Martedì, 03 Febbraio 2015 19:20

L'Aquila e la ricostruzione. L'archeologo Gilento: "Il nostro è un approccio etico"

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Siamo lieti di pubblicare un articolo dell'archeologo Piero Gilento, collaboratore esterno della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, che risponde all'articolo di NewsTown Conferenza su Porta Barete, Tuteri: "Un archeologo negli scavi per i sottoservizi".

Siamo profondamente convinti infatti che solo stimolando la dialettica ed il confronto tra opinioni differenti si possa far aumentare di qualità l'importante dibattito generatosi a L'Aquila a partire dalle vicende di 'Porta Barete'.

ARCHEOLOGIA A L'AQUILA E NEL SUO TERRITORIO: UNA RISORSA!
di Piero Gilento

La conferenza tenutasi lo scorso venerdì 30 gennaio a cui si riferisce l'articolo aveva tre obiettivi: 1) presentare i risultati scientifici di una ricerca archeologica in ambito urbano; 2) sottolineare il concetto che l'area di Porta Barete non è la sola a L'Aquila e nel suo territorio ad essere stata interessata da indagini archeologiche; 3) ribadire la necessità di una programmazione nella ricostruzione in cui l'archeologia sia presente dalle fasi progettuali iniziali e non a cantieri già avviati.

Purtroppo quest'ultimo punto non sembra sia stato compreso, tanto da ritenere l'archeologia la causa dei ritardi nella ricostruzione del centro storico di L'Aquila. La possibilità, e direi meglio la necessità, di fare archeologia a L'Aquila è stata stravolta, diventando "un'opportunità unica per gli archeologi, meno per chi vorrebbe rivivere il centro storico in tempi brevi" (cito l'articolo).

Il cantiere di Porta Barete può essere invece preso come un esempio in cui la ricerca archeologica attuale possa, in tempi molto rapidi, dare risultati, seppur ancora parziali, ma comunque di notevole importanza per la storia della città. Carte alla mano, lo scavo archeologico è stato realizzato da una equipe di tre archeologici in un'area molto ampia in soli 26 giorni lavorativi e in condizioni climatiche avverse: i risultati di quel lavoro sono stati resi pubblici venerdì sera davanti un pubblico numeroso e interessato.

La difficile situazione di Porta Barete e del centro storico di L'Aquila non dipendono certo dalle analisi archeologiche ma da un contesto burocratico, giuridico e, soprattutto, di programmazione che non ho però le competenze tecniche per affrontare e giudicare.

Tornando ad un discorso più generale, l'Archeologia Preventiva è nata proprio come uno strumento per prevenire situazioni che potrebbero, da una parte minacciare importanti depositi archeologici e, dall'altra, bloccare lavori pubblici anche di notevole entità. Durante la conferenza di venerdì scorso, per descrivere le attività svolte a Porta Barete, non a caso si è parlato di Archeologia d'Emergenza, ossia di una situazione in cui l'archeologo deve intervenire a cantiere già avviato in un contesto in cui diventa molto più complesso e difficoltoso gestire le attività di ricerca. L'Archeologia Preventiva invece, attraverso un attento lavoro sul campo seguito da verifiche in archivi e analisi in laboratorio, raccoglie dati e li elabora per fare delle proposte concrete in fase progettuale.

Quello che noi archeologi stiamo cercando di applicare nella difficile situazione post-terremoto a L'Aquila e nei cantieri in cui siamo impegnati, è un approccio etico e non "ortodosso" all'archeologia. Ebbene sì, anche gli archeologi hanno un'etica! Da archeologi e cittadini aquilani siamo assolutamente consapevoli dei disagi che comporta non avere più una casa e, proprio per questo motivo, cerchiamo, nel più breve tempo possibile, di fare il nostro lavoro per non causare inutili perdite di tempo e dispendio di soldi pubblici.

Al contempo però siamo dei professionisti con dei compiti ben precisi da svolgere: individuare i segni materiali del passato, registrarli per poi interpretarli e diffonderli. La ricerca archeologica, come tutte le forme di ricerca, genera nuovo sapere e quindi cultura e ricchezza, non solo intellettuale ma anche materiale.

Non si tratta in modo banale di "riscoprire" la storia attraverso incerte rievocazioni medievali basate su fuorvianti richiami ad un'identità comune. Si tratta di "fare storia" con dati scientifici attraverso la lettura dei segni lasciati nel sottosuolo ma anche sulle strutture in elevato della città e nel paesaggio più in generale.

Per questa ragione siamo assolutamente convinti, anche se ormai a sei anni dal sisma, che inserire in modo programmatico L'Archeologia nei futuri interventi di ricostruzione a L'Aquila e nei centri minori, sia una risorsa e non una perdita di tempo. Risorsa, perché attraverso l'indagine archeologica si producono risultati che danno valore aggiunto e di alta qualità scientifica al Patrimonio Culturale presente in città e nel suo territorio. Dall'altra parte la metodologia archeologica si è così affinata negli ultimi anni che, grazie anche alle nuove tecnologie, riesce a registrare dati e lavorare in tempi molto rapidi senza perdere il suo grado di scientificità.

Vorrei solo ricordare che le Linee di indirizzo strategico del Piano di Ricostruzione dei centri storici di L'Aquila e Frazioni (Comune di L'Aquila, 2011) a pagina 39 riportano come prima linea di lavoro della ricostruzione: "far tornare il centro storico il cuore della vita sociale della citta", anche "attraverso la valorizzazione del patrimonio storico-artistico". In quest'ottica, quale migliore risorsa potrebbe essere fare una ricerca archeologica programmata? Ricordiamo però che la valorizzazione passa tramite un attento, complesso e necessario processo di tutela, che richiede comunque i suoi naturali tempi di svolgimento.

Per evitare "nuove Porta Barete" si dovrà fare ancora più Archeologia a L'Aquila e nel suo territorio, non meno. Se ciò non accadrà avremo una città rinnovata fuori e completamente vuota dentro!

 

Ultima modifica il Martedì, 03 Febbraio 2015 21:04

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