Il coronavirus ha fermato i cortei in programma per l'8 marzo ma non la lotta delle donne che oggi, con cartelli e striscioni apparsi in molte città italiane, tornano a rivendicare un welfare universale, un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo. E a denunciare la violenza di genere come fenomeno strutturale, che affonda le radici in rapporti di potere squilibrati e in modelli di genere stereotipati.
Istanze che questa emergenza, che sta ricadendo in gran parte su infermiere, operatrici sanitarie e lavoratrici domestiche e di cura, ha reso ancora più evidenti e urgenti.
Anche a L'Aquila le donne sono tornate a mobilitarsi. Lo avevano annunciato ieri. "Lo strumento dello sciopero - si legge nella nota diffusa dalle attiviste - ci è attualmente sottratto in molti modi. Noi annulliamo il nostro corteo ma non smettiamo di inventare e moltiplicare vie, forme e linguaggi possibili di mobilitazione. Perciò l'8 marzo metteremo in atto pratiche e forme creative e alternative di mobilitazione compatibili con il contenimento del contagio".
"Voglio scuole e università libere dal sessismo; Faccio ricerca, salvo vite ma sono precaria; Voglio decidere sulla mia vita e sui miei desideri": è ciò che si legge sulle tante Matrioske ( diventate il simbolo della lotta femminista della rete Non una di Meno) apparse questa mattina alla Fontana Luminosa. A promuovere l'iniziativa Coordinamento femminista #8marzoaq: Collettivo FuoriGenere, Associazione Donne TerreMutate, Associazione Donatella Tellini (Centro Antiviolenza e Biblioteca delle Donne) ,UdS L'Aquila, Link L'Aquila - Studenti Indipendenti, Udu L'Aquila, Arcigay Massimo Consoli, Non Una Di Meno Valle Peligna, Rete Donne Cgil, Coordinamenti Donne Cisl, Uil, Spi Cgil .
Come detto, le rivendicazioni portate oggi in piazza con varie forme di mobilitazione ci ricordano quanto ci sia di politico in questa emergenza sanitaria. Quanto, oggi più che mai, sia necessario "un'inversione di tendenza. Meno welfare significa aumento del carico del lavoro di cura, ancora oggi svolto in prevalenza dalle donne, una realtà sommersa fino a ieri che oggi diventa evidente 'grazie' a questa crisi: madri, figlie, mogli, babysitter e badanti non possono fermarsi e se la loro salute può essere più o meno tutelata in quanto lavoratrici, il loro ruolo di cura è ignorato e quindi non c'è previsione di misure adeguate a loro tutela. Senza considerare le conseguenze dell'erosione progressiva, messa in campo in questi decenni, dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori: come si tutelano la salute, l'incolumità e il reddito delle cosiddette partite iva, delle lavoratrici e lavoratori atipici, delle disoccupate e disoccupati, del lavoro precario e di quello sommerso?".
"Per noi il diritto alla salute è un tema centrale da sempre - scrivono le attiviste - e in questo momento vogliamo ricordare, tra le altre, le donne e gli uomini, le bambine e i bambini morti a causa delle acciaierie ex-Ilva di Taranto e delle 'terre dei fuochi', gli avvelenamenti progressivi e i disastri ambientali provocati dalle 'grandi opere' e l'epidemia di morti sul lavoro".
Un'emergenza che ci richiama all'urgenza di tutelare le donne vittime di violenza, anche attraverso un sostegno concreto e sistematico ai Centri Antiviolenza. "Le misure precauzionali adottate in questi giorni sono intese a tutela della salute pubblica - proseguono le attiviste - ma non possiamo dimenticare che le misure di quarantena domiciliare rischiano di esasperare situazioni di violenza domestica in un contesto in cui le istituzioni hanno portato avanti la chiusura dei luoghi delle donne e dei centri antiviolenza".
Quella in cui ricade questa giornata internazionale delle donne, è una situazione straordinaria e di comprensibile preoccupazione che ci spinge con ancora maggiore forza a rifiutare ogni forma di razzismo e a rievocare i valori della solidarietà, dell'accoglienza, della collaborazione. Contro il rischio, nel corto circuito comunicativo che ci ha travolti, di buttare in pasto all'opinione pubblica l'ennesimo capro espiatorio e di restare noi stessi vittime di atteggiamenti di intolleranza e di chiusura.
"Questa crisi - sottolineano le attiviste - ha rivelato con estrema chiarezza la vera natura della società in cui viviamo: una società competitiva, individualista e iniqua che marginalizza e reprime gli altri, i più fragili e i più vulnerabili, cancellandoli dal discorso e dallo spazio pubblico. Pur comprendendo le misure adottate rimaniamo vigili e attente verso tutte le misure di sospensione della vita democratica, di repressione del dissenso, di limitazione delle libertà e dei diritti civili e politici fondamentali costituzionalmente garantiti".