Strana città questa L'Aquila, in cui sembra che il suo vocìo alla Sant'Agnese coinvolga anche la Procura e poi da questa torni di nuovo nelle stanze della politica e di coloro che per diverse ragioni vi sono attigui.
Così, mentre come vecchie comari rimettiamo l'orecchio nelle ennesime intercettazioni telefoniche in cui si scopre che una dirigente forse frega 1000 euro e chiede di indire un bando cucito sulla propria persona (come non avviene mai), la vera notizia sarebbe l'avviso di garanzia mai arrivato al Sindaco Cialente. Tutta la città ne parla, anche lui, che può dichiararsi "innocente" prima di essere indagato.
Chissà cosa ne pensano sempre in Procura di questa (supposta) fuga di notizie e se in un certo senso la stessa possa servire (o meno) in qualche modo a depotenziare possibili, reali, azioni giudiziarie.
Sant'Agnese in fondo è anche gelatina, blob, in cui tutti - parlando e sapendo tutto di tutti - alla fine si proteggono: l'omertà di Sant'Agnese. Un gioco a somma zero, un grosso vociare di persone a cui piace tanto parlare, ma affinché non accada nulla (chissà come descriverebbe Italo Calvino una città così).
La vecchia L'Aquila in fondo è retta dal "vecchio" sistema politico fortemente basato sui legami e le clientele, diretta espressione di una dimensione di cittadina rinchiusa tra le sue mure antiche, in cui la gente - appunto - mormora.
Una cittadina che però dopo il sisma del 2009 si è trasformata in una città aberrante. Come altro da sé, tessuto non riconosciuto su di un corpo lacerato, si estendono i nuovi quartieri, asteroidi appena illuminati dalla luce fioca del primo inverno. Luogo dell'invisibilità e della morte per solitudine di una ragazza di appena 25 anni, ennesima vittima della nuova città che in pochi sanno riconoscere e, anche per questo, per molti aspetti è letale.