La ricostruzione post terremoto dell'Aquila bloccata dal patto di stabilità e la pista ciclopedonale tra Martinsicuro e San Salvo ancora in stallo per via della frammentazione degli interventi, la sovrapposizione delle competenze e la mancanza di un coordinamento fra enti. Sono queste le due principali opere incompiute che Legambiente ha individuato nella regione Abruzzo rispondendo alla sollecitazione del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che il 2 giugno scorso ha chiesto ai sindaci quali fossero le piccole e medie opere sparse sul territorio italiano ancora in stallo, nell'ambito del decreto "Sblocca Italia".
Legambiente, con il dossier #sbloccafuturo, ha deciso di individuare quelle che rispondono ai criteri di utilità effettiva per il territorio e i cittadini, di miglioramento della sicurezza, di trasformazione nel sistema della mobilità, di sostegno all’innovazione nell’energia e nella rigenerazione urbana. Non tutte le opere ferme, infatti, sono necessarie e alcuni iter bloccati hanno fermato cantieri e progetti che hanno salvato l’Italia da ulteriori e più gravi disastri. Selezionare e scegliere quali siano i vincoli necessari e le semplificazioni utili a rilanciare il Paese, è quindi la strada per fermarne il declino e ricostruire un’Italia capace di futuro.
A livello nazionale, Legambiente ha individuato 101 opere bloccate la cui mancata realizzazione pesa negativamente sulla salute dei cittadini, sulla loro libertà di movimento, sulla possibilità di migliorare la qualità della vita di intere comunità, sull’economia locale e nazionale. Queste 101 opere ci raccontano di un’Italia migliore, più bella, più efficiente, più sicura, più moderna, che avremmo potuto avere e che per responsabilità diverse ancora non abbiamo.
La voce più consistente riguarda il sistema dei trasporti insieme alla messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico. A seguire, ci sono le bonifiche, la depurazione, gli impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti. Sono opere tra di loro molto diverse tutte bloccate e che restituiscono un’immagine malata e paradossale del Paese.
La più drammatica è la situazione che si sta determinando a L’Aquila, e negli altri 56 Comuni colpiti dal terremoto 2009, dove il finanziamento di centinaia di progetti già approvati e pari circa a un miliardo di euro per la ricostruzione, sono bloccati dal patto di stabilità europeo. La “legge Barca” aveva assicurato per un certo periodo un flusso di risorse garantito dall’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, che metteva a disposizione dei Comuni del cratere e dell’Ufficio Speciale per la Ricostruzione la liquidità necessaria a far partire i progetti approvati. Lo Stato sarebbe stato garante presso la Cassa Depositi e Prestiti, dilazionando la restituzione dei fondi, che veniva spalmata negli anni successivi. Questo meccanismo si è interrotto quando l’Unione Europea ha sancito che le risorse erogate in questo modo devono essere conteggiate annualmente nel calcolo del debito, che va a incidere nel rapporto tra deficit e PIL che deve mantenersi sotto il tetto del 3% del Patto di Stabilità. Si sono quindi accumulati centinaia di progetti approvati per un importo pari al miliardo di euro e che sarebbero cantierabili immediatamente, se le risorse stanziate fossero rese disponibili.
Ma l’oscar del paradosso se lo aggiudicano a pari merito il progetto dell’idrovia Padova-Venezia, avviato nel 1963, e l’abbattimento dell’albergo sulla scogliera di Alimuri, a Vico Equense, la cui procedura di abbattimento è partita anch’essa nel 1963 con la dichiarazione di difformità del manufatto rispetto all’autorizzazione concessa. Mentre il premio per la follia più contraddittoria spetta a due progetti siciliani, due impianti di compostaggio a Ragusa e Vittoria bloccati l’uno dalla mancanza di personale per farlo funzionare e l’altro dalla mancanza della cabina elettrica, e siamo in una Regione martoriata dalla disoccupazione e che ha ancora la quota di raccolta differenziata più bassa d’Italia, inferiore al 15%.
Tornando all'Abruzzo, Legambiente individua come necessaria e importante la realizzazione della pista ciclopedonale che corre per 131 chilometri fra Martinsicuro e San Salvo, toccando ben 19 comuni della costa abruzzese, la pista più lunga d'Italia. Il progetto, denominato Bike To Coast, sarà finanziato dal programma dell’Unione Europea POR FESR 2010-2013, per un valore complessivo di 32,8 milioni di euro e includerà anche la realizzazione della copertura Wi-Fi free di tutta la costa abruzzese, dando la possibilità a turisti e residenti di accedere gratuitamente a Internet con portatili e telefonini. I lavori sarebbero già dovuti iniziare da tempo a partire dalla tratta in provincia di Chieti, ben 40km che attraversano la porzione di costa di maggiore interesse paesaggistico. Ma la frammentazione degli interventi, la sovrapposizione delle competenze e la mancanza di un coordinamento fra Comuni, Province e Regione hanno creato di fatto la situazione di stallo.
In Abruzzo, come in Italia, questa ricerca conferma la presenza di alcuni ostacoli da eliminare, a partire dalla questione del patto di stabilità interno, ma vanno eliminati anche i problemi come lo spostamento di risorse da un progetto all’altro o di risorse finanziarie perse o a rischio, soprattutto quelle di origine europea. Ci sono poi le inadempienze della pubblica amministrazione che celano molteplici tipologie di blocco. Spesso è l’inerzia dei comuni che dovrebbero progettare, coordinarsi, impegnare i fondi. Non mancano i casi in cui le opere sono bloccate dalla mancanza delle autorizzazioni ministeriali e c'è poi la guerra delle competenze e il gioco dei rimpalli. Infine c’è il grande blocco provocato da contenziosi tra ditte e pubblica amministrazione, dove a farne le spese sono i cittadini o l’ambiente e opere bloccate dall’intervento della magistratura, o dalle Soprintendenze.
“Da questo racconto - sottolinea Francesca Aloisio di Legambiente Abruzzo - emerge, quindi, una giungla di veti incrociati, di inadempienze, rimpalli e contenziosi, di pessima progettazione, che mette la questione delle risorse all’ultimo posto della graduatoria degli impedimenti. Non servono leggi 'liberatutti', serve soprattutto un disegno lungimirante e innovativo capace di costruire intorno al risparmio di materia e energia, intorno alla rigenerazione urbana, alla riduzione della dipendenza dal fossile un new deal italiano capace di rilanciare il paese nella competizione internazionale e far recuperare il tempo perduto sul piano della ricerca, dell’innovazione, delle politiche industriali che producano lavoro qualificato. Perché Sblocca Italia diventi davvero #sbloccafuturo occorre che gli interventi normativi, le semplificazioni, gli standard di prestazione rispondano ad un chiaro disegno di trasformazione del paese nella direzione dello sviluppo di un’economia circolare e low carbon”.
“Se vogliamo un Paese sicuro, dinamico, moderno, le opere da sbloccare devono essere coerenti con questa idea di Paese, non basta fare ‘tana libera tutti’ contro i lacci che imbriglierebbero il sistema. Perché alcuni di quei lacci hanno salvato l’Italia da ulteriori e più gravi disastri – conclude Aloisio - si deve semplificare ma serve un sistema di controlli efficace, consolidato e di pari prestazioni su tutto il territorio. Bisogna assumersi la responsabilità di selezionare e scegliere quali siano i vincoli necessari e le semplificazioni utili a rilanciare il Paese, a fermarne il declino, a ricostruire un’Italia capace di futuro”.
Con la presentazione delle prime 101 opere #sbloccafuturo, Legambiente propone, quindi, una riflessione e apre un tavolo di lavoro: “Chiediamo ai sindaci di aiutarci a individuare tutti gli ostacoli che in Italia bloccano le opere utili per i cittadini e il territorio, per proseguire insieme nella segnalazione al Governo Renzi di cosa davvero serve al Paese e apre nuove e significative prospettive di sviluppo”.
Il dossier integrale è scaricabile all’indirizzo http://www.legambiente.it/sblocca-futuro