Il 31 luglio 2014, il Tribunale di Milano ha pronunciato un evidente sì al risarcimento del danno da fumo, condannando la British American Tobacco s.p.a. a risarcire il danno da fumo agli eredi di un fumatore, morto di cancro ai polmoni alla prematura età di 54 anni.
Il Giudice lombardo ha riconosciuto il nesso causale tra il consumo del tabacco e l'evento lesivo morte ed ha precisato che la conoscenza dei rischi del fumo ( in capo al fumatore) non esonera da responsabilità le ditte di sigarette, in quanto esercenti attività pericolosa ex art. 2050 c.c.
La BAT s.p.a. è stata condannata al pagamento dei danni derivanti da responsabilità extracontrattuale per un ammontare di euro 800.000,00.
La vicenda riguardava il decesso di un uomo avvenuto nel 2004, a seguito di tumore polmonare, conseguenza di un costante consumo di sigarette (a partire dall'anno 1965). A seguito dell'evento morte, gli eredi chiedevano il risarcimento danni all'Ente Tabacchi Italiani, e successivamente al British American Tobacco, subentrato al primo in tutti rapporti attivi e passivi.
Il Tribunale, riconoscendo tale attività quale pericolosa, ha ritenuto che gli attori dovevano provare soltanto il nesso causale tra il consumo di sigarette e l'evento lesivo, e ciò si poteva provare anche tramite consulenza tecnica di ufficio da espletarsi nel corso del giudizio. Il produttore di sigarette, invece, ai sensi dell'art. 2050 c.c., doveva dimostrare di aver messo in atto tutte le cautele necessarie per evitare il danno e quindi di aver fornito adeguate informazioni sulla nocività del fumo, anche attraverso messaggi illustrati sui pacchetti di sigarette.
Secondo il Tribunale di Milano, soltanto nel 1991 (anno in cui divenne obbligatoria l'informativa sui pacchetti di sigarette) si è avuta contezza dei rischi di nocività e di letalità del fumo ed inoltre la stessa CTU ritenne sussistente il nesso di causalità tra il consumo di sigarette del de cuius e l'evento morte.
I Giudici di Milano hanno condannato la BAT s.p.a., proprio sulla base del fatto che i 26-27 anni in cui l'uomo aveva fumato sigarette (cioè sino all'entrata in vigore della legge del '91) erano più rilevanti dei successivi 13-14 anni.
A tal fine, il Tribunale ha risarcito ai prossimi congiunti il danno da perdita parentale ed il danno da invalidità derivata al defunto.
Tale sentenza ha chiarito, forse definitivamente, in quali termini è possibile il risarcimento del danno da fumo, ma la giurisprudenza non è mai stata così pacifica.
Infatti nel 2000, il Tribunale di Roma rigettò la domanda degli eredi di un fumatore poiché “l'attività di produzione di sigarette non è attività pericolosa, ma la potenzialità dannosa deriva dall'uso reiterato da parte del consumatore”, ed ancora nel 2004, il Tribunale di Napoli rigettò la citazione degli attori in quanto “si deve escludere che la vendita di sigarette costituisca attività pericolosa, perché il rischio è connesso al non corretto uso che ne fa il consumatore”.
Nel 2007, però, la Cassazione statuì che "è risarcibile il danno da fumo, laddove la vittima sia morta a causa della neoplasia polmonare ed ai fini risarcitori si dovrà tener presente di tutti i danni eziologicamente collegati", cioè la Suprema Corte ritiene che una volta riconosciuto il nesso causale tra il consumo di sigarette e l'evento morte, i produttori di tabacco sono responsabili, in quanto esercitano un'attività pericolosa, perché non hanno adeguatamente informato i consumatori dei rischi ad esso connessi.
Tale principio è poi stato ribadito da un'altra sentenza della Cassazione del 2009. Una parte della dottrina, invece, contesta l'ammissibilità del risarcimento sulla base del fatto che i consumatori sono stati sempre ben consapevoli dei rischi del fumo e soprattutto perché ai sensi dell'art. 1227 c.c. 2° comma, “ il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza”.
Ad ogni modo, seppure il dibattito dottrinale arriva a conclusioni opposte, la giurisprudenza più recente (e non ultima quella del Tribunale di Milano del 2014) ha ritenuto che il comportamento delle ditte di tabacco è stato sempre ingannevole , colpevole e doloso.
Non bisogna meravigliarsi dinanzi ai principi enunciati sia dai Tribunali di merito che dalla Cassazione, poiché basti pensare che negli Stati Uniti il danno da fumo era stato già risarcito a partire dagli anni novanta.