Sabato, 13 Giugno 2015 07:58

Vermicino: Ford Prefect ricorda Alfredino, la seconda puntata

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Seconda puntata del racconto di Ford Prefect sull'incidente di Vermicino: la tragica vicenda che coinvolse un bambino, Alfredo Rampi, caduto in un pozzo artesiano, il 10 giugno 1981. Le ultime ore di Alfredino furono trasmesse dalla Rai, a reti unificate, per 18 ore no-stop: mai in Italia si era assistito ad una simile spettacolarizzazione mediatica. [Leggi la prima puntata]

C'è sempre un momento, in situazioni così, in cui arriva un Capo che dice a tutti: "Va bene, grazie, ora ci penso io". Che giri in doppiopetto, in maglione blu o con qualche divisa addosso, l'arrivo di questo personaggio mette la parola fine agli sforzi degli improvvisati soccorritori della prima ora e fa entrare in gioco i professionisti del disastro. O, almeno, questo vorrebbe il copione perfetto. 

Spesso e volentieri, quando il Capo arriva l'unica cosa sicura è che stanno per accendersi le telecamere.

11 Giugno 1981 - ore 06:00

Elveno Pastorelli arriva di buon'ora a Vermicino e prende il controllo delle operazioni. E' il capo dei Vigili del Fuoco della Capitale e, di lì a poco, costruirà su queste ore concitate la sua fortuna professionale e politica, pur sbagliando praticamente tutto. Decide immediatamente di sospendere i tentativi di entrare nel pozzo con i soccorritori e fa accelerare le operazioni di montaggio della trivella. Ma la geologa Laura Bortolani, presente sul posto, gli fa presente che il terreno sottostante è attraversato da uno strato particolarmente duro, definito "cappellaccio", che renderebbe difficilissime le operazioni di scavo. Pastorelli non sente ragioni e prosegue per la sua strada.

Del resto in queste situazioni il dissenso tra l'autorità che decide e il bastian contrario di turno che porta avanti le ragioni del buon senso è un topos che ricorre con regolarità inquietante, dallo scontro tra la Sade e Tina Merlin per la diga del Vajont a quello tra Bertolaso e i comitati dopo il terremoto dell'Aquila. Una riproposizione ciclica della lotta tra Davide e Golia nella quale, regolarmente, a Davide resta solo l'amara soddisfazione di poter dire "l'avevo detto", mentre Golia quasi sempre ne esce con le mani pulite.

La piccola fila di aspiranti salvatori viene quindi congedata bruscamente, e tutti gli occhi si volgono alle operazioni con la trivella. Alle otto e trenta il mostro meccanico comincia a divorare il sottosuolo, inizialmente ad un buon ritmo. Alfredino, nel pozzo, è spaventato dal rumore, il suo pianto arriva in superficie attraverso il microfono straziando la madre e tutti i presenti. Ma almeno il salvataggio sembra più probabile ora che la trivella scende velocemente nel terreno.

Ma due ore dopo il fondo dello scavo, che fino ad allora si era dimostrato cedevole, diventa improvvisamente durissimo: è il "cappellaccio" di cui parlava la Bortolani. La trivella rallenta, quasi fino a fermarsi. Anche stavolta Davide aveva ragione.

Il tricolore sventola sul palazzo del Quirinale. Il presidente Pertini come ogni mattina è rientrato dalla sua abitazione privata, che per tutto il mandato non abbandonerà mai.

Le prime notizie della giornata riprendono i lanci della notte, e la vicenda di Vermicino comincia a riecheggiare tra le cronache. Affacciato ad una delle finestre che danno sulla piazza sottostante, il Segretario generale alla Presidenza della Repubblica, Antonio Maccanico medita sui fatti delle ultime settimane, sulla lista Gelli e sulle implicazioni che stanno facendo tremare dalle fondamenta le istituzioni repubblicane.

La portata dello scandalo è enorme: il governo Forlani è falcidiato, con ben sette membri coinvolti. I vertici dei servizi ci sono dentro fino al collo, la crema dell'imprenditoria è coinvolta.

Qualcuno ovviamente prova a depistare, cercando di far apparire quell'organizzazione deviata come poco più che un circolo ricreativo. Ma per quanto la gente possa essere manipolabile, la pubblica opinione ha ormai un'idea piuttosto precisa dell'accaduto.
La Repubblica vacilla, tradita da alcuni dei suoi uomini di riferimento. La gente è spaesata e spaventata, quando non imbestialita.

Il presidente Pertini è uno dei pochi punti di riferimento incrollabili di un sistema appeso a un filo. Serve una ventata d'aria che sposti gli equilibri, che restituisca ai cittadini la fiducia nelle istituzioni. Serve una vittoria dello Stato, e serve subito.

11 Giugno 1981 - ore 10:30

La trivella fatica, la perforazione è molto rallentata. Pastorelli forse è tormentato dalla possibilità di aver sbagliato, o forse, come spesso accade al Capo, non lo è affatto. Di fronte all'oggettiva difficoltà dei soccorsi, il comportamento del comandante dei Vigili in quelle ore è molto strano. Innanzitutto chiede che la trivella venga sostituita da una più potente, come a ribadire che la sua scelta è giusta ma i mezzi non adeguati. E, soprattutto, si autoconvince, con un clamoroso errore di valutazione, di essere prossimo al successo nell'impresa. Stando infatti a quanto dichiarato da Piero Badaloni, giornalista Rai, Pastorelli fa trapelare la notizia che i soccorritori hanno quasi raggiunto il bambino.

A quel punto, simultaneamente, si accendono le luci dei tre Canali. I tre telegiornali, alle tredici circa, cioè proprio quando arriva sul luogo la seconda trivella, cominciano una delle più lunghe dirette in esterna della storia della televisione italiana, procedendo spesso a reti unificate per ore e ore, fino alla conclusione.

Insieme alla evidente tensione del momento, serpeggiano in quei collegamenti sotterranee vibrazioni positive, perché appunto la notizia che passa sussurrata di bocca in bocca è che tutto sta per finire bene. I tre Tg puntano le loro telecamere, tutta l'Italia è col fiato sospeso in attesa di poter esplodere in un urlo liberatorio da un momento all'altro. Ma le ore passano e non succede niente.

Una cosa così non si era vista mai in Italia. Le telecamere, sfuggite ai ristretti ambiti degli studi di via del Babuino o del teatro delle Vittorie, si staccano dai volti noti dello spettacolo e della politica e corrono per strada, raccontando questa storia di dolore e speranza di cui tutti aspettano solo la felice conclusione. Per le sterrate della contrada romana le ragazzine sfilano salutando davanti all'occhio di mamma Rai, le interviste alla gente del posto sono un impasto caldo di dolore e protagonismo, di "povero bambino" pronunciati con gli occhi lucidi che guardano in camera.

Sulle terrazze del circondario è un vieni e vai di massaie che non riescono a decidersi se assistere all'evento dal loro balcone o dallo schermo in salotto. Non sanno qual è il vero più vero tra i due, e basculano ondivaghe con gli occhi che non bastano più a contenere tutto.

Ma quando l'ora avanza e la buona notizia non arriva, quando l'attesa trepidante comincia a virare verso lo sbigottimento ansioso, quando dal fondo del pozzo arriva il pianto di Alfredino e la trivella sembra non farcela, più di qualcuno in Rai comincia a capire che quel salvataggio eroico e veloce, che doveva essere una specie di festa in diretta dello Stato salvatore, rischia di trasformarsi nella pagina più oscura della storia della televisione. Un sacrificio umano a reti unificate.

11 Giugno 1981 - ore 16:00

Diecimila persone accorrono sul campo di Vermicino. Nessuno, incredibilmente, ha pensato di transennare l'area intorno all'imboccatura, e il colpo d'occhio è surreale, con gente che preme fin sul bordo del pozzo.

Ma lì c'è "Nando er Pompiere" a presidiare: al secolo Nando Broglio, il vigile del fuoco non si muove un istante dal bordo e passa tutto il tempo a parlare con Alfredino. Lo distrae, cantano insieme. Rende quelle ore un po' più lievi al piccolo. Intanto arriva la seconda trivella, che viene montata a tempo di record e comincia a scavare, comunque con difficoltà. Alle 20 ne arriva addirittura una terza. Il tempo passa e il senso di tragedia imminente continua a montare.

L'Italia è immobile, paralizzata dall'emozione. Si prega nelle parrocchie, si sta col fiato sospeso nelle sezioni di partito. I bambini di tutto il Paese si immedesimano con il loro piccolo amico chiuso nel pozzo. Molte lacrime scorrono per la penisola, e per lunghe ore nessuno pensa ad altro.

Arriva intanto la sera, e mentre l'oscurità copre per la seconda volta il disco di cielo sul bambino nel pozzo la trivellazione si interrompe per una pausa tecnica. Alfredino intanto viene nutrito con una flebo di acqua e zucchero e si valutano le sue condizioni di salute, che per ora sembrano ancora buone.
Pastorelli non può permettersi di tenere ferma la macchina dei soccorsi, meno che mai ora che gli occhi di tutta Italia sono su di lui. Nell'attesa che lo scavo venga ripreso, alle 23 il comandante dei Vigili del Fuoco permette di nuovo ad un volontario di calarsi a testa in giù verso l'inferno. E' Isidoro Mirabella, manovale, che arriva vicino al bambino abbastanza da parlargli, ma anche lui non riesce a raggiungerlo.

Da quel giorno lo chiamarono l'Uomo Ragno per il suo fisico asciutto. Aveva cinquantadue anni, era alto un metro e mezzo, pesava cinquanta chili. Sembrava un folletto spiritato, con la barba bianca a punta. Scese nel pozzo con un seghetto per tagliare la tavoletta incastrata, ma non riuscì a raggiungerla perché il già angusto spazio era ulteriormente ingombrato dalla flebo per Alfredino e dal microfono Rai che manteneva i contatti tra il piccolo e il mondo esterno.

Vuole la leggenda che non sia stato lui a desistere, ma che dalla superficie lo abbiano fatto risalire per impedire che si incastrasse. Uscito dal pozzo riscivolerà velocemente nell'anonimato da cui era emerso per qualche ora. E' morto pochi anni fa, ottantunenne, lontano dai riflettori.

[segue, con la terza e ultima puntata...]

Ultima modifica il Sabato, 13 Giugno 2015 16:26

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