Poteva Domenico De Nardis essere nominato commissario/amministratore del Centro turistico Gran Sasso pur essendo dirigente del comune dell’Aquila?
La risposta a questa domanda la sapremo, forse, tra qualche settimana. La commissione consiliare Garanzia e Controllo, che avrebbe dovuto far luce sulla legittimità dell’atto di nomina firmato da Pierluigi Biondi lo scorso 12 ottobre, si è chiusa, infatti, con un nulla di fatto.
Fabrizio Giannangeli, il responsabile della Prevenzione della Corruzione del comune dinanzi al quale i consiglieri di opposizione Americo Di Benedetto e Elisabetta Vicini - in qualità, rispettivamente, di presidente e vice presidente della commissione – avevano sollevato il caso contestando la legalità della nomina, ha rimesso, contrariamente a quanto avevamo scritto, il quesito all’Anac, l’Autorità nazionale anti-corruzione.
E visti i tempi in cui normalmente l’autorità guidata da Raffele Cantone è solita esprimersi, passeranno, con ogni probabilità, settimane, se non mesi, prima di avere un parere dirimente.
Nel frattempo, il Ctgs rimarrà nel limbo in cui si trova ora, una società in cui le figure del controllante e del controllato coincidono.
La commissione
La seduta della commissione – alla quale hanno preso parte lo stesso De Nardis, Giannangeli e il nuovo segretario generale del comune, Giulio Nardi - si è svolta in un clima a tratti surreale, nella disattenzione di gran parte dei consiglieri e con una discussione che ha spesso preso la piega di un’accademica diatriba tra esperti di diritto civile, condita da citazioni latine e brocardi. Tanto che, a un certo punto, Giorgio De Matteis (FdI) ha commentato, tra il serio e il faceto: “Non siamo a una lezione del terzo anno di giurisprudenza”.
Il primo a prendere la parola è stato Fabrizio Giannangeli, il quale ha detto sostanzialmente di aver rimesso la decisione all’Anac in quanto la legge Madia, che prevede l’incompatibilità tra il ruolo di amministratore di una partecipata e quello di impiegato nell’ente pubblico controllante quella partecipata (comma 8 dell’articolo 11 del decreto legislativo 175 del 2016) non fugherebbe, a suo parere, tutti i dubbi.
“Falso”, hanno ribattuto diversi consiglieri di opposizione, in primis il presidente e il vice presidente della commissione, Di Benedetto e Vicini. La nuova normativa parla chiaro: “Gli amministratori delle società a controllo pubblico non possono essere dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti” recita il testo del decreto.
E qui è intervenuto De Nardis, che ha ribadito quanto aveva già detto e scritto in precedenza, ossia che la sua nomina è legittima alla luce di due considerazioni di fondo.
La prima è che vada equiparata a un commissariamento, a una misura di emergenza cui il comune è stato costretto a ricorrere a causa della grave situazione debitoria e della confusione gestionale in cui versava e versa ancora il Ctgs. La seconda è che la legge Madia non si applicherebbe al Ctgs perché quest’ultima non è una semplice controllata ma una società a socio unico.
Argomentazioni che l’opposizione ha trovato speciose e che anche lo stesso Giannangeli ha giudicato insufficienti a dirimere il caso.
“De Nardis non può essere considerato un commissario” ha obiettato il capogruppo di Sel Giustino Masciocco “sia perché il ricorso a questa figura non è prevista dal nostro diritto per le società partecipate sia perché è stato lo stesso dirigente a registrarsi alla Camera di commercio come amministratore”.
Non solo. Secondo Masciocco l’incompatibilità di De Nardis si dedurrebbe anche leggendo il recente atto di conferimento dell’incarico di dirigente della polizia municipale a Tiziano Amorosi.
Per accettare la nomina, quest’ultimo ha infatti dovuto dichiarare di non aver ricoperto, nell’ultimo anno, cariche da presidente con deleghe gestionali o da amministratore di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di comuni o province. “Alla luce di quest’atto” ha incalzato Masciocco “potrà De Nardis continuare a fare il dirigente?”.
La seduta si è conclusa in una bolla di sapone, con l’opposizione che ha promesso di tornare di nuovo sulla questione; non prima, però, che la vice presidente Vicini rivolgesse una frecciatina ai due dirigenti comunali presenti: “Non vorrei che dietro il vostro comportamento ci fosse una volontà dilatoria”.
Il sospetto è insomma che, dietro la “non decisione” di Giannangeli, ci sia la volontà di guadagnare tempo per tentare di mettere una pezza a un atto amministrativo improvvido, dietro il quale ci sono soprattutto le frizioni e le divisioni dell’attuale maggioranza sul tema delle nomine per i vertici delle partecipate.
Una sintesi efficace l’ha data, alla fine, Americo Di Benedetto: “Se si predica lo spoils system poi bisogna avere anche il coraggio di metterlo in atto fino in fondo”.