Infuriano le polemiche intorno alla Legge di stabilità. I sindacati sono sul piede di guerra. La Uil si è detta pronta a "proteste molto forti" contro le misure che riguardano il pubblico impiego: dal blocco dei contratti a quello del turn over, dal taglio degli straordinari alle misure sulla liquidazione. D'accordo la Cgil, che non esclude il ricorso allo sciopero generale: "Con la Cisl e la Uil abbiamo una piattaforma unitaria, nelle prossime ore vedremo come trasformare una mobilitazione in tutte le forme utili a sostenerla", ha sottolineato Susanna Camusso. "Il nostro problema - aggiunge - è che questa Legge di stabilità bisogna cambiarla e quindi nelle prossime ore decideremo tutte le cose utili a questo fine". Ancora più duro il giudizio di Giovanni Centrella, segretario generale dell'Ugl, secondo cui la legge di stabilità è "devastante" con i lavoratori pubblici che vengono "depredati di tutto" mentre ai cittadini, chiamati a pagare un'Imu "rientrata dalla finestra", viene corrisposto un taglio del cuneo fiscale pari a "un'elemosina" e ai cassaintegrati "risorse insufficienti a risollevare la loro sopravvivenza". Critiche che non hanno lasciato indifferente l'esecutivo. Il ministro della Pubblica Amministrazione, Gianpiero D'Alia, ha inteso chiarire che il Governo è disponibile a eventuali modifiche. I problemi, però, non si esauriscono sul fronte sindacale.
La spaccatura in seno al Pdl. L'atmosfera in seno al Pdl è caldissima, con il riacutizzarsi delle divisioni tra falchi e colombe. "Le critiche e le preoccupazioni da noi mosse sulla legge di stabilità, non vanno ricondotte al dibattito interno", ha spiegato il principale sfidante di Alfano, Raffaele Fitto. Ma le bordate, nei confronti della manovra, partono tutte dal fronte dei lealisti. Il coordinatore del partito, Sandro Bondi, che mercoledi aveva sparato a zero contro la manovra, ieri ha risposto alle critiche di chi giudica la sua posizione troppo estrema: "Chi, anche all'interno del mio partito, mi include fra gli estremisti è in malafede. Comunque, se questa legge non sarà modificata nella sostanza, avrei difficoltà a votarla, così come non ho votato la fiducia al governo". Anche Maria Stella Gelmini è tornata alla carica: "È una manovra deludente, nasconde un ritorno dell'Imu. Siamo pronti a votarla se non ci saranno nuove tasse sulla casa e se il taglio al cuneo fiscale sarà qualcosa di significativo". Il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, ha respinto le critiche al mittente: "Certamente si poteva fare di più e la norma potrà essere migliorata dal Parlamento. Noi siamo aperti ai contributi, ma dire che c'è un'insufficienza dal lato della domanda non mi sembra onesto".
E' spaccato anche il Pd. Fassina pronto alle dimissioni? Anche il Pd, però, è diviso sulla Legge di Stabilità: "E' così stabile, soffice ed equilibrata che praticamente è come se non fosse mai stata fatta, come se non esistesse", ha attaccato il renziano Yoram Gutgeld. Per Laura Puppato con la manovra ci sono difficoltà di coperture: "Non ci avviciniamo neanche lontanamente al principio per cui più bocche mangiano in una famiglia e più si dovrebbero limitare i costi di quella famiglia. Questo meccanismo non è ancora entrato nella logica politica del Paese". Non è finita qui. A quanto rivela l'Huffington Post, infatti, il vice ministro all'Economia Stefano Fassina sarebbe pronto a presentare le dimissioni. Un problema politico molto serio per il governo. Il numero due di Fabrizio Saccomanni non ha nascosto negli ultimi giorni la sua irritazione per essere stato estromesso dai lavori preparatori della legge di stabilità. E ha pubblicato, proprio su Huffington Post, un articolo durissimo che smonta la manovra finanziaria, pezzo per pezzo.
La clausola di salvaguardia. Tra l'altro, dall’ultima bozza emergerebbero altri particolari importanti. A cominciare dalla clausola di salvaguardia, l’ennesima, che prefigura una riduzione delle detrazioni Irpef del 19% già con la dichiarazione dei redditi del prossimo giugno, ed in prospettiva, addirittura un taglio ancor più drastico dei bonus fiscali: 3 miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10 dal 2017 in poi.
Se il testo fosse confermato, entro il prossimo 31 gennaio ci sarebbe una profonda razionalizzazione delle detrazioni Irpef del 19% - si parla di 500milioni - che riguardano le spese sanitarie e veterinarie, gli interessi sui mutui, le spese scolastiche, universitarie, le erogazioni ed i contributi liberali. Se i soldi non dovessero saltar fuori dalla “razionalizzazione” scatterebbe il taglio lineare. Meno un per cento su tutto, a partire "dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013".
Vuol dire che, se scatterà il taglio lineare, nella dichiarazione dei redditi di quest’anno che si farà a maggio prossimo, le detrazioni per tutte quelle spese scenderanno dal 19 al 18%. E con lo stesso provvedimento saranno ridotte di un altro punto, al 17%, con la dichiarazione dei redditi 2014. E dopo il 2014 verrebbe il peggio. Entro il prossimo 31 marzo, con un semplice decreto del presidente del Consiglio dei ministri, tutti gli sconti e le agevolazioni fiscali, quindi detrazioni, ma anche deduzioni, bonus ed esenzioni, potrebbero essere tagliati per assicurare un risparmio di altri 3 miliardi nel 2015, che dovranno salire a 7 l’anno dopo e a 10 miliardi nel 2016. Insomma, un aumento delle tasse di venti miliardi di euro in tre anni.
La ricostruzione dimenticata. Intanto, nessun pare interessarsi alla ricostruzione dell'Aquila. Né il centrodestra, né il centrosinistra. Nessun cenno al fatto che la Legge di stabilità non stanzia nuove risorse ma permette, semplicemente, una anticipazione dei fondi già impegnati con il decreto 43 del giugno 2013. Nonostante le promesse del Governo che, come spiegato a NewsTown dall'assessore alla ricostruzione Pietro Di Stefano, aveva al contrario promesso un impegno pari a 1miliardo e mezzo di euro. L'assessore e il sindaco Cialente, a Roma, avevano incontrato proprio Fassina. Il vice ministro all'economia, evidentemente, è stato scavalcato anche su questa decisione.
"Niente gioco delle tre carte, sulle pelle degli aquilani", ha sottolineato la senatrice Pezzopane. "Il ministro Trigilia sa bene che i 300 milioni, stanziati dalla legge di stabilità per la ricostruzione dell'Aquila e dei comuni del cratere, sono una goccia nel mare, a fronte di un fabbisogno stimato attorno ai 10 miliardi di euro in dieci anni. E che sono fondi gia assegnati col decreto emergenza e grazie al mio emendamento e alla battaglia parlamentare".
"Sappiamo bene che l'Italia è in difficoltà - ha incalzato Pezzopane - ed è per questo che sono settimane che chiedo, anche attraverso un'interrogazione parlamentare sottoscritta da una cinquantina di colleghi e rivolta ai ministri dell'Economia e dello Sviluppo economico, che il governo non abbandoni L'Aquila e la sua ricostruzione, cercando soluzioni alternative. In particolare, è necessario che l'Italia apra un negoziato con l'Unione europea perché si possa accedere al finanziamento della Cassa Depositi e Prestiti per la ricostruzione dei prossimi anni. Inoltre ci sono risorse presso il ministero della Coesione territoriale, perché non si prende una parte di quelle?".
Cialente convoca una riunione d'urgenza. Botta e risposta durissimo con Chiodi. Il sindaco Cialente, intanto, ha convocato per questo pomeriggio, alle 15, un incontro con tutti i sindaci del cratere, i parlamentari ed i capogruppo in Consiglio comunale per capire come muoversi nelle prossime settimane. La sensazione è che si vada verso una mobilitazione romana.
"Entro dicembre, potremmo arrivare sicuramente all'approvazione di progetti per altri 300milioni di euro, un miliardo e due entro il mese di marzo. Ma la Ricostruzione si fermerebbe allora, se pure il Comune dell'Aquila dovesse prendere tutti i soldi sottraendoli ai comuni fratelli del Cratere", ha sottolineato Cialente nella lettera inviata al presidente del Consiglio, Enrico Letta. "E' lo stop alla Ricostruzione! Il Suo Governo ha tagliato la corda lasciandoci precipitare, facendo molto peggio del Governo del Regno di Napoli che nel 1703 seppe ricostruire la Città, ancora più bella. Forse è facile per Lei ed i Suoi Ministri, tagliare questa corda; siamo pochi “montanari”, soli, visto che la Regione Abruzzo, a cominciare dal suo imbelle Presidente, non ha mai levato la sua voce a nostra difesa".
La risposta di Gianni Chiodi non si è fatta attendere: "I problemi del nostro capoluogo sono due: il terremoto e una classe di governo locale incapace e chiaramente screditata su ogni fronte e livello istituzionale. Non c'è autorevolezza, ma solo un movimentismo scomposto che porta, inevitabilmente, all'isolamento. Isolamento peraltro, secondo me, perseguito per garantire la sopravvivenza ad una vera e propria piccola 'casta' politica, che da oltre un decennio ha sclerotizzato e cloroformizzato il dinamismo economico e sociale della imprenditoria, delle associazioni e dei singoli cittadini. Già in tempi ordinari, questa casta non era stata in grado di favorire le grandi potenzialità della città, e oggi è la vera palla al piede della ricostruzione. Prima si comprenderà tutto ciò, prima il nostro Capoluogo riacquisirà ruolo e rango, oltre che autorevolezza nel confronto con i governi regionale e nazionale".
La spaccatura tra enti locali che, invece, dovrebbero lavorare insieme per il bene della città e dei comuni del cratere lascia davvero poche speranze per il futuro.