Una squadra su due livelli. Il primo, composto dai "membri effettivi" con potere di voto, il secondo che va a rappresentare una sorta di comitato satellite che parteciperà ai lavori della struttura principale.
Silvio Berlusconi ha nominato gli effettivi del Comitato di Presidenza di Forza Italia. Tra loro Michela Bambrilla, Mara Carfagna, Antonio Tajani, Renato Brunetta, Niccolò Ghedini, Sandro Bondi, Denis Verdini e Gianni Chiodi. Al comitato satellite parteciperanno invece Nitto Palma, Paolo Bonaiuti, Renata Polverini, Stefania Prestigiacomo, Daniela Santanchè e altri personaggi di spicco del mondo berlusconiano.
Un riconoscimento importante per il presidente della Regione Abruzzo che dopo esser stato travolto dallo scandalo rimborsi - e dalle vicende personali che ne sono seguite - si avvicina alle elezioni del 25 maggio forte dell'appoggio di Berlusconi.
Anche se Forza Italia sembra un partito oramai sull'orlo dell'esplosione. Tra cerchi magici con al centro Francesca Pascale, vecchi forzisti e lealisti. "Berlusconi cerca volti nuovi, ma c'è chi non vuol sentire", ha raccontato in una intervista a Repubblica Michaela Biancofiore, amica della Pascale, che ha attaccaco duramente la vecchia guardia del partito. "Noi tutti ci siamo imborghesiti, serve una svolta. Berlusconi non ci chiede di farci da parte, solo di farci di lato", ha spiegato. Alludendo a Denis Verdini, a Raffaele Fitto - infuriato per la mancata candidatura alle europee -, a Daniela Santanché.
Un clima rovente. Che potrebbe avere ripercussioni negative sulla campagna elettorale di Chiodi.
"Non sono affatto preoccupato", risponde il governatore uscente ai microfoni di NewsTown. "Il partito è forte perché ancora capace di intercettare la sensibilità degli elettori. Forza Italia ha una capacità di penetrazione nel corpo elettorale importante. Poi, all'interno dei partiti è normale ci siano delle rivalità, delle correnti che vanno gestite: non ricorda lo 'stai sereno Enrico' di Renzi, a qualche ora dalla pugnalata? Sono questioni che attengono alla vita dei partiti e, spesso, sono enfatizzate dai media rispetto ai reali contenuti della discussione. Siamo un partito che ha un presidente assolutamente carismatico che è riuscito quasi sempre a sedare le conflittualità su posizioni interne. Sono sicuro che continuerà a farlo. Sono tra quelli che costruiscono e lavorano per l'unità: per me, la politica è un gioco di squadra".
E' anche vero, però, che tra qualche giorno, il 10 aprile, il Tribunale di sorveglianza di Milano dovrà decidere in che modo Berlusconi sconterà la pena dopo la condanna al processo Mediaset. Domiciliari o servizi sociali. Evidentemente, la decisione del Tribunale lo spingerà fuori dai giochi. Non potrà condurre la campagna elettorale, non potrà mettere la firma sulla lista delle Europee.
"Noi avremo un grandissimo risultato alle Europee. Sono in molti a credere che il presidente Berlusconi, in questi anni, sia stato vittima di una persecuzione giudiziaria. Gran parte degli italiani ritengono che sul presidente ci siano state delle attenzioni assolutamente peculiari e particolari. E, comunque, mai le vicende giudiziarie ne hanno sfiorato l'attività politica, di uomo di Stato e Presidente del Consiglio. Inoltre, ritengo che mai nella storia italiana si siano esauriti tre gradi di giudizio in un solo anno. Basterebbe questo a far venire dei dubbi. Sono sicuro, però, che la gente è cosciente di quanto accaduto e anche per questo il presidente Berlusconi gode ancora di un grandissimo seguito. C'è persino chi pensa che ulteriori accanimenti giudiziari potrebbero favorire ulteriormente il partito".
Tornando alle questioni di casa nostra. La campagna elettorale è già iniziata, con toni molto aspri. Lunedì la conferenza stampa di Lolli, Cialente e Pezzopane che hanno benedetto le primarie per la scelta del candidato consigliere regionale aquilano sottolineando come la sua Giunta sia stata incapace di gestire il post terremoto. Neppure un atto, per la città dell'Aquila. Anzi, il tentativo in una notte di maggio di portar via al Capoluogo gli uffici pubblici.
"E' naturale che l'opposizione cerchi di attaccarmi. Inventano storie da oramai cinque anni: hanno detto che abbiamo rubato i soldi per la ricostruzione delle scuole, i soldi dell'Ospedale, che abbiamo tentato scippi mai avvenuti. Alimentare dei sospetti è assai semplice. In realtà, il problema dell'Aquila è l'esistenza di una casta politica di centrosinistra che ha cloroformizzato la città e che mi sembra assolutamente inadeguata. Vivono di sterili polemiche: il loro modo per sopravvivere politicamente è individuare un avversario e cercare di demolirlo. Inventando storie mai accadute. Potrebbero dire qualsiasi cosa: non c'è stato questo perché l'abbiamo impedito, non c'è stato quest'altro perché l'abbiamo impedito. In realtà, sono soltanto dei politici politicanti e finché questa città si affida a politici politicanti non c'è da stupirsi del decadimento che sta vivendo. Il ruolo di Capoluogo non è un mero riconoscimento burocratico, è piuttosto la capacità di attrarre servizi, funzioni, investimenti. E a L'Aquila, tutti sanno dei ritardi accumulati in questo senso da una classe dirigente che invece di rimboccarsi le maniche è stata abile solo nella propaganda. Detto questo, se sono contenti gli aquilani... ognuno è artefice del proprio destino. Le classi dirigenti si scelgono, si valutano e - se non danno risultati - si cambiano".
E a livello regionale?
"Non possono insegnare nulla. Sono la classe dirigente politica che ha distrutto l'Abruzzo, l'ha assaltato, l'ha reso una regione canaglia, con carrozzoni dappertutto, con sedi in Romania e Brasile, con reparti ospedalieri senza primari. Quanto di peggio la politica possa esprimere. Se vogliono tornare, d'accordo. Ci provino. Se gli abruzzesi li faranno tornare, sarà come far tornare i gattopardi che fanno finta di voler cambiare ma, in realtà, non cambiano nulla perché vivono di spesa pubblica, di prebende politiche. E' la storia della nostra Regione. Da quando ci siamo noi, i carrozzoni non ci sono più o comunque sono diminuiti. Così come le tasse, così come il debito. Avevano dei livelli essenziali di assistenza sanitaria bassissimi che noi abbiamo risollevato. A dirlo, il ministero della Salute. Il sistema della sanità privata non aveva regole, controlli, budget. Avevano lasciato prosperare le Comunità montane anche a livello del mare e noi le abbiamo eliminate. Tutto il contrario di una buona amministrazione. I responsabili del fallimento dell'Abruzzo, avvenuto nel 2007, oggi vorrebbero ripresentarsi come coloro capaci di fare meglio. Purtroppo, sono sempre gli stessi".
I sondaggi - a due mesi dal voto - valgono quel che valgono. Fotografano comunque una situazione di sostanziale parità tra le coalizioni di centrodestra e centrosinistra. E' preoccupato dalla larga squadra che sosterrà Luciano D'Alfonso, nove liste che vanno da Sel fino ad alcuni transfughi del centrodestra come Daniele Stati?
"No. Daniela Stati aveva già lasciato il centrodestra tempo fa, scegliendo di passare a Fli. I sondaggi - ha ragione - valgono quel che valgono: se fossero attendibili, Bersani oggi non si troverebbe nella situazione in cui si trova. Resta il fatto che abbiamo la sensazione, andando in giro per il territorio, che la gente sia terrorizzata dal ritorno di un vecchio modo di far politica. Vede, coloro che oggi si presentano alle elezioni avevano ruoli importanti all'interno delle segreterie regionali dei partiti, nominavano gli assessori alla sanità, prendevano decisioni importanti. Il loro ritorno sarebbe una iattura per l'Abruzzo. Confrontandosi due squadre, una che ha risanato l'Abruzzo liberando risorse - dal 2015, avremo ingenti risorse che potremo utilizzare per le politiche di welfare - e l'altra che ha invece distrutto la nostra regione, credo che gli abruzzesi sapranno scegliere. Per questo, sono tranquillo".