Una cerimonia sobria è stata la protagonista stamane, all'interno del cimitero monumentale dell'Aquila, in occasione della fine del restauro della tomba di Karl Heinrich Ulrichs.
Ulrichs è considerato a livello mondiale uno degli antesignani dell'attivismo lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), nonché il "padre" del movimento gay e morì in esilio a L'Aquila nel 1895, sotto la protezione del marchese Nicolò Persichetti, con cui condivideva la passione per il latino. Solo sul finire degli anni '80 la sua tomba venne rinvenuta da Massimo Consoli, altro nome illustre del movimento gay italiano.
Il restauro della tomba è stato voluto dall'Arcigay dell'Aquila (stamane presente), realizzato dalla Scuola del Marmo di Sant'Ambrogio di Valpolicella (Verona), grazie ad una donazione di Luciano Mazzucato e Mauro Bertoni, due coniugi veronesi che si sono appassionati alla vicenda nel corso degli anni: "Tempo fa, in un periodo in cui avevo problemi di salute, ho conosciuto per caso la figura di Ulrichs e ho iniziato ad approfondire l'argomento - afferma Bertoni a old.news-town.it - siamo dunque venuti qui all'Aquila per visitare la tomba, e abbiamo sentito la necessità di fare qualcosa per L'Aquila e per uno dei padri del movimento gay".
Il restauro è stato intrapreso e completato da quattro studenti e due docenti della scuola veneta, e potrà essere ammirato anche dalle numerose persone che visitano la tomba di Ulrichs, provenienti da altri paesi europei: "Quando l'ho vista la prima volta ho trovato strano che la tomba versasse in quelle condizioni, questo è un nostro piccolo contributo. Perché guardando al futuro non bisogna mai dimenticare il passato", evidenzia Bertoni con determinazione e umiltà.
Presente anche l'assessore uscente alla Smart city, Stefano Palumbo: "Ulrichs rappresenta una testimonianza importante della storia della città. L'Aquila ha conosciuto persone prestigiose, che anticipavano discussioni oggi attualissime, come quello delle unioni civili. Ci fa onore che L'Aquila abbia potuto ospitare un personaggio che, attraverso la sua cultura e la sua visione, abbia potuto raccontare qualcosa che a distanza di cento anni è attuale".
Appuntamento al 3 settembre, per l'ormai "tradizionale" Ulrichs Day. Stavolta su una tomba finalmente restaurata.
Karl Heinrich Ulrichs, di Antonio Di Giandomenico
Karl Heinrich Ulrichs nacque il 28 agosto 1825 ad Aurich, nell'Hannover, nella Germania settentrionale. Dopo gli studi all'Università di Goettingen, si laureò nel 1846 in legge e teologia. Successivamente, continuò la sua formazione storica all'Università di Berlino. Dal 1849 al 1857 Ulrichs fu giudice presso la corte distrettuale di Hildesheim, nel Regno di Hannover – all'epoca indipendente all'interno della Confederazione tedesca – curando gli interessi del suo sovrano.
Intanto, dapprima sotto lo pseudonimo Numa Numantius e poi col suo vero nome, venivano pubblicati a Lipsia cinque saggi sulla psicologia e sui risvolti sociali e giuridici dell'omosessualità, che ne costituirono una vera e propria teorizzazione. Insomma, una specie di manifesto per un movimento di liberazione, seguito alla dichiarazione della sua omosessualità. Da allora Ulrichs, com'è intuibile, ebbe problemi più per le sue idee piuttosto che per i comportamenti personali. Situazione diventata ancor più difficile, specialmente dopo l'annessione violenta del regno alla Prussia, quando i suoi libri vennero confiscati ed i suoi scritti vietati.
Da buon liberale, egli tenne pubbliche iniziative di protesta cui si aggiunse anche il fervore del patriota contro l'avvenuta annessione, che gli costò dieci mesi di prigione dal governo Bismarck. Nel 1867 si trasferì dapprima a Monaco e quindi a Stoccarda, dove si trattenne fino al 1880, scrivendo finissime pagine di poesia latina ed arricchendo il corpus delle sue opere.
Ma la preoccupazione che le sue idee altre conseguenze gli avrebbero procurato gli consigliò, in forza della sua inclinazione romantica e della passione per l'arte e la natura, l'intrapresa d'un viaggio a piedi in Italia che, dopo Firenze, Ravenna e Roma, lo portò fin nel Cilento, sui monti lucani e quindi a Napoli. Di lì, consigliato da uno scienziato aquilano, Giovanni Antonelli, Ulrichs prese la via dell’Abruzzo raggiungendo L'Aquila, che trovò città incantevole e soprattutto una natura, un territorio e montagne splendide per le sue escursioni, tanto da innamorarsene e passarvi gli ultimi quindici anni della sua vita.
Erano anche anni, quelli, in cui la classicità conosceva all'Aquila una grande fioritura, specie per opera del giovane marchese Niccolò Persichetti, archeologo illustre, poi esaltata dalla presenza di Ulrichs, tanto da promuovere – con adesioni autorevoli come quelle di Teodoro Mommsen, Francesco De Sanctis, Giustino Fortunato, Victor Hugo e Francesco Crispi - la realizzazione d'un monumento a Caio Crispo Sallustio, il grande storico romano che ebbe i natali nella città sabina di Amiternum, le cui vestigia splendono a qualche chilometro dall'Aquila.
Un clima che inevitabilmente si richiamava alle origini sveve della città ed a Federico II, tanto da stimolare persino Nietzsche a venirsi a stabilire all’Aquila, quantunque poi non lo fece, a riguardo dell'affinità che il filosofo avvertiva verso il grande imperatore degli Hohenstaufen, "splendor mundi". Un monumento, però, che Ulrichs non avrebbe visto eretto prima della sua scomparsa, come in effetti lo fu ma solo nel 1903, nella piazza antistante palazzo Margherita d'Austria. Dall'Aquila egli continuò per anni a coltivare le sue intense relazioni con l’intellettualità europea.
In quel contesto culturale cittadino, Ulrichs avviò, nel 1889, sotto forma di fascicoli quindicinali, la pubblicazione della rivista "Alaudae", poeticamente intitolata all’allodola che annunzia il mattino. Con la rivista il poeta e scrittore, non senza un pizzico d'innocente ingenuità, si proponeva di rinverdire il latino e di promuoverlo come lingua internazionale della cultura. La rivista ebbe una sua notorietà e fortuna, diffondendosi in Russia e negli Stati Uniti, in Scandinavia come in Egitto. Questa impresa letteraria lo accompagnerà fino alla morte, il 14 luglio 1895. Niccolò Persichetti, il mecenate che l'ebbe ospite in vita, volle infine che fosse sepolto accanto alla tomba di famiglia.
Anche questa storia, quella storia che ha fatto unica e grande la nostra città nei secoli.