Mercoledì, 20 Agosto 2014 16:02

NewsTown reportage. Voci dalla Palestina / 2: oltre il muro

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*Secondo appuntamento con il reportage Voci dalla Palestina. Un cooperante italiano si trova in queste settimane in Palestina. Ha scelto di raccontare la propria esperienza, in tempo reale, a NewsTown. Dopo "Resistere e sperare nel futuro", oggi è la volta di "Oltre il muro". Buona lettura.


di J.I. -
Betlemme. E’ mattina presto, le cinque per la precisione e al check point 300 c'è già ’chi beve il caffè' seduto su uno sporco strato di asfalto, chi fuma una sigaretta, chi chiacchiera e chi sta in silenzio. "Kei Falak?" [come stai?]; "Allih ambudallah" [nelle braccia di dio]. Queste, forse, sono le frasi che più si sentono. Ogni giorno molti palestinesi di Betlemme si mettono in fila dalle due della notte lungo l’angusto corridoio che per 50 metri costeggia il muro di separazione israeliano. I palestinesi possono oltrepassare la barriera dell’apartheid, rigorosamente controllata giorno e notte dai militari israeliani, solo se in possesso di un visto lavorativo che viene a costare 1200-1400 scekel, circa 300 euro, valido per soli tre giorni.

Ma molti sono gli abitanti della Cisgiordania disoccupati che acquistano il permesso pur non avendo un impiego - forse la maggior parte - ed ogni giorno valicano il muro nella speranza di racimolare in "Israele" qualche soldo per manterne le proprie famiglie, qui assai numerose. Deve essere frustrante ritrovarsi quotidianamente ad aspettare che il check point venga aperto alle 6 del mattino in mezzo ad una folla di centinaia e centinaia di palestinesi e fare i conti con il muro che spesso costa il licenziamento per chi arriva tardi al lavoro.

Qualcuno salta la fila arrampicandosi per le grate e sul tetto di metallo tentando di ingannare le telecamere poste lungo il muro, la cui costruzione rientra in una strategia di annientamento dell’economia e del morale palestinese ben studiata dallo stato di Israele. Non ho potuto non notare un altro corridoio nei pressi del check point, questo destinato a coloro in possesso del passaporto israeliano: completamente vuoto. Ma in questi giorni ho avuto a che fare anche con un altro check point, ben diverso dal 300: quello di Hebron. Ad Al Halil l’occupazione la senti fisicamente.

La sua particolarità sta nella presenza di colonie israeliane nel centro storico della città. Shuhada Street, in passato un’importante via del mercato arabo, ora è chiusa alla maggior parte dei palestinesi per consentire l’accesso ai coloni. Gli edifici che si dislocano in questa via sono stati chiusi dall’esercito israeliano; non a caso, questa zona, viene chiamata la Ghost Town, resa tale dalla vera e propria "pulizia etnica" attuata anni fa ai danni dei palestinesi.

Intanto a Gaza riprendono i bombardamenti e già si contano altre vittime, 2016 in totale di cui 541 bambini, dopo il fallimento di un’ulteriore tregua di 24 ore che non ha prodotto, ancora una volta, risultati concreti. Un accordo definitivo sembra lontano. Nel campo profughi di Aida (Betlemme), la vita va avanti, nonostante i sempre più frequenti scontri tra i ragazzi palestinesi e i soldati israeliani. Lunedi si è chiuso il campo estivo 2014 presso il Centro Amal Al Amustakbal. I bambini hanno presentato le attività svolte in questi dieci giorni in una serata conclusiva che ha visto la partecipazione numerosa delle famiglie. I canti dei bimbi sono riusciti a coprire il rumore degli spari provenienti dalla porta del campo profughi. La festa non si è fermata nonostante gli scontri iniziati verso le 15 del pomeriggio. Già domenica i militari israeliani hanno tentato invano di entrare nel campo, bloccati però dai sassi degli shebab che sono riusciti a respingerli.

La sera stessa un'esplosione ha rotto il silenzio serale di Aida. La gente del campo profughi si è riversata immediatamente nelle strade per capire cosa fosse successo. Tra gli allarmi impazziti delle auto, è giunta la notizia di un’azione contro il muro che ha subito alcuni danni, ma che, nonostante tutto, è ancora in piedi. I palestinesi resistono ogni giorno partendo dalle più semplici azioni quotidiane, ma fanno profondamente attenzione anche a quelle che sono le ingiustizie internazionali al di là del muro. Il Centro Amal Al Mustakbal ha dedicato quest’anno una delle sue attività alla Val Susa. Aisar di Aida ha dieci anni e scrive cosi ai bambini valsusini:

"Io sono Aisar del campo profughi di Aida e ho 10 anni.

A tutti i bambini del mondo, in particolare a quelli della Val Susa.

Abbiamo imparato che voi state male come noi; noi per colpa del muro dell'apartheid che ha diviso la Palestina e voi in Val Susa per il treno che ha rubato la terra dei vostri contadini e anche vostro il sorriso. Mano per mano resisteremo, mano per mano raggiungeremo la libertà. Da Aida alla Val Susa"

Oltre ad essere teatro di forti scontri, la Cisgiordania nell’ultimo mese ha visto un'ondata di arresti da parte dei militari israeliani (circa 60). Nelle famiglie palestinesi un componente su 6 è stato in carcere almeno una volta. Ieri, noi internazionali, siamo andati a trovare il fratello di R., giovane ragazzo di 23 anni arrestato ad Aida circa un mese fa per aver partecipato ad un manifestazione contro Israele ed ora in detenzione amministrativa. Verso le ore 23 italiane di ieri, gli allarmi antimissile israeliani hanno risuonato ad Armone Natsev, colonia situata tra Betlemme e Gerusalemme. Hamas ha ricominciato il lancio di razzi verso Israele dopo che quest’ultimo ha ripreso i bombardamenti sulla Striscia di Gaza.

Gli abitanti del campo si sono immediatamente affacciati dai balconi e sui terrazzi. Il silenzio ha avvolto Aida per un paio di minuti. Sentita l’esplosione applausi e fuochi d’artificio delle persone li affacciate hanno riempito le strade di Aida.

Ultima modifica il Mercoledì, 20 Agosto 2014 16:54

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