70 mila spettatori in tutta Italia, 20 mila solo all'Aquila, nel prato di Collemaggio tornato a essere, per una notte e come ai bei tempi, un'arena per concerti.
E' il bilancio consuntivo di Jazz italiano per Amatrice, la maratona musicale organizzata da Mibact, Siae, Associazione I-Jazz, MIDJ (Musicisti italiani di Jazz) e Casa del Jazz che domenica 4 settembre ha visto esibirsi, in 25 piazze italiane, centinaia di musicisti in segno di solidarietà nei confronti delle popolazioni colpite dal terremoto del 24 agosto. All'evento è stata abbinata anche una campagna di raccolta fondi per la ristrutturazione del Teatro Comunale Garibaldi di Amatrice, completamente distrutto dal terremoto.
Detto degli aspetti sociali dell'evento, è giusto spendere due parole anche su quelli strettamente musicali, almeno relativamente agli spettaccoli che si sono svolti all'Aquila, culminati nel concertone di Collemaggio, il momento clou dell'intera giornata.
Ad aprire il cartellone di eventi aquilano è stato (come l'anno scorso, quando fu il primo ad esibirsi) Paolo Di Sabatino. Il jazzista teramano, docente al Conservatorio Casella dell'Aquila, accompagnato dal suo trio e dall'Orchestra Sinfonica Abruzzese, diretta da Massimiliano Coclite, ha presentato il progetto “Symphojazz”, un connubio tra jazz e musica classica che l'anno prossimo dovrebbe diventare anche un disco: “Abbiamo già effettuato le registrazioni” dice Di Sabatino a NewsTown “i brani sono sia di mia composizione sia brani classici della canzone italiana. E' un progetto che mi emoziona molto e non vedo l'ora di farlo conoscere a più persone possibile”.
Improvvisazione pura (con rimandi al Keith Jarrett di The Koln Concert), retaggi ed echi classici, minimalismo à la Brian Eno (omaggiato, non a caso, con una rilettura di By this river) sono state, invece, le coordinate in cui si è mossa l'esibizione ribattezzata Un pianoforte per L'Aquila di Giovanni Guidi, Mirko Signorile e Claudio Filippini alla Villa Comunale. Tre pianoforti a coda suonati, in verità, come fossero un unico strumento da musicisti con sensibilità e background differenti ma dotati da un'intesa perfetta, frutto anche di un'amicizia decennale. Davvero notevole l'interplay generatosi sul palco tra i tre pianisti: “Tre cuori che si uniscono e formano un unico suono” dice Claudio Filippini “Suonare in tre è veramente difficile perché il rischio è di suonare troppo tutti. Ma tra me Mirko e Giovanni c'è una stima e un'amicizia che fa sì che la musica esca fuori da sola”. Un'idea, la loro, nata proprio un anno fa dopo la prima edizione di Jazz italiano per L'Aquila e fruttata anche una raccolta fondi promossa tramite crowdfunding, grazie alla quale è stato comprato un pianoforte poi donato al Conservatorio dell'Aquila.
Il momento apicale della giornata, come si diceva, non solo di quella aquilana ma dell'intera manifestazione, è stato il concertone di Collemaggio. Sul palco montato davanti la Basilica, ancora inagibile ma in fase di ristrutturazione, la cui facciata è stata illuminata, per l'occasione, da continui giochi di luce, è andata in scena una sorta di enciclopedica rassegna di stili pescati dalle varie decadi della storia del jazz: dallo stride piano del giovane talento Luca Filastro, ispirato a Fats Waller e Art Tatum, al jazz da big band dell'Orchestra del Conservatorio dell'Aquila (con Maurizio Giammarco); dall'hard bop di Fabrizio Bosso alla Napoli profumata d'Oriente di un vecchio leone come Tullio De Piscopo; dall'irresisitibile swing della Crazy Stompin' Club alle atmosfere cool di Raphael Gualazzi e Paolo Fresu.
Finale affidato alla New Talent Jazz Orchestra con ospite Nick The NightFly (conduttore dalla serata insieme a Carlo Massarini), con il suo repertorio a base di standards, Frank Sinatra e Nat King Cole.
“Noi abbiamo messo la musica” ha detto a fine serata Paolo Fresu “ma la gente ha messo la passione: penso sia stata questa sinergia a decretare il successo di questa giornata”.
Chiusa questa seconda edizione del tutto speciale, il jazz italiano tornerà all'Aquila anche l'anno prossimo e nel 2018, secondo quelle che erano le intenzioni iniziali del progetto.
Riprese, interviste e montaggio: Roberto Ciuffini