"Era un giovane impegnato politicamente: lo vedevo sempre con libri, opuscoli e giornali di estrema sinistra. Non dava noia agli altri e nello stabile si è sempre comportato bene. Anche nelle discussioni con coloro che dissentivano dalle sue idee non l’ho mai visto eccedere: sempre calmo e tranquillo. Per me era un bravo ragazzo e la notizia della sua morte mi ha sbalordito: stava benissimo ed era pieno di vitalità".
Sono parole di Olga Zanoni, portinaia nel palazzo dove viveva Saverio Saltarelli, intervistata da La Stampa di Torino all'indomani della morte del giovane studente abruzzese.
"Era iscritto al terzo anno di giurisprudenza. Originario di Pescasseroli, da 7 anni viveva a Milano con la sorella Loretta, di 30 anni, infermiera in una clinica privata; i due avevano trovato un modesto alloggio, di due stanze più i servizi, all’ultimo piano di un vecchio stabile a Porta Ticinese", leggiamo nell'articolo. "Saverio Saltarelli, un giovane mingherlino col volto incorniciato da una folta barba per cui la chiamavano con l’appellativo di 'Carlo Marx', militava nel Gruppo anarchico internazionalista. Per pagarsi gli studi faceva il fotografo e si era specializzato in matrimoni, battesimi, e altre cerimonie familiari. Appassionato di musica, faceva anche l’orchestrale alla casa musicale Ricordi".
Le grandi passioni di Saverio, oltre la politica: la fotografia e la musica.
Saltarelli era nato il 25 maggio 1947 a Pescasseroli, borgo montano della provincia dell’Aquila, da una famiglia di pastori; ancora adolescente, seguiva il padre sulle montagne abruzzesi per pascolare il gregge.
A quindici anni venne introdotto in seminario: non potendo pagare la retta, si disobbligava facendo il legatore e l’elettricista.
Seppure ancora giovanissimo, Saverio aveva maturato così una profonda coscienza sociale: a Pescasseroli contribuisce alla costituzione di un collettivo di giovani compagni, orientandoli nella lotta contro la speculazione edilizia e lo sfruttamento della classe lavoratrice precaria e minorile, gettando le basi per una profonda trasformazione democratica e ambientalista; si batte, in particolare, per alleviare la condizione degli stagionali edili costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno e, soprattutto, si schiera contro la devastazione del Parco nazionale d’Abruzzo, organizzando le prime manifestazioni di piazza.
Trasferitosi a Milano dalle sorelle maggiori nel 1963, all’età di sedici anni, s’iscrive al Liceo Berchet.
Non sarà facile integrarsi, abituato com'era a parlare in dialetto e catapultato da un collegio della piccola Pescasseroli ad un liceo di Milano; dovrà fare i conti con l’ostilità sociale di alcuni dei rampolli dell'alta borghesia meneghina che frequentano il ginnasio e non vedono di buon occhio che il figlio di un pastore frequenti il loro prestigioso liceo. Tuttavia, le sue umili origini non lo imbarazzavano affatto; anzi, ne era fiero. Si racconta che un giorno prese a pugni il figlio di un chirurgo che lo stava prendendo in giro dandogli del pastore.
Di origine cattolica, Saltarelli si ritrova come professore Don Giussani con cui seguirà l'intero percorso fino all'ultimo anno di studi liceali.
Finito il Liceo, Saverio decise di iscriversi a Giurisprudenza, l'unica facoltà che sentiva potesse dare risposta alle sue inquietudini, che potesse aiutarlo a mettere a frutto i valori che sentiva profondamente di equità e giustizia.
E’ qui che vive la sua maturazione politica, iniziando la frequentazione dei comunisti internazionalisti; si terrà alla larga dal Movimento studentesco, lo giudicava confusionario e pieno di ‘figli di papà’.
Non poteva studiare a tempo pieno; le difficoltà economiche della famiglia lo costringevano a lavorare; fece un po’ di tutto, anche il fattorino ai supermercati, e il facchino ai mercati generali. Eppure, era pieno di vitalità: riusciva a conciliare lo studio, il lavoro e l’impegno politico.
Il 12 dicembre 1970 aveva 23 anni: era regolarmente iscritto al terzo anno della facoltà di Legge. Fino a poche ore prima era in biblioteca, a studiare: venne ammazzato in piazza, da un lacrimogeno sparato ad altezza uomo. Stava manifestando per chiedere verità e giustizia per i morti di Piazza Fontana, sostenendo l’innocenza di Pietro Valpreda e Giuseppe Pinelli e denunciando il ruolo dello Stato nella strage. Aveva ragione lui.
La prima puntata: 12 dicembre 1970: una giornata cupa a Milano
La seconda puntata: "La repressione colpisce gli operai, il revisionismo li disarma"
La terza puntata: La diciannovesima vittima, dimenticata
La quarta puntata: Incrocio di destini