Lunedì, 08 Giugno 2020 17:52

Per una riflessione sulla politica cittadina, Serripierro (Articolo 1): "Animare un dibattito pubblico che vada oltre le vicende personali"

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

di Maria Luisa Serripierro* - Caro Nello, ho letto con molta attenzione quanto hai scritto sui destini di questo centro sinistra [qui]. Molte delle tue asserzioni mi trovano d’accordo. Tuttavia vorrei porre l’accento su una questione in particolare. Il PD aquilano, regionale, nazionale (dal quale pure sono uscita per entrare in Articolo1,) non è l’unico colpevole, rispetto a quanto dici a proposito del “riempimento di contenuti” contro lo strapotere della destra.

E’ la sinistra mondiale, ad essere colpevolmente silente, tranne in rari casi.

Questo evidentemente non assolve nessuno, ma mi permetto di dire che i ragionamenti, i pensieri, che hanno animato in questi giorni la città debbano spostarsi su un piano meno personalistico, certamente più politico. Le accuse, i richiami, i plausi, gli sbigottimenti potrebbero essere meglio indirizzati, resi più proficui se approfittando anche delle tue riflessioni riuscissimo ad animare un dibattito pubblico sui valori, le aspettative, persino sui tracolli della politica, cercando di andare oltre le vicende personali.

Ecco, questo potrebbe essere uno dei problemi su cui discutere: il personalismo, la sovrapposizione, anche nella sinistra, di politica e rappresentante.

Quando si dovrebbero rappresentare, su mandato di una comunità, gli interessi di quella stessa comunità e inevitabilmente si finisce per rappresentare se stessi. Credo sia un vizio diffuso, la Storia ci dice che è sempre stato così. Ma in tempi passati il cosiddetto “uomo forte” era colui che incarnava ed esercitava un potere totalizzante, brutale. La cultura politica di destra se ne serviva e se ne serve a profusione. Oggi banalizzando concetti per il governo delle masse, che per l’appunto, più sono banali, maggiormente sono gestibili.

Io credo fortemente ancora nella forma “partito”, con una struttura, ruoli definiti, strumenti capaci di aderire sui territori.

So che questa viene percepita come una forma stantia, non più rispondente alle necessità sociali: ma mi chiedo cosa potrebbe sostituirla. Il movimentismo non mi pare riesca a fornire risposte durature. L’abbattimento e la negazione delle categorie “destra” e “sinistra” si è rivelato un alibi modernista per avviare trasversalità e contaminazioni liberiste, che, mi pare, alla luce di tutti i tentativi fatti negli ultimi vent’anni, non siano riuscite affatto. Non hanno prodotto identità. E la politica, senza identità non funziona.

Mi piacerebbe si discutesse di queste cose, oggi, mentre si agisce per il bene della comunità.

Una volta esistevano le scuole di partito, dove si studiavano queste ed altre cose, da cui si usciva con un’identità, giusta o sbagliata che fosse. E quella identità poi si confrontava con la realtà, con i bisogni. Chi era più bravo riusciva a declinarla incontrando la vita della gente. I meno bravi se la tenevano per sé e la usavano per vivere la propria quotidianità. Ora i confini (o i perimetri, come va di moda dire) si sono allargati talmente tanto da essere scomparsi. O cerchiamo di ridefinirli, o siamo destinati a non tornare più.

*Maria Luisa Serripierro, Articolo 1 L’Aquila

Ultima modifica il Martedì, 09 Giugno 2020 10:56

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