Venerdì, 10 Ottobre 2014 18:39

#Grandirischi la prof porta la classe in aula: "Lezione di storia ed educazione civica"

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Dall'aula scolastica a quella di un tribunale per toccare con mano la storia, il diritto e la (dura) realtà in generale. Così presente tra il pubblico che ha assistito al processo di appello della commissione grandi rischi, all'Aquila, c'era anche la 3°F del Liceo di Scienze Umane.

A portare in aula i ragazzi, tutti sui sedici anni di età, la professoressa Anna Lucia Bonanni: "Già ad inizio anno avevo preventivato uscite didattiche sulla storia della città e il processo di oggi a suo modo rientra nella storia dell'Aquila, ma non è solo questo. Quella di oggi - continua la prof - è stata una lezione di educazione civica e per una cittadinanza consapevole. Gli alunni devono sapere esattamente ciò che è successo e che ha sconvolto le loro vite più di quanto essi stessi si possano rendere conto. Il tutto mentre stanno continuando a crescere in una situazione ancora di difficile normalità".

La giornata rimarrà sicuramente impressa nella mente dei ragazzi: "Il modello didattico di Don Milani non è riproducibile ma si possono prendere molte cose del suo metodo come far conoscere gli elementi contenutistici delle materie anche attraverso il viverli direttamente. Se la scuola non da messaggi di consapevolezza e senso critico lascia poco. Le nozioni si possono dimenticare questo tipo di cose no".

Le materie di studio della classe sono proprio quelle del Diritto e delle Scienze Umane come l'antropologia e la sociologia: "Portarli qui ha una chiara valenza didattica. L' antropologia che loro studiano per esempio è entrata prepotentemente, quanto insolitamente, come parte integrante del processo tra le carte dell'accusa con la relazione del professore dell'Università dell'Aquila Antonello Ciccozzi".

Ma il significato non è solo didattico per la professoressa Bonanni: "Nella presenza c'è anche un elemento di solidarietà ai parenti delle vittime che non è giusto siano lasciati soli con il loro dolore ad affrontare il tentativo della difesa di ribaltare la verità che è venuta fuori dal primo grado".

Ma i ragazzi sono riusciti effettivamente a capire il processo? "Certo per loro è difficile seguire tutti i passaggi ma erano già preparati perché nel momento della sentenza di primo grado avevamo fatto lezione a riguardo, perché ci occupiamo sempre di attualità. Poi negli intervalli del processo abbiamo avuto dei momenti in cui mi hanno fatto molte domande di chiarimento. Alal fine mi hanno chiesto loro stessi di tornare se non altro per l'udienza in cui ci sarà la sentenza di secondo grado".

"Sono comunque rimasta colpita - continua la professoressa - dal fatto che pur non conoscendo le norme, intuitivamente i ragazzi afferrano comunque i passaggi fondamentali che hanno portato alla sentenza di primo grado come la differenza tra il concetto di previsione e prevenzione su cui alcuni media hanno giocato per confondere le acque sulla condanna di primo grado".

"Qualcuno dei ragazzi - conclude Bonanni - si stupisce che a cinque anni dai fatti si sta discutendo ancora la colpevolezza degli imputati che ai loro occhi appare lampante in quanto mi hanno detto che anche nel loro caso sono stati tenuti nei loro letti dai genitori la notte del 6 aprile del 2009. In tal senso una ragazza mi ha detto: 'mia madre si sente ancora in colpa per avermi tenuto a dormire dentro casa quella notte, anche se poi, a noi, non ci è successo niente'

 

Ultima modifica il Giovedì, 30 Ottobre 2014 16:55

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