti, quando, auspicabilmente, inizierà un movimento di ritorno, significativo, nel centro Città, ci ritroveremo con centinaia di capannoni industriali vuoti a segnare una città "fantasma".
Ridurre le aree edificabili
E, deve, semplicemente, ridurre le aree e le volumetrie edificabili, concentrando possibili futuri insediamenti, in progetti complessi di edilizia totalmente innovativa sul piano dei materiali, della sicurezza antisismica, del risparmio energetico, e della bellezza.
La riduzione delle aree edificabili (non consumo zero di suolo, ma meno di zero), produce un effetto importante, sul piano economico. Sposta le intenzioni di investimento, dal miraggio della rendita fondiaria, che fino ad oggi ha gravato pesantemente sulla città, verso l’impiego produttivo, orientando, anche per questa via, il comportamento delle banche, sperabilmente non più pigre verso gli imprenditori locali.
Il Piano Regolatore e le montagne aquilane
Il Piano Regolatore dovrebbe prevedere la integrale bonifica delle aree del Gran Sasso, da costruzioni deturpanti o inutilizzate (a partire dalla Fossa di Paganica), ed impostare una nuova pianificazione territoriale, che, a partire dalla tutela rigorosa della Natura in ogni sua forma e bellezza, ne costruisca però la premessa per la fruizione umana.
E’ questa l’area dove si gioca buona parte della possibilità futura della città di entrare a pieno titolo dentro circuiti turistici internazionali. Ma questo può accadere solo se si abbandonano facili idee speculative, e si rimedia al totale abbandono di cui invece soffrono molte aree che invece potrebbero sostenere attività economiche compatibili con la tutela dello straordinario patrimonio rappresentato dal complesso delle montagne aquilane, che vanno messe in comunicazione tra loro, sia sul piano dell’offerta turistica, sia sul piano dei corridoi ecologici.
Dobbiamo comunque essere consapevoli, che, oltre una certa soglia, la pressione umana sulla montagna, e sulla natura, è devastante.
La montagna, è anche altrove; le chiese medievali, sono anche altrove; le grotte, sono anche altrove; le necropoli italiche, sono anche altrove; i reperti romani, sono anche altrove; buona cucina, o buon vino, prodotti tipici, ce ne sono in tutta Italia. Ma è la loro miscela, il grado di integrazione tra servizi di altissima qualità e ambiente incontaminato, a fare la differenza.
E’ la capacità di offrire ambienti urbani vivibili e belli, e non preda di sfrenata ambizione edificatoria, oltre ogni reale esigenza demografica, insieme alla fantasia di esplorare nuove possibilità di fruizione sostenibile del territorio, a colpire l’immaginazione di chi non è aquilano. E’ la bravura nel tenere insieme allevamento, pastorizia, agricoltura e presidio del territorio, con la fauna selvaggia, e con il possibile e intelligente, e pulito, divertimento umano a rendere unica una città e la sua montagna. E’ la intelligenza nel tenere insieme gli operatori economici e le associazioni che difendono l’ambiente, con la partecipazione attiva dei cittadini e l’ascolto attento della politica, a costruire davvero quella identità profonda che sul mercato del turismo avrebbe pochi rivali.
Questo, potrebbe essere il ruolo svolto utilmente dal Nuovo Piano Regolatore.
Un Piano Regolatore oltre i confini comunali
Ed è in questo quadro che la città dovrebbe porre il proprio Piano Regolatore, a servizio di un’area che comprenda tutto il territorio della vecchia ASL n. 6 (da Capestrano a Montereale, per intenderci), costruendo insieme a tutti gli altri Comuni, quegli ambiti in cui regolare questioni essenziali, per il Turismo, e per la vita quotidiana. Dal ciclo dei Rifiuti, alle reti e ai vettori di trasporto pubblico, all’acqua e alla depurazione, alle reti di telecomunicazioni, alla Sanità del territorio, fino alla costruzione di reti e percorsi per la fruizione delle emergenze storico-artistiche-ambientali.
La Partecipazione dei Cittadini
La Partecipazione dei cittadini alle scelte del Nuovo Piano Regolatore Generale è un terreno su cui meglio definire il Documento Preliminare al nuovo Piano Regolatore Generale.
L’Aquila si è dotata di strumenti di Partecipazione. L’Urban Center, i Consigli Territoriali di Partecipazione. Il Comune ha anche un Regolamento, di Partecipazione. Bisognerebbe però che vi sia una capacità di gestione reale, di questi strumenti. Altrimenti, il modello che si afferma, nel concreto, è un altro. E’ quello del cosiddetto Ponte sulla Mausonia. Questa opera pubblica non è stata discussa in Consiglio Comunale; non è stata discussa nell’Urban Center; non è stata discussa nei Consigli Territoriali di Partecipazione. Eppure potrebbe essere realizzata.
Il modello partecipativo presupporrebbe eguali capacità di informazione e di proposta per tutti gli attori in campo. In tempi certi. Senza chiarezza, di percorsi, di soggetti, di ambiti di intervento, l’articolazione della Partecipazione, si traduce, semplicemente nel campo libero, per lobby di potere, e finanziarie. O nella minorità di fronte ad altri livelli istituzionali che dispongono poi liberamente del territorio aquilano.
Il Piano Regolatore Generale, può, tra i suoi strumenti di realizzazione, annoverare percorsi certi ed esigibili di Partecipazione, che, certo, non sono le forme di consultazione sin qui praticate, e nemmeno le scelte che si vorrebbero praticare, calandole dall’alto. Sarebbe qui anche uno spazio codificato, per la voce delle Rappresentanze Sociali. Che invece, incredibilmente, tacciono su questi temi.
Ricostruzione e Piano Regolatore
I processi di ricostruzione in corso, dovrebbero più profondamente dialogare con il nuovo Piano Regolatore Generale. Come si ricostruiscono i Centri Storici nelle Frazioni, quando i livelli di copertura economica garantiti dallo Stato si confrontano con un costruito preesistente, disomogeneo, povero, dalle destinazioni d’uso, talvolta irriproducibili oggi, rischiando di generare risultati drammatici nel tessuto connettivo dei nostri centri minori? Come si armonizzano i premi di cubatura, molti già realizzati, previsti dalle legislazioni nazionali, con una città che, secondo il Documento Preliminare al Nuovo Piano Regolatore Generale, ha un terzo del proprio patrimonio abitativo, inutilizzato?
Occorrerebbe cioè, la capacità di coniugare, contemporaneamente, il vissuto de L’Aquila prima del 6 aprile 2009, riconoscendone le storture, con l’idea di una città del 2030, attraverso il governo di una transizione lungimirante, e non appiattita sul soddisfacimento di interessi immediati che rischiano di produrre nuovi danni strutturali al nostro futuro.
Due nuovi Piani dentro il Piano Regolatore
Servirebbero infine, due nuovi Piani Regolatori, da introdurre nel nuovo Piano Regolatore Generale. Il Piano Regolatore delle Piazze e dei Marciapiedi; il Piano Regolatore del Verde Urbano. Specifici interventi, andrebbero previsti, su queste materie. Decisive per la "ricucitura" del tessuto urbano, per la connessione dei luoghi e delle persone. Per la qualità della vita. Oltre che per esplorare, attraverso strategie di recupero delle essenze autoctone, possibilità di restauro di porzioni del territorio comunale, abbandonate o disboscate. Creando lavoro, anche per questa via.
Recuperare la centralità della Città Pubblica
Il Documento Preliminare al Nuovo Piano Regolatore Generale è un atto assai complesso e articolato, che dovrà trovare la propria sintesi all’interno del Consiglio Comunale. E occorre augurarsi sia possibile correggerne l’impostazione generale, in favore di una più marcata forza progettuale e pianificatoria della Città pubblica, che dialoghi, collabori e discuta con i legittimi interessi privati, ma da una posizione sovraordinata, come dovrebbe essere per tutelare e costruire il Bene Comune della città dell’Aquila.