Easter Rising, la Rivolta di Pasqua. Cent'anni fa, gli irlandesi cercarono di ottenere l'indipendenza dal Regno Unito.
La Rivolta fu sedata in sei giorni, i leader dell'insurrezone vennero giustiziati. Fu una disfatta militare. Eppure, la Rivolta fu un momento importantissimo per la storia irlandese, uno dei punti saldi nella storia della Repubblica.
NewsTown sta celebrando il centenario della rivolta irlandese con un approfondimento a puntate, curato da Stefano Frezza. Oggi, la seconda puntata [Leggi qui la prima puntata].
Buona lettura
di Stefano Frezza - Abbiamo visto come la divisione coatta dell’Irlanda avesse determinato la nascita di uno stato artificiale chiamato Irlanda del Nord, con capitale Belfast e sotto il diretto controllo di Londra. Il modo in cui l’Irlanda del Nord fu diseganta a tavolino riflettè perfettamente i desideri inglesi: quella che oggi ancora molti chiamano “Ulster” in realtà è soltanto una parte dell’antica provincia del nord-est costituita da ben nove contee; tre di queste (Cavan, Monagham e e Connaught) avevano però una larga maggioranza di cattolici per cui gli inglesi decisero che sarebbe stato meglio sbarazzarsene consentendo loro di entrare a far parte della Repubblica mentre le altre sei a maggioranza protestante (Derry, Antrim, Down, Armagh, Tyrone e Fermanagh) e dov’era nettamente maggioritaria la popolazione filo-inglese, o “unionista”, andarono a costituire l’Irlanda del Nord.
La questione nordirlandese è stata a lungo considerata da alcuni come l’ultima guerra di religione combattuta in Europa ma contrariamente a questo approccio anacronistico, che mira a nascondere la natura reale del conflitto, bisogna riconoscere che quella lotta risiedeva nella giustificata aspirazione a vivere in un paese libero dall’occupazione straniera, un paese riunificato e pacificato e senza l’imposizione di scelte politiche, economiche e sociali imposte dal di fuori.
I governi inglesi, soprattutto a partire dagli anni sessanta, quando l’IRA si andava lentamente riorganizzando dopo la sconfitta degli anni venti, hanno tentato in tutti i modi di sedare e reprimere qualsiasi moto di rivolta, introducendo leggi speciali, arresti senza mandato e senza processo, tortura, discriminazioni sociali, limitazioni dell’esercizio di voto, censura, una autentica e perfetta “strategia della tensione” che fece sprofondare nel terrore le sei contee del nord. Un bisogno quasi ossessivo per assicurarsi che la comunità cattolica rimanesse in una posizione di subalternità caratterizzò a lungo l’agire delle autorità nordirlandesi.
Essere cattolico o nazionalista, o comunque esplicitare il proprio dissenso nei confronti dell’unione con la Gran Bretagna, costituì per decenni un motivo valido per rimanere non solo senza casa ma anche senza lavoro. La disoccupazione può essere considerata un elemento strutturale delle società contemporanee; in Irlanda del Nord essa riguardò, tra gli anni sessanta e novanta del novecento, prevalentemente il proletariato urbano, in massima parte di appartenenza cattolica o nazionalista. Se andiamo a vedere i dati della Fair Employment Agency (un’agenzia di stato per l’Irlanda del Nord) riguardanti il decennio 1971-1981 scopriamo che la disoccupazione raggiungeva il 25% tra la popolazione cattolica contro l’11% di quella protestante; negli impieghi pubblici i protestanti detenevano l’83% dei posti di lavoro, nell’agricoltura il 72%, nelle finanze il 73%, tra le forze dell’ordine il 90%; presso la Shorts Brothers, industria aeronautica e di armi, il maggior datore di lavoro di tutta l’Irlanda del Nord, fino al 1983 solo il 6% dei lavoratori è cattolico. Secondo il Continuous Household Survey, un rapporto ufficiale dello stesso governo inglese, tra il 1885 ed il 1990 la disoccupazione cattolica è quasi tripla rispetto a quella protestante.
La Northern Ireland Civil Rights Association, molto radicata tra la comunità nazionalista, e che più di altre seppe interpretare le necessità di quella stessa comunità e organizzarne le rivendicazioni, più che la riunificazione dell’isola o il ritiro delle truppe inglesi chiedeva semplicemente riforme democratiche come il diritto di voto o la fine delle discriminazioni sul lavoro.
Quello che accadde il 30 gennaio 1972, durante la più grande manifestazione organizzata in quegli anni a Derry, quando le truppe scelte inglesi assassinarono 13 civili disarmati, testimoniò la totale chiusura del governo inglese verso un processo di riforme democratiche. Nella primavera di quell’anno il governo inglese giunse perfino a chiudere il parlamento di Belfast ed emanò una serie di leggi orribili come il Prevention of Terrorism Act, in base al quale il fermo di polizia fu esteso da 72 ore a sette giorni. La polizia nordirlandese e le truppe speciali inglesi inoltre iniziarono ad attuare quello che passò alla storia come lo shoot-to-kill, una precisa tecnica consistente nell’eliminazione fisica di oppositori politici, un vero e proprio assassinio di stato.
Erano trascorsi solo pochi decenni dalla domenica di Pasqua del 1916, dalla rivolta alla quale parteciparono poche centinaia di cittadini; giunti alla soglia degli anni ottanta era un popolo intero che voleva autodeterminare il proprio futuro e proprio per questo incontrava ancora la dura opposizione e repressione inglese.
Zombie
The Cranberries
Un’altra testa cade giù,
Un bambino muore lentamente.
E la violenza suscita un tale silenzio.
Chi siamo noi che abbiamo sbagliato?
Come vedi non sono io, non è la mia famiglia,
Nella tua testa, è lì che stanno combattendo,
Con i loro carri armati e le loro bombe,
Le loro bombe e i loro fucili,
Nella tua testa, è lì che stanno gridando.
Nella tua testa, nella tua testa
Zombie
Ma cos’hai in quella testa?
Un’altra madre ha il cuore spezzato
Quando la violenza sparge intorno solo silenzio
E’ certo che stiamo sbagliando
E’ sempre la stessa vecchia storia
Dal 1916
Nella tua testa, è lì che stanno ancora combattendo
Con i loro carri armati e le loro bombe,
Le loro bombe e i loro fucili.
Nella tua testa, è lì che stanno morendo.
Nella tua testa, nella tua testa
Zombie
Ma cos’hai in quella testa?