Venerdì, 17 Giugno 2016 22:04

Speciale elezioni: le città, i candidati, i numeri. Occhi puntati su Roma e Milano

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Se il tentativo era depotenziare l'effetto 'politico' delle elezioni amministrazione, può dirsi fallito: il ballottaggio di domenica 19 giugno, infatti, potrebbe segnare il destino politico del governo Renzi e, di riflesso, del Partito Democratico. Non subito, certo, ma un risultato negativo dei democrat infiammerebbe la campagna elettorale in vista del referendum costituzionale di ottobre che il premier segretario, forse troppo presto, ha trasformato in un referendum sul suo Governo.

Sono 120 le città al voto: l'attenzione, però, è puntata su Roma e Milano, in particolare, con Bologna, Napoli, Torino e Trieste che potrebbero 'regalare' altri spunti interessanti.

Milano, innanzitutto. E' qui che Renzi, e il Pd, si giocano la sfida più complicata: il candidato di centrosinistra, Beppe Sala, fortemente voluto dal premier, al primo turno ha conquistato una manciata di voti in più di Stefano Parisi, espressione del centrodestra unito. 'Cancellato' l'effetto Pisapia e il bagaglio di voti, e consensi, che il sindaco uscente sembrava potesse lasciare in eredità all'uomo di Expo.

Al contrario, l'elettorato di (centro) sinistra non ha apprezzato la scelta, imposta dall'alto, non riconoscendo quel che Sala rappresenta, il volto nuovo che Renzi sta dando al partito, oltre i confini della sinistra tradizionale, verso un 'centro' di interessi e poteri che sono sembrati davvero l'antitesi della primavera arancione che, soltanto cinque anni fa, aveva portato all'elezione, nient'affatto attesa, di Pisapia.

Sala è il più renziano dei candidati, stando alle grandi città al voto. Perdere Milano rappresenterebbe, per il premier, un colpo politico durissimo da assorbire: minerebbe, infatti, l'idea stessa di partito che l'ex sindaco di Firenze ha in mente, dando nuovo fiato, di contro, alle minoranze interne che progettano, e non è più di un mistero, di 'riprendersi' il Pd. E non è certo un buon segno, per Renzi, che la campagna elettorale di Sala, tra il primo turno e il ballottaggio, si sia giocata, per lo più, sul tentativo di mostrarsi in continuità con l'amministrazione Pisapia. Tanto è vero che si rincorrono, oramai, gli appelli, più o meno illustri, di chi sostiene non si possa lasciare la città al centrodestra pur di azzoppare Renzi. A dire che il premier non solo non attira più consensi, ma potrebbe diventare una zavorra per il centrosinistra milanese.

Accade lo stesso a Roma: anche Roberto Giachetti, in queste due settimane, ha 'giocato' la difficile campagna elettorale - parte con dieci punti da recuperare su Virginia Raggi - su se stesso, sulla sua storia politica (vorrebbe intitolare una strada a Marco Pannella) e su un paio di 'sfide' alla pancia dei cittadini: Olimpiadi e Stadio della Roma.

Si è tentato di riportare la sfida elettorale sul piano squisitamente locale, seppure sia chiaro a tutti che Roma e Milano rappresentino qualcosa di altro, e di diverso. E al di là della querelle sulle 'presunte' dichiarazioni di Massimo D'Alema, il silenzio di molti (troppi) esponenti del Partito Democratico amplifica la sensazione che la minoranza in seno al partito non si straccerebbero le vesti dovessero vincere Raggi, a Roma, e Parisi, a Milano. Per non dire di quella fetta di 'sinistra' fuori il Pd che, a Milano come a Roma, ha fatto corsa a sé, più per contarsi che per altro, e che non riesce a trovare una strada, uno sbocco politico fuori da coalizioni uliviste.

La riconferma di Massimo Zedda a sindaco di Cagliari, già al primo turno, ha fatto il resto, raccontando di un centrosinistra vincente, se unito.

L'alternativa è Luigi De Magistris che corre verso un secondo mandato da primo cittadino, a Napoli, incarnando, tuttavia, un modello assolutamente altro, oltre i partiti e le forme di rappresentanza tradizionali, che si alimenta nel rapporto con movimenti e comitati, associazioni e forze sociali del territorio. Istanze dal basso, 'meridionalismo', modelli di sviluppo economici e sociali 'sostenibile': se l'esperienza napoletana potrà diventare un riferimento nazionale, sarà il tempo a dirlo.

Ci sono Torino e Bologna, poi, che potrebbero riservare sorprese inattese. Fino a qualche mese fa, la riconferma di Piero Fassino e Virginio Merola non sembrava in discussione. Tuttavia, il risultato del primo turno non lascia affatto tranquilli i candidati democrat. Difficile dire quanto abbia influito - in queste città - la contingenza politica nazionale: sta di fatto che Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle, a Torino, è arrivata al 31% e Lucia Borgonzoni (Lega Nord) ha conquistato il 22.3% delle preferenze, a Bologna.

Sfide tutt'altro che decise, insomma. Altro segnale di malessere, in seno al Partito Democratico.

E le altre forze politiche? Il Movimento 5 Stelle si gioca, a Roma, una partita vitale per il futuro (concederete la metafora calcistica, in questi giorni): se Virginia Raggi dovesse perdere, 'bruciando' i dieci punti di vantaggio del primo turno, sarebbe uno schiaffo difficile da metabolizzare; dovesse vincere invece, come da pronostico, i Cinque stelle si troverebbero ad affrontare la peggiore tra le sfide amministrative, la guida della Capitale, in uno dei momenti più difficili della sua lunga storia. Torino è altro, una partita già vinta, e comunque vada domani.

Il centrodestra, invece, 'sopravvive', almeno per ora. E' chiaro che se Parisi dovesse vincere a Milano, arriverebbe una spinta potente all'unità, oltre i protagonismi e le sfide per la leadership. D'altra parte, Roma ha raccontato che il centrodestra, diviso, non ha futuro. Senza Matteo Salvini e Giorgia Meloni, infatti, Silvio Berlusconi - al di là dei problemi di salute - è destinato alla marginalità. A meno che non si voglia credere che siano i leader di Lega e Fratelli d'Italia ad avere ancora bisogno dei voti di Forza Italia. Molto dirà Bologna, e il risultato al ballottaggio di Lucia Borgonzoni. A Napoli, invece, Gianni Lettieri sembra avere ben poche possibilità.

La situazione in Abruzzo

In Abruzzo, sono quattro i Comuni al ballottaggio.

A Roseto degli Abruzzi, si sfidano il sindaco uscente di centrodestra, Enio Pavone, e il candidato di centrosinistra, Sabatino Di Girolamo, avanti di un soffio al primo turno. Situazione ribaltata a Vasto, con il centrodestra che parte in lieve vantaggio con Massimo Desiati e il centrosinistra  ad inseguire con Francesco Menna che, fino all'ultimo, ha tentato di attrarre a sé Ludovica Cieri, candidata con il Movimento 5 Stelle, e capace di ottenere più del 20% delle preferenze al primo turno. A Vasto, i voti 'grillini' saranno, dunque, determinanti.

Diversa, e certamente più interessante, la situazione politica a Lanciano.

Atmosfera caldissima nella cittadina frentana: al sindaco uscente di centrosinistra, Mario Pupillo, si contrappone, infatti, Errico D'Amico che, al primo turno, è arrivato al 38% e al ballottaggio beneficierà del sostegno di Tonia Paolucci, esponente della destra radicale (oltre il 22% lo scorso 5 giugno). Dovesse vincere D'Amico, Lanciano, città medaglia d'oro al Valor militare, si ritroverebbe con un esponente di CasaPound in Consiglio comunale.

Una vicenda che ha assunto contorni che vanno ben oltre il voto amministrativo: prima, l'appello dei parlamentari abruzzesi Maria Amato, Antonio Castricone, Vittoria D'Incecco, Gianluca Fusilli, Tommaso Ginoble, Stefania Pezzopane e Gianni Melilla alle massime cariche dello Stato, alla presidente Laura Boldrini e al presidente Pietro Grasso, "perché - hanno chiesto i deputati di centrosinistra in una nota congiunta - uniscano la loro autorevole voce alla nostra, per stigmatizzare questa alleanza, la uniscano alla voce dell'Anpi, a quella di quanti vivono questa scelta del candidato sindaco di Lanciano, Errico D'Amico, come uno schiaffo alla memoria"; poi, l'intervento di alcuni intellettuali lancianesi - medici, avvocati, professori, professionisti - che hanno ribadito come i militanti di CasaPound siano gli eredi del fascismo, dell'intolleranza, del razzismo e dell'antisemitismo; infine, l'aggressione - notte tempo - al candidato di estrema destra che potrebbe entrare in Consiglio, Nico Barone, malmenato sotto la sua abitazione.

Mai si era assistito ad elezioni così tese, a Lanciano.

Per altri motivi, l'atmosfera è bollente anche a Sulmona. Bruno Di Masci, arrivato al ballottaggio con il sostegno del Partito Democratico (seppure senza simbolo) e, in particolare, di alcuni pezzi da 90 dei democrat, ha incassato il sostegno di Elisabetta Bianchi, candidata al primo turno con Forza Italia.
Forzisti e democratici insieme, per tentare la sfida ad Annamaria Casini che, al primo turno, ha incassato il 44,7% delle preferenze, sostenuta da sei liste civiche 'imbastite' dall'assessore regionale Andrea Gerosolimo, con esponenti di centrodestra e centrosinistra. A Sulmona, insomma, siamo oltre il Partito della Nazione. E l'apparentamento ha scatenato un vero e proprio putiferio. Con i vertici Pd che hanno preferito il silenzio, e Forza Italia, invece, che si è 'spaccata' pubblicamente, a suon di comunicati stampa.

I consiglieri regionali Paolo Gatti, Mauro Febbo e Lorenzo Sospiri hanno infatti 'condannato' l'apparentamento scatenando la replica della senatrice Paola Pelino: "Nel variegato raggruppamento dell'assessore della giunta D'Alfonso (il riferimento è a Gerosolimo e alla candidata Casini) ci sono il Pd con la finta lista civica dell'ex sindaco Peppino Ranalli e perfino i socialisti: altro che soggetto politico moderato e lontano dalla sinistra. Ma questo dettaglio hanno evidentemente fatto finta di ignorare, impegnati a costruire un comunicato che svela, in verità, disegni e ambizioni personali per progetti già in cantiere da almeno due anni. Forza Italia a Sulmona è in ottime mani; Gatti, e i neo moderati Febbo e Sospiri pensino ai loro territori".

Come non bastasse, la senatrice di Forza Italia ha accusato Paolo Gatti di aver "lavorato da mesi alla costruzione della lista di Fratelli d'Italia, nella coalizione del suo pupillo Gerosolimo, contro il partito del quale fa parte".

Un regolamento di conti vero e proprio. Ma il mare è in burrasca anche in seno al centrosinistra. Non è certo un caso che, a 48 ore dal voto, l'assessore regionale Gerosolimo - e con lui i consiglieri Mario Olivieri e Maurizio Di Nicola - abbia duramente contestato il piano di riordino sanitario presentato dal collega di Giunta, Silvio Paolucci. Un piano noto fin da ottobre, tanto è vero che Paolucci ha parlato di giochi politici d'altro tipo.

Giochi politici che hanno a che fare, e molto, con le elezioni a Sulmona. Se già qualche mese fa Gerosolimo aveva tenuto in scacco la maggioranza di centrosinistra, minacciando di uscire non avesse ottenuto un posto in Giunta, oggi, dovesse vincere la sfida elettorale con la candidata Casini, potrebbe alzare ancora la posta in gioco. Il comunicato di giovedì scorso è soltanto l'antipasto.

Ultima modifica il Domenica, 19 Giugno 2016 02:20

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