Inizieranno domani gli esami di maturità 2013, con la prima prova di italiano. Tra le categorie di studenti spiccano i soliti due grandi gruppi: gli studiosi - che stanno trascorrendo pomeriggi interi sui libri, con la schiena curva ed il ventilatore in faccia - e quelli già in vacanza, che se la spassano in nome del “se mi hanno ammesso, ormai è andata!”.
Qualcuno, tra i più sfortunati, è in bilico tra la percezione del dovere morale di studiare e la convinzione che sia, infondo, già tutto deciso. Si stenta, infatti, a riconoscere un reale valore agli esami di maturità. Gli stessi esami che tennero i nostri genitori angosciati per giorni e notti intere, sembrano non fare più tanta paura. E' un controsenso, del resto, educare i giovani all'inutilità del voto, presentato come “necessità burocratica” e poi, alla fine, giudicarlo con un numero, identico a tutti quelli assegnatigli in tanti anni, uguale a quegli 8 immeritati e a quei 5 sudati. Nel tentativo di fare un bilancio, domandandosi quanto, di questi anni, resterà dentro ognuno di noi, ci si ritrova con una calcolatrice in mano a sommare crediti, punti bonus, ipotesi di valutazione delle prove. Forse per non far trasparire un'eventuale delusione davanti a quel 65 o a quel 98, forse perché nulla ci rimarrà più di quel numero.
E allora se mi chiedessero “hai paura degli esami?” risponderei che non mi fanno paura le prese in giro, al limite mi lasciano un aspro sorriso.
La sfortuna di aver vissuto la scuola nel pieno dei tagli, degli squarci al suo sistema me ne lasciano un'idea triste. Una scuola manipolata, che svuota le menti e demotiva i professori, prima ancora che gli alunni. Una scuola che non lascia liberi, che non educa alla vita e mette sulla strada perfetti italiani: pronti a “fregare” quando si può, pronti a lucidare le scarpe, pronti a lasciarsi plasmare in silenzio.
E così quest'ansia perduta, forse è sinonimo di una scuola che ha perso credibilità sull'onda dello stesso sistema politico che dovrebbe rimetterla in piedi.
Dunque a poche ore dall'inizio del presunto incubo, mi suona in mente "L'avvelenata" di Guccini, un'avvelenata che in anni di liceo mi hanno sempre consigliato di non citare nei temi, “non sia mai l'insegnante è di destra”.
“Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere” scrive Pietro Calamandrei. I sudditi della mia generazione dovranno avere la forza, l'intelligenza ed il coraggio di liberarsi con le proprie forze; la speranza è che alla scuola di domani venga dedicata ad una riforma concreta, studiata con rigore da persone competenti e che abbiano a cuore il destino dei giovani italiani.
Letizia Ciuffini