E' finita con l'aula consiliare quasi vuota. Intorno alle 18, dopo tre ore di sterili discussioni, sono rimasti solo il sindaco Massimo Cialente, gli assessori Di Stefano, Di Giovambattista e Leone, il presidente del Consiglio comunale Benedetti, la senatrice Pezzopane, l'ex onorevole Lolli, il sindaco di Villa Sant'Angelo Biondi, il titolare dell'Ufficio speciale per la ricostruzione dei comuni del cratere Esposito e il coordinatore dei primi cittadini Nusca, i consiglieri comunali Di Cesare, Di Nicola, Giorgi e Ferella, il vice presidente della Camera di commercio Del Re e il presidente dell'Asm Fabiani.
Non c'era nessun altro. Eppure, alle 15, erano accorsi in tantissimi per rispondere all'improvviso invito del primo cittadino dell'Aquila che aveva convocato la Giunta, i sindaci del cratere -ne sono arrivati una quindicina-, i capigruppo in Consiglio comunale -c'erano quasi tutti i consiglieri, in realtà-, i Parlamentari eletti nella Circoscrizione Abruzzo -su 21, c'era solo Pezzopane e c'è da chiedersi dove fosse la Blundo-, per discutere delle azioni da mettere in campo per ottenere fondi certi per la ricostruzione: “Una cosa deve esser ben chiara - ha sottolineato il sindaco – non ci è stato dato nulla rispetto a quanto ottenemmo con la vicenda legata alla restituzione della fascia tricolore ed alle bandiere ammainate. Il miliardo e 200mln ci è stato semplicemente anticipato quando noi l’avevamo già trovato, con l’accordo e l’aiuto del Governo! Oggi, conoscendo il loro modo di agire, credo che abbiano detto: 'adesso non diamo nulla perché per L’Aquila ci saranno approssimativamente 200 milioni in più per i prossimi due anni; gli aquilani torneranno ad agitarsi e noi, in sede di passaggio parlamentare daremo loro 200 milioni per il 2014 e 200 milioni per il 2015, riuscendo così ad azzittirli!'".
"Beh, non è proprio così!", ha incalzato il primo cittadino. "Siamo noi a dire qual é la cifra minima che ci serve per continuare il processo di ricostruzione, altrimenti ci bloccheremo. Decidiamo, dunque, quanti soldi intendiamo chiedere con forza e come vogliamo fare pressione sul Governo perché ci ascolti".
In realtà, dopo una discussione caratterizzata da scambi d'accusa ascoltati troppo spesso in Consiglio comunale e che hanno, di fatto, escluso i sindaci del cratere, quasi tutti hanno lasciato l'assise. E risposte non sono arrivate. O meglio, le conclusioni sono state lasciate al sindaco Cialente. Segno di una realtà istituzionale oramai sfilacciata e che lascia davvero poche speranze a chi auspica un'azione incisiva e unitaria degli enti locali sull'esecutivo.
Non c'erano rappresentanti della Provincia e della Regione, se non gli assessori della giunta Del Corvo che siedono anche all'opposizione del Consiglio comunale e il vice presidente del Consiglio regionale Giorgio De Matteis che, dalle parti di Villa Gioia non si vedeva da tempo. Non sono stati invitati. Non è certo una giustificazione: dovrebbe essere la Regione, in realtà, a muoversi sui tavoli del Governo per ottenere risposte alle esigenze del cratere. L'esperienza dell'Emilia Romagna avrebbe pur dovuto insegnare qualcosa. Invece Gianni Chiodi, alla notizia che nella Legge di stabilità non c'era un euro per la ricostruzione, non ha trovato di meglio da fare che attaccare, su Facebook, il centrosinistra cittadino.
A dir la verità, era stato il sindaco Cialente ad accusare di immobilismo il presidente della Regione nella lettera inviata al premier Letta. Giusto ricordarlo, per sottolineare che nel tempo l'amministrazione ha scavato un solco di isolamento che va assolutamente colmato. Con i comuni del cratere, con la Provincia, con la Regione e, a più alti livelli, con il Governo e persino con gli uffici dell'apparato statale. Una responsabilità a cui il sindaco Cialente non può certo sfuggire. Anche perché sta creando problemi sempre più evidenti.
Il silenzio e il vuoto dell'assise consiliare stanno lì a dimostrarlo. Eppure viviamo giorni decisivi per il futuro della ricostruzione. L'ex onorevole Giovanni Lolli ha fornito i numeri, drammatici, che testimoniano come i fondi siano oramai finiti: "La delibera Cipe ha stanziato 2miliardi e 100mln, 985mln per L'Aquila e 461mln per i comuni del cratere. I soldi destinati al capoluogo sono stati interamente impegnati, gli ultimi 200mln proprio in questi giorni. Il Comune, inoltre, ha impegnato ulteriori 150mln da precedenti delibere. In più, ci sono 300mln di progetti che avevano completato le pratiche all'analisi della filiera e che giacciono sulle scrivanie del Comune dell'Aquila. E, per concludere, altri 600mln di progetti arriveranno all'approvazione dell'Ufficio speciale per la ricostruzione entro la fine dell'anno. Nel cratere, invece, sono stati impegnati 261mln e, a questi ritmi, gli ulteriori 200mln saranno stanziati entro la fine dell'anno".
A far di calcolo, insomma, alla fine del 2014 serviranno 2miliardi e 100mln per la ricostruzione privata, a L'Aquila. E altri 400-500mln per i comuni del cratere. Totale: almeno 2miliardi e mezzo. C'è poi la ricostruzione pubblica e ci sono spese insopprimibili che portano il conto finale ad oltre 3miliardi e 200mln. Ad oggi, con la Legge di stabilità, ci sarebbero soltanto 500milioni. Una miseria, briciole.
La soluzione prospettata è la solita: "E' necessario che l'Italia apra un negoziato con l'Unione europea perché si possa accedere al finanziamento della Cassa Depositi e Prestiti per la ricostruzione dei prossimi anni", ha sottolineato Stefania Pezzopane. La tesoreria dello Stato, però, pone sempre i soliti problemi: qualsiasi garanzia sul meccanismo di anticipazione incide sul rapporto deficit/pil che non deve sforare il 3%. "La battaglia -continua a ripetere il primo cittadino- bisogna combatterla a Bruxelles. Non è possibile che i fondi stanziati per le calamità naturali, tra l'altro riconosciute come tali dall'Unione Europea, incidano sul rapporto tra debito e prodotto interno lordo".
Eppure, ha spiegato il consigliere Ettore Di Cesare, "in realtà la Legge di stabilità varata dal Governo Letta tiene il rapporto entro il limite del 2,5%. Una variazione dello 0,1% equivarrebbe ad un miliardo di euro subito disponibili per il nostro territorio e l'Italia rispetterebbe ugualmente i limiti imposti da Bruxelles. Si potrebbe iniziare da lì", ha incalzato il consigliere di Appello per L'Aquila. Che poi ha invitato i rappresentanti locali delle forze politiche che sostengono il governo Letta, Partito Democratico-Popolo delle Libertà-Udc e Scelta Civica, ad autosospendersi da qualsiasi incarico e a restituire la tessera di partito. "Inoltre, i parlamentari abruzzesi dovranno prendere una posizione chiara e netta, non votando la Legge di stabilità se non si riuscirà a lavorare ad emendamenti capaci di dare risposte al territorio".
Nessuno ha replicato. Al contrario, l'amministrazione ha mostrato una qualche apertura alla proposta del consigliere Raffaele Daniele: "In questi anni, abbiamo chiesto fondi al potere esecutivo e legislativo: perché, a questo punto, non ci rivolgiamo al potere giudiziario? Penso ad una Class Action di tutti i cittadini dell'Aquila: sfidiamo lo Stato nella aule di tribunale, in nome della Costituzione che sancisce il diritto all'abitazione e di una legge dello Stato che assicura la ricostruzione. Depositiamo un decreto ingiuntivo. Ricostruire i nostri territori è un diritto o non è un diritto?".
Sarebbe, di certo, un gesto dal forte valore simbolico. Servono, però, azioni politiche finalmente incisive. Alle domande posto da Massimo Cialente, come detto, ha risposto Massimo Cialente: quanti soldi si intende chiedere e come vogliamo fare pressione sul Governo perché ascolti le richieste del territorio? “Fermo restando il miliardo e 200mln relativo alle somme necessarie al 2013 (tanto è vero che l'esecutivo stava trovando con noi meccanismi di anticipazione bancaria) chiediamo ulteriori 600 milioni all'anno, per i prossimi tre anni. Sono la somma minima, anzi inferiore al necessario, per poter assicurare il rispetto del cronoprogramma concordato con il Governo”.
Lunedì, intanto, ci sarà una nuova assemblea dei sindaci e per venerdì prossimo verrà organizzata un'assemblea pubblica, probabilmente nelle aule del Liceo Classico. “E' bene che l'esecutivo capisca che con questa legge di stabilità, a febbraio, manderemmo in vacanza almeno per un anno gli uffici speciali della ricostruzione. In soldoni, bloccheremmo tutto per mancanza di fondi. L'hanno capito persino i ragazzi delle scuole superiori, in mobilitazione questa settimana: in loro ho trovato una grande consapevolezza, maturità e decisione. Loro hanno capito che i soldi non ci sono. Fermo restando che torneremo a Roma per manifestare tutta la nostra preoccupazione, il Governo, se ci vuole davvero aiutare, deve sfidare l'Europa e dimostrare, nel semestre europeo che spetterà all'Italia, che attingendo alla cassa depositi e prestiti non si sfora il patto di stabilità se si interviene per calamità naturali”.