“Tra 8 giorni, il 29 di Agosto, parte da La Paz il 747 con destinazione Roma, quindi non ci resta altro che abbandonare il Perù alla volta della Bolivia diretti verso Copacabana”.
Lo avevamo lasciato così Fabrizio Politi. E' giunto il momento di proseguire il viaggio: ad attenderci questa volta è la Bolivia e il suo incredibile patrimonio paesaggistico ma soprattutto umano. Il fotografo-viaggiatore ci spinge ancora, attraverso le sue immagini e le sue esperienze, a guardare “qualcosa di diverso”, qualcosa che esiste oltre la nostra quotidianità e che non va dimenticato.
“Giungiamo alla frontiera boliviana e la polizia ci fa scendere dal pullman per perquisirci uno ad uno, bagagli compresi, nell'affannosa ricerca di sostanze stupefacenti; d'altronde, in queste zone il narcotraffico è all'ordine del giorno.
In tarda serata arriviamo a Copacabana, ovviamente non la celebre spiaggia di Rio ma una piccola cittadina sulle sponde boliviane del Lago: è una cittadina turistica con ottimi ristoranti e negozi di artigianato, ma sostanzialmente è una strada ed un porto. Fatte le consuete escursioni sulle Isle del Sol e della Luna, nella zona boliviana del Titicaca, il giorno successivo partiamo per la Paz. La capitale più alta al mondo sorge in un immenso canyon fra i 3200 e i 4000 metri. E' l'unica città al mondo dove bisogna salire per andare nei bassifondi: i ricchi risiedono nella parte bassa anziché in quella alta. Questo è dovuto sicuramente alle condizioni climatiche: 800 metri di dislivello in alta montagna fanno una bella differenza. Circondata da un centinaio di picchi innevati di oltre 5000 metri e dominata dalla sagoma dall'imponente vetta dell'Illimani, la Paz è una città molto ispanica, rumorosa, vivace e con un caos cittadino variopinto.
Qui possiamo permetterci il lusso di un albergo a 4 stelle, "Hotel Torino", consigliato da un professore peruviano incontrato a Taquile, il "Te Mata" (soprannominato da Federico a causa dei pittoreschi racconti sugli animali che popolano la selva che, a detta del professore, sarebbero peggio di killer spietati). Dormire in questo hotel, nel pieno centro della città, ci costa appena 2 euro a notte, per non parlare dei 3 euro per una cena nei migliori ristoranti. Stare un mese tra il Perù e la Bolivia ci è costato solo 400 euro a testa tra spostamenti con gli economicissimi autobus di linea, ristoranti di cucina locale e dormire dove capita, ma sempre in posti dignitosi. Abbiamo cercato, insomma, di condurre una vita semplice, come quella che conduce gran parte della popolazione sudamericana.
La Paz è ricca di mercati rionali dove c’è di tutto: carne, verdura, frutta, con bancarelle che espongono erbe di ogni tipo, pietre magiche, pozioni misteriose e feti di lama, tutto per scacciare il malocchio. Ancor più misteriose sono le "yatiris" donne che leggono il futuro, anche se io, personalmente, non ho avuto il coraggio di avvicinarmi.
Risalire dal centro verso la periferia è a dir poco sconcertante: nel giro di pochi chilometri, infatti, la città cambia volto e mostra l'inesorabile povertà dell'America Latina. Ogni cosa cambia: il modo di vestire della gente, le automobili, le abitazioni. Al calar del sole è realmente “poco indicato” salire in periferia. La povertà, come sempre, crea criminalità e tutto è dettato semplicemente dal bisogno di vivere e quindi di mangiare, non sorprende quindi che qui molte persone vivano di espedienti.
Cerchiamo di lasciarci alle spalle questa realtà e come ultima ‘chicca’ per il nostro viaggio decidiamo di affittare due Mountain Bike e fare un vero e proprio Dawnhill lungo la Death Road, una strada che collega La Paz a Coroico, da 4800 metri a 1000 lungo il fianco di una montagna, per 63 kilometri. La temibile denominazione “Death road” è dovuta agli innumerevoli incidenti mortali, la strada è priva di ogni protezione e completamente sterrata e con precipizi di oltre 500 metri. Fortunatamente oggi non è più percorsa da autovetture e ne è stata realizzata una variante molto più sicura. Quella che abbiamo percorso noi è invece attraversata solo da bikers spericolati che vogliono provare brividi mozzafiato.
Arriviamo a Coroico, lì dove la selva boliviana ha inizio. Il clima è diverso, è umido, caldo e c'è molto più ossigeno: praticamente in un paio d'ore siamo passati da una temperatura andina di 0° a un caldo torrido tropicale di 30° e devo dire che il fisico ne ha risentito un po'. La gente è molto tranquilla da queste parti, i ritmi sono rallentati anche a causa del caldo e la maggior parte degli abitanti coltivano Coca e Caffè che poi rivendono al mercato di La Paz.
Qui girano tutti con il machete e la cosa non è molto rassicurante. Ne vediamo uno addosso perfino ad una signora di 70 anni, al mercato mentre acquistava banane; dicono che serve per tagliare le piante nella selva ma questa versione non mi convince molto. Non avendo fatto nessun tipo di vaccino e ripensando anche ai racconti del "Te Mata", non ci addentriamo nella selva. Ci spingiamo giusto quel che basta per fare delle foto. Oggi è il 28 Agosto e domani alle 6 del mattino si riparte verso il vecchio continente.
Sull'aereo, mentre vedo le nuvole susseguirsi sotto di me, penso al nostro viaggio e mi rendo conto di quanto la nostra società identifichi la ricchezza in una bella auto o nell'ultimo jeans alla moda; un equivoco che sta alla base dell'infelicità. Per me, viaggiare attraverso questo splendido mondo al quale noi tutti apparteniamo è una delle più grandi fonti di ricchezza. E le foto, in questo senso, sono strumenti 'puri' in grado di trasmettere le emozioni vissute.
Alla luce di tutto ciò, non posso far altro che dirvi: se un giorno ne avrete le possibilità non esitate a prendere un biglietto aereo che ha per destinazione quel magnifico luogo, chiamato America del Sud".
La fotogallery di Fabrizio Politi