Mettere in relazione dati ed esperienze, identificare le buone e le cattive pratiche per evitare che anche nelle prossime catastrofi ogni volta sia sempre la prima volta.
Dal terremoto dell’Aquila nel 2009, passando per l’Emilia nel 2012 e per il Centro Italia nel 2016-17, “Territori Aperti” ha l’obiettivo di creare conoscenza viva e attiva. Attraverso i big data, ma anche la formazione, con il Master in management tecnico-amministrativo post catastrofe negli enti locali, giunto alla seconda edizione, e il toolkit, ovvero una “cassetta per gli attrezzi” per affrontare le prossime emergenze e le ricostruzioni.
Il progetto nasce da un’idea condivisa tra il Comune dell’Aquila e l’Università degli studi dell’Aquila, attivata grazie a un finanziamento del “Fondo Territori Lavoro e Conoscenza”, costituito con una sottoscrizione tra i lavoratori iscritti alle tre sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil.
Mettere in rete la conoscenza. “Il progetto è il proseguimento di un percorso iniziato dai sindacati dopo il terremoto del 2009, con il Comitato Abruzzo. Insieme anche a Confindustria con la sottoscrizione dei lavoratori erano stati raccolti diversi milioni di euro per finanziare aziende e progetti e rilanciare l’economia. Poi Cgil, Cisl, Uil hanno proseguito compartecipando allo studio coordinato dall’Ocse insieme ad alcune università da tutto il mondo. Lo studio aveva indicato la via maestra nella ricerca. Dunque, puntare sull’Aquila come città della conoscenza”, spiega Umberto Trasatti, del comitato di indirizzo di “Territori Aperti” per la Cgil.
“Vogliamo che l’esperienza dell’Aquila diventi patrimonio di tutti, con la piattaforma in grado di mettere insieme i dati, oltre quello che è accaduto nel territorio abruzzese, ma guardando alle emergenze e alle risposte possibili a livello internazionale”, aggiunge Paolo Sangermano della Cisl. “Territori Aperti significa investire su un progetto che guarda alla ricostruzione non solo fisica, ma che possa fornire strumenti utili per rilanciare i territori e che possa agire anche sulla prevenzione”, sottolinea Fabrizio Truono della Uil.
Creare conoscenza viva e attiva. “Dopo il terremoto del 2009 come Università ma anche insieme ad altri gruppi di ricerca abbiamo sentito l’esigenza di ricordare l’esperienza dell’emergenza e della ricostruzione. I dati erano tanti, con predominanza di quelli scientifici. Analizzare per poter ricordare in modo vivo e attivo”, le parole di Paola Inverardi, docente di informatica, Rettrice dal 2013 al 2019 e presidente del comitato d’indirizzo di “Territori Aperti”. Che aggiunge: “I terremoti 2016/2017 ci hanno ricordato, come pure quello dell’Emilia Romagna del 2012, che l’Italia è un paese estremamente fragile. Sarebbe necessario avere norme che intervengano in maniera unitaria per dare certezze e c’è la necessità di ricostruire le politiche per il futuro. “Territori Aperti” è un’infrastruttura informatica che cresce, ricorda, elabora il sapere: oggi la scienza dei dati ci dice che questo è possibile”.
La conoscenza e la ricerca al servizio delle comunità. “Il progetto “Territori Aperti” è nato per rispondere alle esigenze poste dal sisma dell’Aquila per creare uno strumento utile per i territori esposti a rischio di calamità naturali, in ottica di ricostruzione fisica, economica e sociale. Il cuore del progetto sono i dati, essenziali per conoscere i processi e poi calibrare le politiche e permettere una loro valutazione da parte di cittadine e cittadini. I dati permettono di far dialogare le comunità per imparare dagli errori e dai successi degli altri.
La rielaborazione dei dati apre la strada a un processo di valutazione pubblica, coinvolgendo anche comunità, organizzazioni sociali, decisori politici dando così un importante contributo al progresso sociale”, dice Lelio Iapadre, Prorettore con delega allo Sviluppo sostenibile dell’Università degli Studi dell’Aquila e coordinatore del progetto “Territori Aperti”.
I nuovi manager delle catastrofi e il toolkit per evitare gli errori e promuovere la cultura della prevenzione. Secondo il recente progetto di ricerca Titan, realizzato dal programma europeo Espon, dal 1995 al 2017, alluvioni, tempeste, siccità e terremoti hanno causato in Europa quasi 77 miliardi di euro di danni, di cui 43,5 miliardi direttamente collegabili ai disastri naturali e 33,4 miliardi derivanti dai legami economici con le aree colpite da calamità naturali. Lavorerà anche in ottica di prevenzione il master in management tecnico-amministrativo post catastrofe negli enti locali, giunto alla seconda edizione.
Spiega il prof. Donato di Ludovico, coordinatore del master dell’Università dell’Aquila: “L’anno scorso abbiamo ricevuto 137 domande e ne sono state accolte 40. La formazione riguarda la gestione degli uffici che si formano nel momento in cui avviene il disastro, ma si parla anche di prevenzione e di pianificazione. In ottica multidisciplinare è aperto non solo ai tecnici, ma anche ai laureati in lettere, ad esempio per sviluppare diverse competenze. Accanto alle lezioni è previsto un tirocinio e sono stati toccati diversi volti dell’emergenza: ovviamente il sisma, ma anche alluvioni, frane, incendi e anche l’emergenza sanitaria da Coronavirus”.
Dai tirocini sono state elaborate le schede che confluiranno in un “toolkit”, una cassetta per gli attrezzi. Insomma un manuale che possa essere una bussola per enti e amministratori per affrontare le emergenze che verranno, ma anche il post e la ricostruzione. “Siamo alla prima stesura: al momento abbiamo 200 schede di buone e cattive pratiche e alla fine saranno 500 aggiungendo l’analisi delle esperienze dei progetti finanziati da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria nel Comitato Centro Italia del sisma del 2016. Sarà una guida per non incappare negli errori, per far tesoro delle esperienze vincenti, anche dal punto di vista di comunità e associazioni. Per evitare che ogni volta sia sempre la prima volta”.