Lunedì, 02 Marzo 2020 18:17

Ricostruzioni: intervista al capo Dipartimento di 'Casa Italia' Fabrizio Curcio

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Fabrizio Curcio è stata capo Dipartimento della Protezione civile dal 2015 al 2017; all’epoca del terremoto dell’Aquila era a capo della sezione di Gestione delle Emergenze, fianco a fianco con Guido Bertolaso. Da ottobre scorso è capo Dipartimento di Casa Italia e coordinatore della Struttura tecnica di missione per la ricostruzione del cratere 2009.

Lo abbiamo incontrato tra una riunione e l’altra, per fare il punto sulla ricostruzione e non solo: l’intervista integrale andrà in onda questa sera, nella trasmissione Polis su laQtv.

“Casa Italia nasce come Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri su esigenze squisitamente operative”, ci spiega Curcio; “c’erano due strutture tecniche di missione, la prima istruita a valle degli eventi idrogeologici del 2014 e l’altra per affrontare l’emergenza e la ricostruzione dei territori colpiti dai terremoti che si sono susseguiti dall’agosto 2016 al gennaio 2017: l’idea è stata di portare l’esperienza di queste strutture dentro un Dipartimento. Oggi la sfida è di renderlo un vero e proprio Dipartimento delle ricostruzioni, per fare in modo che possa rappresentare un punto di coordinamento e di gestione delle diverse attività di ricostruzione sui territori”.

In questi anni si è parlato di modello L’Aquila, di modello Emilia Romagna e così via: “ebbene, siamo convinti che ci sia la possibilità di pianificare e programmare le ricostruzioni facendo tesoro delle esperienze positive maturate negli anni”, sottolinea Curcio; “per esempio, la ricostruzione privata del cratere 2009 rappresenta una pratica assolutamente virtuosa. Mettere a sistema le best practices sviluppate sui territori consentirebbe di non farci trovare impreparati dinanzi alle ricostruzioni del domani che dovessero impegnare il sistema paese”.

In sostanza, chiarisce Curcio, il rilancio di CasaItalia voluto dal Governo con la sua nomina a capo Dipartimento si basa su due pilastri fondamentali: “il coordinamento delle ricostruzioni, appunto, nella logica di tirare fuori un modello mettendo a sistema ciò che ha funzionato nelle ricostruzioni affrontate fino ad oggi e facendo lavorare insieme le professionalità oggi impegnate sui diversi territori. Penso all’Ufficio speciale dell’Aquila e all’Ufficio speciale del cratere che impiega professionisti che, da anni, si stanno occupando di ricostruzione. L’altro pilastro è la prevenzione strutturale: troppo spesso il sistema paese affronta questi temi in modo non omogeneo; dunque, va individuata una modalità per omogeneizzare i diversi processi”.

Si sta andando, insomma, verso una legge quadro, da interpretare, però, come una sorta di set di strumenti omogenei che possano essere calati sulle diverse situazioni: “è per questo che parlo, piuttosto, di un codice delle ricostruzioni”, spiega Curcio. “Ogni evento fa storia a sé: sono diversi gli scenari, le condizioni sociali ed economiche e così via; l’equità del risultato finale non si ottiene utilizzando lo stesso strumento ma ragionando sui diversi obiettivi da cogliere. Mi spiego: è chiaro che gli strumenti utili per ridare vita ai territori colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017 non possono essere gli stessi che sono stati utilizzati per affrontare il sisma in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia, territori che producono il 9% del pil nazionale. Piuttosto, il codice normativo sarebbe utile per fissare alcuni paletti, questi sì deterministici, normando questioni specifiche come la rimozione delle macerie, per fare soltanto un esempio. Altre attività, invece, vanno normate nel metodo, nel percorso, individuando gli strumenti più utili per i determinati territori in emergenza”.

Curcio non intende esprimersi sui motivi che, fino ad oggi, hanno ingessato la ricostruzione dei territori del centro Italia, “non mi piace mettermi in cattedra e sottolineare ciò che non ha funzionato”, piuttosto si dice certo che Giovanni Legnini, appena nominato commissario straordinario, “farà bene; ha un profilo importante, esperienza, conosce il territorio ed il sisma: la sua nomina è un fatto assolutamente positivo”.

Nella logica del coordinamento tra i territori, “CasaItalia può rappresentare uno strumento utile di scambio d’informazioni, andando ad individuare, appunto, quegli strumenti che stanno funzionando sul cratere 2009 e che possono essere utili al ‘nuovo’ cratere. D’altra parte, la situazione che stiamo vivendo è assolutamente esplicativa della necessità oggettiva di normalizzare le attività di ricostruzione: ci sono territori che soffrono la sovrapposizione dei due crateri, con modelli completamente diversi di finanziamento, di erogazione delle risorse, di definizione tecnico burocratica per dirla in modo semplice. E’ chiaro che alcuni meccanismi debbono essere resi omogenei. Non possiamo permetterci procedure diverse. Poi, starà al Commissario mettere le mani nelle procedure e capire dove è il caso di intervenire”.

Tornando all’Aquila e al cratere 2009, Curcio è convinto che “il modello di ricostruzione sia stato un poco sottovalutato” e ribadisce che “molte delle attività messe in campo potevano essere riproposte in centro Italia: è probabile che non se ne avesse piena contezza, e per questo sto approfondendo i rapporti con il territorio e con gli Uffici speciali perché c’è molto della ricostruzione 2009 che può essere messo a fattor comune per il futuro”.

Un modello, quello dell’Aquila, “che è stato vissuto e percepito in modo ondivago”, aggiunge il capo Dipartimento di CasaItalia; “ci sono state esposizioni politiche molto forti: a volte il modello è stato raccontato con toni entusiastici, altre volte con toni tragici. Credo che una tale esposizione non abbia giovato: si è persa la capacità di fare una valutazione prettamente tecnica, non associata a valutazioni politiche. Oggi, forse, c’è la serenità di valutare esclusivamente gli aspetti tecnici, individuando i processi che hanno funzionato senza che questo significhi recuperare una certa idea di paese”.

Con Curcio, ci siamo interrogati sui problemi ancora non risolti della ricostruzione 2009, a partire dalla sfera pubblica al palo. “Non credo ci sia un unico problema. Innanzitutto, i problemi non riguardano solo la ricostruzione ma, direi, la costruzione: in Italia, abbiamo il problema di realizzare opere pubbliche. C’è un tema di ordinarietà: le norme che seguiamo in ordinario nella costruzione pubblica, che sono anche un po’ derogate nelle ricostruzioni, sono performanti? Oppure è necessario fare un ragionamento sulla costruzione ordinaria e, di riflesso, sulle ricostruzioni così da renderle più rapide? Credo che questa sia una questione essenziale. E’ vero, non riusciamo a sbloccare la ricostruzione delle scuole all’Aquila: mi domando, nel resto del paese riusciamo a costruirle? C’è poi un tema specifico: ho paura che, a volte, non si abbia il coraggio di avviare le opere per questioni contingenti che si trasformano in alibi per giustificare un certo immobilismo. In questi mesi, abbiamo messo intorno al tavolo i diversi soggetti che, a vario titolo, si occupano di ricostruzione pubblica: alcuni nodi li stiamo sciogliendo, altri necessitano di tempi un poco più lunghi; è utile, però, il confronto tra amministrazioni anche per chiarire incomprensioni che possono ingenerarsi”.

Non è un caso che Curcio citi la ricostruzione delle scuole; in seno alla Struttura di missione, infatti, ha voluto istituire una cabina di regia specifica sull’edilizia scolastica del Comune dell’Aquila che si riunisce ogni quindici giorni. “Abbiamo due edifici di prossima consegna”, sottolinea, “la Mariele Ventre di Pettino e la scuola di Arischia: ci stiamo concentrando col Comune e con il Miur per far sì che oltre ad essere pronte per il prossimo anno scolastico siano anche attrezzate. C’è poi una serie di scuole per le quali il Comune ha individuato locazione e dimensionamento: scuola per scuola abbiamo ripreso le singole procedure per capire dove si annidavano i ritardi e come intervenire. Da dicembre scorso la normativa non consentiva più di utilizzare l’accordo sottoscritto dalla municipalità con Provveditorato ed Anac per sfruttare procedure derogatorie: per questo, abbiamo individuato altre soluzioni che andassero a supportare l’azione del Comune, come il disciplinare d’intesa con Invitalia, approvato dalla Giunta comunale, per fare in modo che l’agenzia possa fare da stazione appaltante. Ora, con il Milleproroghe l’accordo col Provveditorato è stato prorogato di altri due anni: a questo punto, la decisione deve prenderla il Comune dell’Aquila. Credo proprio che sceglieranno la soluzione più rapida, affidandosi alle procedure semplificate concesse al Provveditorato”.

Provando a tradurre le parole di Curcio, significa che le procedure di appalto per l’ex scuola dell’infanzia ‘Tommaso Campanella’, per la scuola primaria ‘Celestino V’ e per la ricostruzione della scuola d’infanzia ‘Vetoio e Pettino’, che la Giunta intendeva affidare ad Invitalia, potrebbero tornare in capo al Provveditorato.

C’è poi un terzo gruppo di scuole, “ancora non definite dal punto di vista della localizzazione: è vero che sono passati 11 anni, è anche vero, però, che l’evoluzione sociale in questi anni non è stata affatto indifferente. Può esserci la necessità di una ulteriore riflessione: appena il Comune avrà assunto una determinazione, siamo pronti ad avviare i passi successivi”.

Un ultimo passaggio sulle risorse: per completare i processi di ricostruzione serviranno altri 4 miliardi, o poco più, oltre il miliardo e 300 milioni circa che residua, in cassa, dagli stanziamenti assicurati dal governo Renzi con la Legge di stabilità 2015. Nei giorni scorsi, il sindaco Pierluigi Biondi ha consegnato una lettera aperta al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sollecitando ulteriore attenzione sul cratere.

“E’ giusto che il tema delle risorse venga posto ora: andrebbero assicurate nella prossima Legge di Bilancio e sappiamo bene che, a fine anno, trovare 4 o 5 miliardi è sempre complicato”, riconosce Curcio; “dunque, porre il tema adesso credo sia stato corretto. E’ altrettanto vero che il miliardo e 300 milioni che abbiamo in cassa va ancora assegnato: ciò ci consentirà di lavorare in tranquillità per tutto il 2021. Tuttavia, la programmazione è necessaria e dobbiamo iniziare a pensarci adesso: poi, se il 1° gennaio la ricostruzione non sarà rifinanziata i processi non si fermeranno. Ma credo sia opportuno iniziare a ragionarci”. D’altra parte non si chiede di avere le risorse necessarie subito in cassa ma di rifinanziare il capitolo destinato alla ricostruzione spalmando i fondi negli anni.

E a proposito di risorse, la domanda da porsi - la riflessione di Curcio - è se non sia il caso di iniziare a ragionare seriamente in termini di prevenzione strutturale. “Un paese che ha 705 comuni in zona sismica 1, 600 dei quali con meno di 5mila abitanti, è in grado oggi di esprimere in modo chiaro qual è la sua vulnerabilità? La risposta è no. Non siamo in grado di dire quanto siamo malati in termini sismici: dunque, riusciamo a stanziare risorse da destinare alla prevenzione strutturale, riusciamo ad avere un quadro un poco più definito della vulnerabilità dei nostri edifici? Oggi, paradossalmente, il quadro più preciso ce l’abbiamo all’Aquila: abbiamo dovuto aspettare l’evento sismico, però. E il resto d’Italia? Ci costerebbe assai di meno lavorare sulla prevenzione piuttosto che impegnare risorse sulle ricostruzioni”.

Curcio si dice convinto che i tempi siano finalmente maturi: “sto partecipando a tanti incontri, sto lavorando con il Consiglio nazionale degli ingegneri e con la rete delle professioni, con le Università E con associazioni di cittadini sensibili: se insieme riusciamo a far comprendere che questa è la volontà del paese, anche la politica potrà dare risposte più strutturali, che oggi si intravedono soltanto”.

Ultima modifica il Martedì, 03 Marzo 2020 12:55

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