Si è svolta ieri - venerdì 30 gennaio - di fronte ad un auditorium 'Sericchi' gremito, la conferenza "Ritrovamenti archeologici nell'area di Porta Barete all'Aquila" presentata dalle Associazioni Archeoclub L'Aquila, Compagnia Rosso d'Aquila, Italia Nostra, Jemo 'nnanzi, Legambiente Beni culturali e Panta Rei.
Dopo un'introduzione tecnica dell'architetto Gianfranco D'Alò, tre giovani ed appassionati archeologi, Roberta Leuzzi, Piero Gilento e Claudia Micari, hanno meticolosamente ricostruito tutte le fasi degli scavi e delle scoperte fatte sinora nel cantiere archeologico di Porta Barete, da un anno a questa parte, mostrando ad una platea appassionata dati e documenti.
Sull'area infatti dopo la demolizione della palazzina del civico 207 di Via Roma, la stessa ditta incaricata della ricostruzione, dopo l'abbattimento, ha eseguito gli scavi a stretto contatto con gli archeologi.
Tra gli elementi più importanti ritrovati il Leone, la targa ottocentesca della porta e il probabile piano di calpestio, oltre che a frammenti di maiolica del sedicesimo secolo (probabilmente delle ciotole).
Eppure tra rimpalli di responsabilità ed accertamenti vari non si è ancora sciolto il nodo legato alla ricostruzione del civico 207 di Via Roma che ha già ottenuto il contributo economico per essere ricostruito, ma la cui ricostruzione è di fatto bloccata dal cantiere archeologico, in attesa che si prendano decisioni politiche a riguardo. Il punto sarà, probabilmente, stabilire l'effettiva rilevanza storico-culturale dei ritrovamenti.
Intanto, a termine dell'incontro Rosanna Tuteri, archeologa della Soprintendenza Beni Archeologici d'Abruzzo e responsabile nel cantiere di Porta Barete, si è pronunciata anche sui lavori - in procinto di iniziare - relativi ai sottoservizi del centro storico:
"Immaginate - ha affermato l'archeologa - che cos'è uno scavo fatto con le ruspe per tutta la città. A L'Aquila si pretendeva di sventrare con un tunnel tutto il centro storico senza che un archeologo guardasse quello che c'era. Abbiamo fatto fatica a farlo capire ma dopo una contrattazione da sfinimento siamo riusciti a fare in modo che ci saranno due archeologi durante i lavori. Cercheremo di salvare così brandelli di memoria ".
Si chiama archeologia preventiva in ambito urbano, ovvero "la ricerca archeologica obbligatoria per le strutture pubbliche da effettuare per poter valutare la presenza di siti archeologici e/o il rischio che le nuove costruzioni hanno di intercettare resti antichi". All'Aquila - città sventrata da un sisma - un'opportunità unica per gli archeologi, meno per chi vorrebbe rivivere il centro storico in tempi brevi. Se non bilanciato con una certa ratio pragmatica (in fondo non c'è da costruire ex novo ma da ricostruire ciò che già c'era), un approccio ortodosso all'archeologia potrebbe rallentare - e non di poco - la ricostruzione creando civici 207 ovunque.
Per riscoprire la storia si potrebbe insomma correre il rischio di tenere per troppo tempo ancora in stand by il ritorno ad una vita normale del centro storico.
In molti, forse, si accontenterebbero di riscoprire la bellezze dell'Aquila tornando indietro "solo" al 5 aprile 2009.
Per una città - si spera - che guardi sempre al futuro.