Il Consiglio comunale ha approvato stamane - 19 i voti favorevoli della maggioranza, 6 i no e 5 gli astenuti - l'integrazione della delibera di Consiglio comunale 86 del 2013, quella che recepiva la legge regionale 49 del 2012 recante norme per incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, la promozione della riqualificazione delle aree degradate, la riqualificazione degli edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione o da ricollocare e lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili.
Col provvedimento licenziato dal Consiglio comunale, la Giunta comunale ha inteso aggirare i problemi causati dall’impugnativa della variante alle norme tecniche d’attuazione istruita dalla Soprintendenza innanzi al Tar che, di fatto, ha precluso la possibilità dei cambi di destinazione d’uso verso il commerciale e l’artigianale nei centri storici dell’Aquila e delle frazioni.
Così come recepita dal Consiglio comunale nel 2013, la legge regionale 49 consentiva, in funzione di determinati parametri ed in alcune zone indicate, di variare le destinazioni d’uso soltanto fuori dai centri storici, oltre a consentire aumenti di cubatura ovviamente fuori dai centri storici e modifiche delle sagome in alcuni casi specifici, per eliminare le barriere architettoniche ad esempio, o per adeguare sismicamente un edificio. Col via libera del Consiglio comunale, si potrà chiedere il cambio di destinazione d’uso anche di immobili ricompresi nei centri storici: in attesa del pronunciamento del Tar sulla impugnativa della Soprintendenza alla variante alle norme tecniche d’attuazione, l'assessore Daniele Ferella aveva chiarito in Commissione come l'esecutivo intendesse comunque "offrire questa possibilità ai cittadini, convinti che sia una opportunità importante per rilanciare i nostri centri storici".
Tra l’altro, con il provvedimento istruito dalla Giunta comunale è stata data l’opportunità di fruire della legge 49 anche ai nuclei industriali.
“Rispetto alla variante alle Norme tecniche che avevamo approvato – aveva chiarito Ferella in Commissione – cambia poco o nulla: l’unica differenza starà nei tempi di approvazione delle richieste, considerato che la legge 49 prevede il passaggio dei provvedimenti in Consiglio comunale. Un iter un poco più lungo, insomma. Per il resto, gli effetti saranno identici”, aveva tenuto a ribadire l'assessore; “se è vero che la legge parla di complementarità delle destinazioni e di omogeneità, è vero anche che la stessa non è riferita soltanto ad una destinazione: ad essere chiari, non accadrà che possa essere preclusa la variante verso una destinazione d’artigianato di vicinato di un immobile a destinazione commerciale essendo le stesse, appunto, omogenee”.
Non solo. “Il passaggio obbligato in Consiglio comunale – aveva aggiunto Ferella illustrando la delibera innanzi ai consiglieri commissari – credo sia garanzia per tutti; è chiaro che dipenderà dalle attività che si intendono proporre: se una parrucchieria può essere compatibile con la vivibilità di un condominio, di certo non lo è un ristorante”. Il riferimento è al fatto che il provvedimento, rispetto alla variante impugnata, non limita il cambio di destinazione verso il commerciale o l’artigianale ai soli piani terra; dunque, c’è la possibilità che possa essere chiesto il cambio di destinazione d’uso di un immobile condominiale, magari al secondo o terzo piano di un edificio del centro storico, per insediarvi una attività.
Critiche le opposizioni. “Non si tratta di una misura risolutiva, bensì di un intervento tampone in attesa del pronunciamento del Tar sulla variante alle norme tecniche attuative”, ha ribadito stamane il capogruppo di Italia Viva Paolo Romano, già critico in Commissione. “E' un intervento tampone perché darà la possibilità soltanto a pochi cittadini di poter beneficiare della possibilità di cambiare la destinazione d’uso di un immobile. La deliberazione, infatti, parla di omogeneità e complementarità, e cioè impone una presenza pari almeno al 50% di attività commerciali e produttive per poter richiedere il cambio di destinazione d’uso. Dove sono tutte queste attività nei centri storici delle frazioni, e dove sono, ad esempio, in alcune zone del centro storico dell’Aquila, come Santa Maria di Farfa, San Domenico o San Pietro? La verità è che è una misura tampone per cercare di correggere gli errori fatti fino ad oggi. Non solo. Se la possibilità di variante della destinazione d’uso dei soli piani terra era ben circoscritta col provvedimento impugnato dalla Soprintendenza, con questo provvedimento daremo la possibilità di modificare anche ai piani superiori. Insomma, da una parte restringiamo il campo e dall’altro allarghiamo le maglie: una totale contraddizione, come sempre”.
Ha aggiunto il capogruppo di Italia Viva: “Per di più, la deliberazione estende la platea dei beneficiari anche alle imprese, in particolare alle zone industriali, secondo l’articolo 69 delle norme tecniche attuative: continuiamo, insomma, a premiare le zone periferiche non valorizzando i centri storici”.
Tra l'altro, Romano ha tenuto a sottolineare come il provvedimento sia stato approvato dalla Giunta in novembre: “sono passati tre mesi, e per colpa delle beghe in seno maggioranza non si sono riunite le Commissioni ed è mancato il numero legale nei Consigli comunali; ora, arriviamo ad approvare questa delibera tampone a metà febbraio col pronunciamento del Tar atteso per marzo”.
Duro anche il commento del capogruppo del Pd, Stefano Palumbo, che ha parlato di “ennesima pezza a colori” sottolinendo come in 30 mesi l'esecutivo comunale avrebbe potuto portare a termine il percorso avviato sul piano regolatore generale "che avrebbe consentito di sciogliere una serie di nodi sia sulla regolamentazione della ricostruzione dei centri storici sia sulle varianti di destinazione d’uso".