Easter Rising, la Rivolta di Pasqua. Cent'anni fa, gli irlandesi cercarono di ottenere l'indipendenza dal Regno Unito.
La Rivolta fu sedata in sei giorni, i leader dell'insurrezone vennero giustiziati. Fu una disfatta militare. Eppure, la Rivolta fu un momento importantissimo per la storia irlandese, uno dei punti saldi nella storia della Repubblica.
NewsTown sta celebrando il centenario della rivolta irlandese con un approfondimento a puntate, curato da Stefano Frezza. Oggi, la quarta ed ultima puntata [Leggi anche le puntate 1, 2, 3].
di Stefano Frezza - Gli Accordi del Venerdì Santo (10 aprile 1998) furono accolti con entusiasmo da tutte le parti in causa. Un conflitto durato trent’anni si concludeva senza vincitori né vinti ma uno sguardo più approfondito ci aiuta a capire perchè coloro che avevano lottato per una Irlanda unita e libera dall’occupazione inglese erano certamente i più soddisfatti per la firma della storica intesa.
Finalmente, si poneva fine ad ogni discriminazione e si promuovevano misure finalizzate al superamento dell’intolleranza ad ogni livello della società e ad incoraggiare l’istruzione integrata e la convivenza all’interno dei quartieri misti. Tutti i firmatari (l’Accordo consisteva di due parti: un accordo inter-partitico tra i maggiori otto partiti politici nord-irlandesi ed un secondo accordo anglo-irlandese) si impegnarono ad utilizzare esclusivamente mezzi pacifici e democratici dichiarando di opporsi all’uso della violenza per qualunque scopo politico.
Fu stabilita la piena legittimità di qualsiasi scelta riguardo l’unione con la Gran Bretagna o per una Irlanda unita precisando che “spetta solo alla popolazione dell’isola d’Irlanda esercitare il suo diritto all’autodeterminazione” e fu abolito quel “Government of Ireland Act” che nel 1920 aveva istituito la Provincia Britannica dell’Irlanda del Nord. Che la situazione stesse evolvendo verso una definitiva pacificazione fu evidente quando, nel pieno rispetto dell’Accordo, cominciarono ad essere liberati centinaia di prigionieri politici.
Furono istituiti un Parlamento con sede a Belfast, eletto con sistema proporzionale, ed un Esecutivo che sebbene non avesse pieni poteri - la politica estera, la difesa e la sicurezza rimanevano infatti nelle mani di Londra - poteva iniziare a legiferare su aspetti importanti della vita nordirlandese come istruzione, sanità, lavoro, ambiente. Una Commissione Internazionale per il Disarmo fu istituita con il preciso obiettivo di sovrintendere la consegna di tutti gli armamenti di cui disponevano le varie formazioni armate lealiste e repubblicane.
Tutti dovettero fare dei passi indietro rispetto alle proprie posizioni e aspirazioni. I repubblicani dovettero addirittura rinunciare all’immediata riunificazione dell’isola (cosa che fu sancita anche dal cambiamento degli articoli 2 e 3 della Costituzione dell’EIRE); inoltre le truppe militari inglesi, nonostante un progressivo disimpegno, sono presenti ancora oggi sul suolo nordirlandese. I lealisti dovettero accettare l’istituzione di organismi comuni alle due regioni del nord e del sud, oltre ad un governo di power-sharing a Belfast, cosa che consentiva già allora, considerando l’andamento demografico e la sempre maggiore influenza politica dello SinnFein, di intravvedere una futura ed auspicabile riunificazione dell’isola. Sono tutte considerazioni che aiutano a comprendere come il popolo irlandese, sia nella Repubblica che nelle sei contee del nord, si espresse a larghissima maggioranza a favore degli accordi raggiunti nei referendum tenuti contemporaneamente a Dublino e Belfast nel maggio 1998.
Ci vollero quindici anni di colloqui, trattative, incontri, il più delle volte tenuti rigorosamente segreti per il timore delle reazioni che avrebbero potuto suscitare i progressi che si andavano realizzando; e tante volte si è dovuto ricominciare tutto daccapo a causa del continuo ostruzionismo delle forze lealiste, tenacemente aggrappate a quei privilegi che decenni di occupazione inglese avevano loro consentito. Uno dei loro punti di forza era costituito dal fatto che l’IRA aveva sì sotenuto i colloqui e accettato l’Accordo ma si era sempre rifiutata di consegnare i suoi arsenali. Il comunicato con il quale il 28 luglio 2005 la dirigenza dell’IRA annunciò formalmente la fine della lotta armata e l’inizio di un percorso politico fondato su mezzi esclusivamente democratici e pacifici - comunicato letto per la prima volta a volto scoperto davanti alle telecamere di tutto il mondo - rappresentò un altro dei momenti più importanti nella storia del conflitto nordirlandese. La stessa Commissione che era stata istituita con gli Accordi del 1998 rivelò che effettivamente l’intero arsenale dell’IRA era stato messo fuori uso. Anche i termini erano importanti: “messo fuori uso” e non “consegnato” dall’IRA testimoniava che l’esercito repubblicano non era stato sconfitto militarmente.
Erano state sicuramente costruite delle basi solide per non far fallire quell’Accordo e soddisfatto il bisogno di costruire un nuovo punto di partenza fondato sull’inclusione; inoltre le quotidiane violenze che negli ultimi tre decenni avevano investito le sei contee del nord venivano finalmente a cessare; e questo rappresentava senza dubbio il bisogno primario per la popolazione di tutta l’isola.
LO SPIRITO DELL’ALLODOLA di Bobby Sands*
Mio nonno una volta mi disse che imprigionare un'allodola è un delitto fra i più crudeli, perché è uno dei simboli più alti della libertà e felicità. Parlava spesso dello spirito dell'allodola, quando raccontava la storia di un uomo che ne aveva rinchiusa una in una piccola gabbia.
L'allodola, soffrendo per la perdita della sua libertà, non cantava più, non aveva più nulla di cui essere felice. L'uomo che aveva commesso questa atrocità, come la chiamava mio nonno, voleva che l'allodola facesse quello che lui desiderava. Voleva che cantasse, che cantasse con tutto il cuore, che esaudisse i suoi desideri, che cambiasse il suo modo di essere per adattarsi ai suoi piaceri.
L'allodola si rifiutò e l'uomo si arrabbiò e divenne violento. Egli cominciò a fare pressioni sull'allodola perché cantasse, ma non raggiunse alcun risultato. Allora fece di più: coprì la gabbietta con uno straccio nero e le tolse la luce del sole; la fece soffrire di fame e la lasciò marcire in una sudicia gabbia, ma lei ancora rifiutava di sottomettersi.
L'allodola, come giustamente diceva mio nonno, aveva uno spirito: lo spirito della libertà e della resistenza. Voleva essere libera, e così morì prima di sottomettersi al tiranno che aveva tentato di cambiarla attraverso la tortura e la prigionia.
Sento di avere qualcosa in comune con quell'allodola e con la sua tortura, la prigionia e alla fine l'assassinio. Lei aveva uno spirito che non si trova comunemente, nemmeno in mezzo a noi umani, cosiddetti esseri superiori.
Prendi un prigioniero comune, il suo scopo principale è di rendere il suo periodo di prigionia il più facile e comodo possibile. Alcuni arrivano ad umiliarsi, strisciare, vendere altri prigionieri, per proteggere se stessi e affrettare la propria scarcerazione. Si conformano ai desideri dei loro carcerieri e, a differenza dell'allodola, cantano quando gli dicono di cantare e saltano quando gli dicono di muoversi.
Sebbene il prigioniero comune abbia perso la libertà, non è preparato ad arrivare alle estreme conseguenze per riconquistarla, né per proteggere la propria umanità. Costui si organizza in vista di un rilascio a breve scadenza. Ma, se incarcerato per un periodo abbastanza lungo, diventa istituzionalizzato, diventa una specie di macchina, incapace di pensare, controllato e dominato dai suoi carcerieri.
Nella storia di mio nonno era questo il destino dell'allodola, ma lei non aveva bisogno di cambiare, né voleva farlo, e morì per questo.
*Bobby Sands, volontario dell’IRA, morto in carcere dopo sessantasei giorni di digiuno, il 5 maggio 1981
Paul Johnson, giornalista di fama internazionale, direttore di The Spectator e uno dei massimi sostenitori di Margaret Thatcher, così scriveva su The New Statesman: “In Irlanda, nel corso dei secoli, abbiamo provato ogni formula: governo diretto, doverno indiretto, genocidio, apartheid, parlamenti farsa, parlamenti veri, legge marziale, legge civile, colonizzazione, riforma della terra, divisione del paese. L’unica soluzione che non abbiamo ancora provato è quella di un ritiro totale ed incondizionato”.