Venerdì, 31 Marzo 2017 01:50

Di Benedetto affidabile, Pietrucci sognatore: le pagelle della prima sfida

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In ogni confronto per le primarie ci sono i giudizi finali con i voti assegnati alle prestazioni dei singoli sfidanti. I famosi pagelloni.

Anche noi non abbiamo resistito e non ci siamo voluti precludere la gioia e il divertimento di aderire a questo rito.

Dei contenuti del dibattito pubblico svoltosi ieri tra i tre candidati alle primarie di coalizione del centrosinistra aquilano potete leggere più approfonditamente qui.

Quello che segue è soprattutto un divertissement, formulato sulla base di impressioni e sensazioni raccolte a caldo.

Buona lettura

Americo Di Benedetto

Dà l’idea di essere il più preparato, il più studioso e preciso (verrebbe da dire il più “secchione”) ma è anche il più nervoso, come rivelano soprattutto alcuni gesti: incrocia le braccia, tipico segnale di chiusura di chi si sente minacciato o non del tutto a suo agio, oppure si agita tamburellando il piede, segno di insofferenza e impazienza. Sarà l’emozione o il fatto di essere poco aduso a questo tipo di confronti. Le materie sulle quali dà il meglio di sé sono quelle economico-finanziarie, le tasse, il lavoro, cosa che non stupisce visto che di mestiere fa il commercialista. Ma quando le domande virano sul personale – come quando Giusi Fonzi, la moderatrice del confronto, chiede a tutti e tre di spiegare quanta importanza abbia la cultura nelle proprie vite – nelle risposte appare freddo, trattenuto. Il suo eloquio velocissimo denota padronanza degli argomenti e sicurezza nell’esposizione ma al tempo stesso non lo rende sempre facilmente comprensibile. Nel complesso appare serio, pragmatico e affidabile ma poco empatico. Voto: 7.

Pierpaolo Pietrucci

Dei tre è decisamente quello più sciolto, forse perché la campagna elettorale del 2014 (prima quella contro Moroni e poi quella per le regionali) da questo punto di vista lo ha temprato. Lui, del resto, ama stare a contatto con le persone, tra quella che chiama “la sua gente”. Ambiente, turismo, Gran Sasso sono gli argomenti che gli stanno più a cuore. Si concede qualche leziosità di troppo (“Sul Gran Sasso dovrà esserci un debat public”: dire dibattito pubblico pareva brutto?) e spesso le sue risposte, anziché andare dritte al punto, si lanciano in voli pindarici evocando la dimensione del sogno, del noi, un’idea di comunità dai tratti identitari forti. Ma quando Enrico Nardecchia del Centro chiede ai tre candidati di indicare l’errore più grande commesso dall’amministrazione Cialente in dieci anni di governo della città, è l’unico che risponde senza ipocrisie né infingimenti. Il suo percorso politico e la provenienza dai Ds lo rendono, rispetto a Di Benedetto, più forte tra i militanti e tra chi ha sempre votato a sinistra. A suo favore, inoltre, potrebbe giocare anche il fattore età, specie tra gli elettori più giovani. Ma per vincere le competizioni elettorali, di questi tempi, bisogna sfondare al centro, intercettare le preferenze di chi non vota per spirito di appartenenza ma solo giudicando le qualità dei singoli candidati. E su questo terreno appare più debole del suo avversario. Finisce in calando, forse per stanchezza. Voto: 7.

Lelio De Santis

Inizia mettendo subito le mani avanti, dicendo che non è lì solo per fare numero, ma è lui il primo a non credere nella propria candidatura. Decide di prendere posto in mezzo agli altri due, che chiama affettuosamente “Pier” e “Chicco”, come farebbe un nonno con i propri nipoti. L’impressione finale è proprio quella, malgrado qualche tentativo, abbastanza goffo, di usare un linguaggio un po’ più à la page (ma il pericolo di incappare in qualche topica è dietro l’angolo e infatti a un certo punto gli esce un moral suescionn che suscita qualche riso trattenuto nella platea). La carta d’identità non mente. Dimostra anche di avere poca dimestichezza con le risposte cronometrate: o va troppo lungo o troppo corto. Dice che bisogna privatizzare il Centro turistico del Gran Sasso, valorizzare il Progetto Case dandolo in gestione a una nuova società e abbassare le imposte locali (Imu, Tari e Tasi), dimenticandosi, però, di essere stato assessore al Bilancio del Cialente bis (prima che lo stesso Cialente lo silurasse) per qualche anno. Perché tirare fuori queste proposte solo ora? Perché non presentarle a tempo debito, quando era in giunta e si poteva, forse, fare qualcosa? Dà l’impressione di essersi candidato per fare un favore al Pd, che altrimenti si sarebbe trovato a fare primarie di partito e non di coalizione, contravvenendo, così, a quanto detto insistentemente dai propri dirigenti locali negli ultimi mesi. Agnello sacrificale. Voto: 5 (ma il premio simpatia va a lui).

Ultima modifica il Venerdì, 31 Marzo 2017 13:12

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