di Jacopo Intini - A poco più di un anno dal lancio dell'operazione israeliana Margine Protettivo, i dati nella Striscia di Gaza rimangono drammatici e allarmanti. Su una popolazione di 1,8 milioni di persone, più di 100 mila ancora oggi risultano sfollate.
Dati diffusi il 14 agosto scorso dall'UNRWA (United Nation Relief and Work Agency for Palestine Refugees) confermano che, durante l'ultima operazione, sono state 139 mila circa le abitazioni di rifugiati palestinesi colpite dai raid israeliani; questo non fa che metter ancor più a dura prova la funzionalità del lavoro svolto dall'UNRWA che, nel 2015, si è trovata a dover fare fronte alla più grande crisi finanziaria che l'Agenzia Onu abbia mai affrontato.
Con un deficit economico di 101 milioni di dollari, risanato solo in parte di recente, l'UNRWA potrebbe infatti non garantire una continuità nei propri programmi scolastici per l'anno 2015/2016, a cui hanno accesso circa 500 mila studenti in tutto il Medio Oriente. Inoltre, la sospensione delle attività didattiche non potrebbe che inasprire ulteriormente il difficile accesso al diritto allo studio per la popolazione giovanile di Gaza - rappresentante il 21% della popolazione totale - già afflitta da una disoccupazione che quest'anno ha raggiunto livelli record toccando circa il suo 60%. E' quanto attesta un rapporto diffuso a Bruxelles il 27 maggio scorso dalla Banca Mondiale.
Ma dietro una piatta classificazione numerica e la descrizione quantitativa della storia della Striscia, si cela il volto proprio di un fattore umano spesso raccontato solo in termini di guerra e di politica. In un contesto in cui l'enormità dei numeri rischia di innescare un processo di de-umanizzazione delle identità dei giovani di Gaza Strip e di oscurare sogni, storie ed aspirazioni, si inserisce il progetto We Are Not Numbers (Wann), formatosi nel gennaio scorso grazie al patrocinio dell'Euro-Mediterranean Human Rights Monitor.
La campagna coinvolge 30 giovani scrittori e aspiranti giornalisti palestinesi di età compresa tra i 18 e i 29 anni coordinati da mentori locali ed internazionali del calibro di Nora Barrows-Friedman - autrice del libro In Our Power: U.S. Students Organize for Justice in Palestine ed editrice associata di The Electronic Intifada - e di Maysoon Zayid - attrice ed attivista statunitense di origini palestinesi, co-fondatrice del New York Arab-American Comedy Festival. Tale gruppo ricerca l'audience occidentale attraverso la pubblicazione in lingua inglese (vedi in basso) delle proprie storie, riflettendo interamente, così, la complessa realtà della vita Gazawi.
Tra questi c'è Maysoon Bashir, 23 anni, di Deir Al-Balah, città a sud di Gaza City. Nei suoi testi preferisce anzitutto presentarsi come una semplice ragazza palestinese prima ancora che attivista e giornalista freelance, poiché - scrive - "...la mia nazionalità è una testimonianza dell'autenticità della mia terra e delle ingiustizie a cui il mio popolo è sottoposto". Dopo aver perso, a causa della guerra, la possibilità di usufruire di una borsa di studio, Maysoon decide di dedicarsi alla scrittura come unico modo per sollevare la voce del suo popolo. Oggi la vediamo impegnata nel gruppo di Wann: "Ogni persona a Gaza ha sogni e speranze per il futuro, proprio come me. Mi piacerebbe solo poter insegnare al mondo quei valori e principi che ho imparato qui a Gaza, nella mia scuola e nella mia casa [...] noi non siamo numeri, finché le nostre storie saranno vive noi non moriremo mai".
Il 14 luglio scorso, CodePink, un'organizzazione internazionale guidata principalmente da donne attive contro la guerra e la militarizzazione statunitense, pubblica la sua prima storia in cui Maysoon ripercorre attimi di vita privata durante l'operazione Margine Protettivo a Gaza.
Dalle sue parole trapela la determinazione che la ragazza mostra nel ricercare e nel lottare per la libertà del suo popolo. Centrale per Maysoon è infatti la figura paterna, venuta a mancare circa sei anni fa: "Mio padre mi ha insegnato a guardare sempre verso il futuro e a non lasciarmi distrarre dai dolori del presente, in quanto è il mio unico modo per raggiungere i miei obiettivi nella vita".
Nonostante la guerra sia alle spalle, Gaza continua ad essere un prigione a cielo aperto per i suoi abitanti, senza prospettive certe per i ragazzi della Striscia a cui, pur avendo essi terminato i propri percorsi di studio, non viene garantito uno sbocco lavorativo degno delle abilità acquisite con l’Università. L'embargo imposto alla Striscia non fa che alimentare la grave crisi umanitaria che ora colpisce anche la classe media di Gaza, crisi che, secondo quanto attesta l’ultimo rapporto Onu, se le condizioni attuali saranno confermate potrebbe rendere "inabitabile" l'area in meno di cinque anni.
Ramy Abdu, Presidente dell'Euro-Med, afferma: "Praticamente ogni giorno, i nostri pescatori e contadini vengono uccisi solamente perché lavorano la propria terra e pescano in mare. A centinaia, invece, viene negato il permesso di uscita o di entrata nella Striscia. Ma attraverso questa campagna [ndr WANN], i giovani di Gaza si rifiutano di essere definiti dai loro oppressori".
"La guerra è finita - ribadisce Maysoon Bashir in wearenotnumbers.org, su cui a breve verrà pubblicata la sua seconda storia - ma ha lasciato dietro di sé case distrutte, opportunità svanite e ricordi di amori perduti [...] ma sono determinata a rimanere viva e a mantenere vivi i miei sogni, perché, come dice il poeta spoken-word Rafeef Ziadeh, '...noi insegniamo la vita'. Io vengo da Gaza e non sono un numero!".