Martedì, 21 Giugno 2016 03:07

Riforma costituzionale, Politi: "Non stravolge Carta ma va migliorata"

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Questa riforma costituzionale non cambia la struttura di base della Carta del 1948 e ha un'impostazione che cerca di dare una risposta alle esigenze di efficientamento del sistema istituzionale. Detto ciò vi sono sicuramente aspetti da migliorare, a cominciare dal modo in cui verranno eletti i senatori, e la riforma in sé non basta, occorrono altri interventi, ad esempio quello sui regolamenti parlamentari”.

Fabrizio Politi - professore di diritto costituzionale all'Università dell'Aquila – non pensa, probabilmente, che il ddl Boschi sia la miglior legge di revisione costituzionale possibile.

Tuttavia, secondo il professore, la riforma ha due meriti: non stravolge l'assetto di base della Carta scritta dai padri costituenti e prova a rendere il sistema istituzionale italiano più efficiente e rapido nel fornire determinate risposte ai cittadini.

Politi ha partecipato, insieme ad altri giuristi (come il professor Fabrizio Marinelli dell'Università dell'Aquila e il professor Renato Orrù dell'Università di Teramo), a un forum organizzato dal Pd aquilano - schierato a larga maggioranza per il sì al referendum di ottobre - sulla riforma costituzionale.

Secondo Politi, non esiste, a livello teorico, una formula o una riforma in grado di garantire di per sé il pluralismo e l'equilibrio dei poteri all'interno di una democrazia. Non esiste, in altri termini, una forma di governo sulla carta migliore delle altre. Ogni modello va letto e contestualizzato in un'ottica sistemica, che tenga conto della storia e dell'assetto socio-politico complessivo di un Paese.

“Il presidenzialismo ad esempio” spiega Politi “che in Europa viene ritenuto un modello negativo, negli Stati Uniti esiste da secoli e finora ha sempre dato risposte efficienti. Ma applicato in Sud America ha dato risultati molto negativi”.

“Questa” afferma Politi “è una riforma complessa, che tocca diversi punti: la forma di governo, il bicameralismo, l'assetto regionale, la soppressione del Cnel. Sul primo punto, la forma di governo, la riforma non cambia la struttura di base della Costituzione del 1948 perché rimane immutata la forma di governo parlamentare, con la fiducia votata dalla Camera dei deputati. Quello che cambia è l'assetto bicamerale: scompare il bicameralismo perfetto; il Senato, che da sempre rappresenta le istituzioni territoriali, non rappresenterà più solo le regioni ma anche i Comuni e continuerà a intervenire nel processo legislativo nel quale, però, avrà una posizione di primazia la Camera. Questo è un assetto che esiste in molti paesi europei e dà un riscontro di efficienza positivo”.

“Certo” avverte Politi “vi sono aspetti da migliorare, ad esempio va chiarito come avverrà l'elezione dei senatori. Ma è un work in progress e bisogna accettare un po' questa impostazione. Guardando il panorama attuale si ha un senso di stasi, l'opinione pubblica chiede un sistema più efficiente e   indubbiamente questa riforma prova a dare risposta a tali esigenze. La riforma in sé” specifica Politi “tuttavia non basta, sarà necessario intervenire anche sui regolamenti parlamentari. Però se non si fa questo primo passo, non si potranno fare nemmeno gli altri”.

Una delle critiche ricorrenti alla riforma è che, combinata con l'Italicum (la nuova legge elettorale), darà vita a un premierato senza adeguati contrappesi. Un pericolo che Politi non sembra considerare concreto: “L'introduzione di sistemi elettorali di tipo maggioritario porta sempre delle torsioni di sovrappresentanza del partito di maggioranza. Basti pensare all'Inghilterra, che però citiamo sempre come sistema democratico. Le garanzie in una democrazia non le danno le leggi elettorali ma un sistema che abbia in sé un tasso di pluralismo adeguato. Quest'ultimo si raggiunge e si tutela con più canali e su vari livelli, dalla libertà di stampa alle libertà individuali”.

 

Ultima modifica il Martedì, 21 Giugno 2016 10:01

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