Lunedì, 21 Luglio 2014 04:30

Case e Map, la Procura della Corte dei Conti: "Gravi noncuranze nella gestione"

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"Non sostenibili, pretestuose e prive di riscontro nella realtà dei fatti".

Il vice procuratore della Corte dei Conti Roberto Leoni definisce così le argomentazioni opposte dal sindaco Cialente, dagli assessori Moroni e Pelini e dalla dirigente Del Principe alle accuse e ai rilievi mossi dalla stessa Procura regionale della magistratura contabile nell'atto di citazione inviato il 7 luglio scorso.

Un documento di trentasei pagine - di cui NewsTown è entrato in possesso e di cui è in grado di rendervi conto nel dettaglio - che non fa sconti a nessuno dei quattro amministratori e che confuta punto su punto le controdeduzioni da essi prodotte in memorie difensive depositate presso la stessa Procura.

La citazione contiene anche una serie di cifre e di dati molto diversi da quelli forniti nei giorni scorsi dai diretti interessati.


Le accuse

Cialente e gli altri, com'è noto, sono accusati di aver provocato al Comune dell'Aquila un danno erariale da quasi 12 milioni di euro (11 milioni e 871 mila la cifra esatta) per non aver dato esecuzione a due delibere, la 171 e la 172 del 2011, votate dal consiglio comunale per fissare i paletti dei pagamenti dei cosiddetti canoni di compartecipazione spettanti agli assegnatari degli appartamenti Case, Map, Fondo Immobiliare e affitto concordato.

Quelle delibere, tra le altre cose, prevedevano l'obbligo, da parte del Comune, di sfrattare i morosi e gli insolventi e di riassegnare gli alloggi tolti a questi ultimi ai percettori del contributo di autonoma sistemazione. Cosa che, però, il Comune - nelle persone, appunto, di Cialente, Pelini, Moroni e della Del Principe - non ha fatto. I casi contestati dalla Procura della Corte sono 817, molti di più, dunque, delle 326 famiglie morose di cui hanno parlato il vice presidente regionale Giovanni Lolli e la senatrice Stefania Pezzopane la scorsa settimana in una conferenza stampa convocata dal Pd per manifestare appoggio e solidarietà a Cialente

Il danno erariale, si legge nel documento, "non si riferisce alla mancata riscossione di canoni di compartecipazione e di canoni d’utenza vari dovuti dagli occupanti degli immobili. Il danno è invece quello del tutto attuale e non più emendabile, della mancata esecuzione delle delibere consiliari (171 e 172 del 2011) in base alle quali l’insolvenza protratta per il termine ivi stabilito avrebbe provocato la perdita del diritto di occupazione: conseguentemente gli immobili resisi liberi a seguito della perdita del diritto da parte degli insolventi (molti), avrebbero potuto essere assegnati ai percettori del contributo di autonoma sistemazione (Cas) derivandone il risparmio”.


Gli accusati: "Noi non c'entriamo"

Sono varie le argomentazioni fornite dagli accusati nelle memorie difensive depositate nel marzo scorso. Sono tutte riepilogate dal procuratore Leoni nell'atto di citazione. Tutti negano qualunque tipo di responsabilità, anche indiretta, e contestano la quantificazione del danno prospettata dalla Corte dei Conti.

Cialente e Moroni, in particolare, affermano che il Comune, da anni sotto organico, non aveva il personale necessario né per verificare le posizioni reddituali delle singole famiglie assegnatarie né per avviare le procedure di sfratto nei confronti dei morosi.

Dare esecuzione agli sfratti, inoltre, sarebbe stato antieconomico perché avrebbe comportato, per l'Ente, ulteriori esborsi di denaro e aggravi di spesa; avrebbe reso necessario un nuovo censimento della popolazione assistitita e, poiché bisognava trovare una nuova sistemazione a 817 famiglie, avrebbe scatenato problemi di ordine pubblico.

Argomentazioni in parte ricalcate anche dalla linea difensiva di Pelini, che, da parte sua, aggiunge di non aver mai ricevuto - pur essendo, all'epoca dei fatti contestati, assessore all'assistenza della popolazione, carica che peraltro conserva tutt'ora - una delega specifica per la gestione, amministrativa e finanziaria, del patrimonio immobiliare del Progetto Case.

Citata dalla Corte dei Conti in quanto dirigente, nel periodo preso in considerazione dall'indagine, del settore Ufficio Progetti Case-Map e Autonoma Sistemazione, Patrizia Del Principe afferma a sua discolpa che il proprio incarico non comprendeva né la verifica dei requisiti di assegnazione degli alloggi né il monitoraggio dei pagamenti e l'accertamento delle morosità.

Il falso argomento dello "sconvolgimento sociale"

"Io non sfratto dei disperati che non possono pagare. Lo faccia lo Stato". E' stata questa la risposta - affidata a una lettera dai toni molto accesi indirizzata ai massimi organi istituzionali, compreso il Presidente della Repubblica – data in sostanza da Cialente alla Procura della Corte dei Conti. La maggior parte delle famiglie morose, dice Cialente, sono impossibilitate a pagare; il Comune non ha proceduto agli sgomberi per scongiurare una vera e propria emergenza sociale.

Il sindaco aveva detto le stesse cose – aveva paventato cioè il rischio di uno sconvolgimento sociale - anche nell'audizione tenuta nel febbraio scorso proprio davanti la Procura della Corte dei Conti.

Ma, scrive Leoni, "sono argomentazioni del tutto incomprensibili”. Il procuratore va giù duro nei confronti di Cialente, di cui ricorda “i continui – e infondati - richiami a possibli confilitti sociali, che sarebbero potuti discendere dall'esecuzione rigorosa delle delibere consiliari” e l'uso dell' ”allarme sociale come mezzo d'alleviamento della sua responsabilità”. Queste e altre argomentazioni “agitate” dal sindaco, secondo il procuratore, “si connotano per le pregiudizianli preoccupazioni che egli covava di perdere consenso nell'ipotesi dell'attuazione delle delibere”.

Insomma, a detta della Procura della Corte dei Conti, quello dell'emergenza sociale è un falso argomento, anche perché gli incapienti sono molti di meno rispetto a quelli indicati dal Comune. E sarebbe stato preciso compito di quest'ultimo individuare furbetti e falsi poveri: "Il Comune avrebbe potuto distinguere (ma non l’ha fatto, avendo omesso di verificare in concreto le singole posizioni per lasciare che il pagamento dei canoni e delle utenze fosse rimesso al senso di responsabilità e al civismo individuali), i pochi morosi di necessità, legati a particolari condizioni di bisogno materiale, dai molti morosi di comodo” .

Capzioso, secondo la Corte dei Conti, è anche il ragionamento dell'antieconomicità degli sfratti: secondo Cialente, dare una sistemazione alternativa a tutte le famiglie cacciate dal Progetto Case - in caserme, alberghi e altre strutture ricettive – avrebbe significato, per il Comune, accollarsi spese ancora maggiori.

Ma una volta individuati e cacciati i furbetti (la maggioranza degli insolventi, secondo la Procura), il Comune non avrebbe dovuto ricollocarli altrove ma semplicemente togliere loro ogni forma di assistenza: "la perdita del beneficio dell’alloggio in Case o Map – spiega sempre Leoni – si sarebbe risolta, per i morosi di comodo, nella perdita di ogni altro diritto all’assistenza abitativa a cura della pubblica autorità, causato da un riprovevole e dolosa evasione dall’obbligo di contribuire e condizioni meno onerose di quelle sopportate per la locazione ante sisma, obbligandoli a loro carico a provvedersi di un alloggio, sostenendone le spese relative. Il Comune sul piano teorico e programmatico, ha ben agito nel porre i limiti contenuti nelle delibere consiliari e sarebbe stato obbligo dei responsabili dell’attuazione darvi il necessario seguito concreto".


Il comodato d'uso gratuito

Un'altra delle argometazioni difensive usate dagli accusati è la seguente: come si fa a parlare di morosità per assegnatari di alloggi, quali Case e Map, concessi in comodato d'uso, un tipo contratto di solito improntato a gratuità?

"Questo argomento non ha alcun pregio" scrive il procuratore Leoni, prima di tutto perché sono state proprio le delibere consiliari del dicembre 2011 ad aver introdotto una distinzione tra un regime di gratuità, valido solo nei confronti degli assegnatari già proprietari di abitazione danneggiata, e un regime di onerosità, per tutti quegli assegnatari che, alla data del terremoto, erano in affitto. E sono sempre le medesime due delibere ad aver stabilito che la morosità è una delle condizioni in presenza delle quali c'è "l'annullamento e la decadenza delle assegnazioni". E' dunque singolare, afferma il procuratore, che siano stati disattesi, dal sindaco, da due assessori e da un alto funzionario del Comune, due provvedimenti partoriti dall'organo politico dell'Ente che “corrispondono ad una precisa e non controversa scelta gestionale”.

In secondo luogo, che i canoni di compartecipazione debbano essere corrisposti dagli assegnatari (nei limiti fissati dalla legge regionale per la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), è scritto nero su bianco, senza possibilità di fraintendimento, nei decreti sindacali di assegnazione degli alloggi. Il che vuol dire che, una volta stabilito che per vivere in quegli appartamenti bisognava pagare, il Comune avrebbe dovuto anche “procedere all'accertamento, alla riscossione e alla sanzione”. Cosa che non ha fatto.


Le carenze del personale

Altro rilievo mosso dalla Procura della Corte dei Conti nei confronti degli accusati riguarda le presunte carenze di organico in seno ai vari settori comunali a causa delle quali non sarebbe stato possibile fare i dovuti accertamenti previsti dal testo delle delibere. Ciò non sarebbe vero, per due motivi. Anzitutto “nella discussione consiliare” scrive il procuratore “mai emerge né da parte del sindaco, né degli assessori né dei consiglieri comunali di maggioranza e opposizione, alcun problema circa l'impossibilità di provvedere conformemente quanto disposto dalle delibere per carenza di adeguate risorse umane e finanziarie”.

Inoltre, nota sempre Leoni, per fare un'operazione di controllo e verifica non sarebbero servite chissà quali risorse umane o finanziarie. Basti dire che un anno dopo l'entrata in vigore delle delibere, di fronte a tassi di morosità del 30%, il Comune  stipulava una convenzione con la Guardia di Finanza finalizzata a stanare i furbetti e a individuare tutte le altre illegittimità nella gestione dell'assistenza alla popolazione. Ebbene, osserva il procuratore, in pochissimo tempo e con sole due unità di personale, la Guardia di Finanza è riuscita ad assicurare tutti i dati che hanno poi portato all'individuazione di tutte le situazioni di morosità, su parte delle quali lo stesso Comune ha intrapreso azioni di recupero crediti.

"Non sostenibili, pretestuose e prive di riscontro nella realtà dei fatti".

Il vice procuratore della Corte dei Conti Roberto Leoni definisce così le argomentazioni opposte dal sindaco Cialente, dagli assessori Moroni e Pelini e dalla dirigente Del Principe alle accuse e ai rilievi mossi dalla stessa procura regionale della magistratura contabile nell'atto di citazione inviato il 7 luglio scorso.

Un documento di trentasei pagine, di cui NewsTown è entrato in possesso e di cui è in grado di rendervi conto nel dettaglio.

Le accuse

Cialente e gli altri
tre amministratori del Comune dell'Aquila, com'è noto, sono accusati di aver provocato all'Ente un danno erariale da quasi 12 milioni di euro (11 milioni e 871 mila la cifra esatta) per non aver dato esecuzione a due delibere, la 171 e la 172 del 2011, votate dal consiglio comunale per fissare i paletti dei pagamenti dei cosiddetti canoni di compartecipazione spettanti agli assegnatari degli appartamenti Case, Map, Fondo Immobiliare e affitto concordato.

Quelle delibere, tra le altre cose, prevedevano l'obbligo, da parte del Comune, di sfrattare
i morosi e gli insolventi e di riassegnare gli alloggi tolti a questi ultimi ai percettori del contributo di autonoma sistemazione. Cosa che, però, il Comune - nelle persone, appunto, di Cialente, Pelini, Moroni e della Del Principe - non ha fatto. I casi contestati dalla Procura della Corte sono 817.

Il danno erariale, si legge nel documento, "non si riferisce alla mancata riscossione di canoni di compartecipazione e di canoni d’utenza vari dovuti dagli occupanti degli immobili. Il danno è invece quello del tutto attuale, della mancata esecuzione delle delibere consiliari (171 e 172 del 2011) in base alle quali l’insolvenza protratta per il termine ivi stabilito avrebbe provocato la perdita del diritto di occupazione: conseguentemente gli immobili resisi liberi a seguito della perdita del diritto da parte degli insolventi (molti), avrebbero potuto essere assegnati ai percettori del contributo di autonoma sistemazione (Cas) derivandone il risparmio”.

Gli accusati: "Noi non c'entriamo"

Sono varie le argomentazioni fornite dagli accusati nelle memorie difensive depositate nel marzo scorso. Sono tutte riepilogate dal procuratore Leoni nell'atto di citazione. Tutti, comunque, negano qualunque tipo di reponsabilità, anche indiretta, e contestano la quantificazione del danno prospettata dalla Corte dei Conti.

Cialente e Moroni, in particolare, affermano che il Comune, da anni sotto organico, non aveva il personale necessario né per verificare le posizioni reddituali delle singole famiglie assegnatarie né per avviare le procedure di sfratto nei confronti dei morosi.

Dare esecuzione agli sfratti, inoltre, sarebbe stato antieconomico perché avrebbe comportato, per l'Ente, ulteriori esborsi
di denaro e aggravi di spesa; avrebbe reso necessario un nuovo censimento della popolazione assistitita e, poiché bisognava trovare una nuova sistemazione a 817 famiglie sfrattate, avrebbe scatenato problemi di ordine pubblico.

Argomentazioni in parte ricalcate anche dalla linea difensiva di Pelini, che, da parte sua, aggiunge di non aver mai ricevuto - pur essendo, all'epoca dei fatti contestati, assessore all'assistenza della popolazione -
una delega specifica per la gestione, amministrativa e finanziaria, del patrimonio immobiliare del Progetto Case.

Citata dalla Corte dei Conti in quanto dirigente, nel periodo preso in considerazione dall'indagine, del settore Ufficio Progetti Case-Map e Autonoma Sistemazione, Patrizia Del Principe afferma a
sua discolpa che il proprio incarico non comprendeva né la verifica dei requisiti di assegnazione degli alloggi né il monitoraggio dei pagamenti e l'accertamento delle morosità.

Il falso argomento dello "sconvolgimento sociale"

"Io non sfratto dei disperati che non possono pagare. Lo faccia lo Stato". E' stata questa la risposta - affidata a una lettera dai toni molto accesi indirizzata ai massimi organi istituzionali, compreso il Presidente della Repubblica – data in sostanza da Cialente alla Procura della Corte dei Conti. La maggior parte delle famiglie morose, dice Cialente, sono impossibilitate a pagare. ll Comune non ha proceduto agli sgomberi per scongiurare una vera e propria emergenza sociale.

Il sindaco, la cui posizione è stata difesa
e rilanciata anche dai vertici locali del Partito democratico, aveva detto le stesse cose – aveva paventato cioè il rischio di uno sconvolgimento sociale - anche nell'audizione tenuta nel febbraio scorso proprio alla Procura della Corte dei Conti.

Ma, scrive Leoni, "sono argomentazioni del tutto incomprensibili”
e poi va giù duro, specialmente nei confronti di Cialente, di cui ricorda “I continui – e infondati -richiami a possibli confilitti soiali che sarebbero potuti discendere dall'esecuzione rigorosa delle delibere consiliari” e l'uso dell'”allarme sociale come mezzo d'alleviamento della sua responsabilità”. Queste e altre argomentazioni “agitate” dal sindaco, secondo il procuratore, “si connotano per le pregiudizianli preoccupazioni che egli covava di perdere consenso nell'ipotesi dell'attuazione delle delibere”.

I
nsomma, a detta della Corte dei Conti quello dell'emergenza sociale è un falso argomento, anche perché gli incapienti sono molti di meno di quelli indicati dal Comune. Sarebbe stato preciso compito di quest'ultimo individuare furbetti e falsi poveri: "Il Comune avrebbe potuto distinguere (ma non l’ha fatto, avendo omesso di verificare in concreto le singole posizioni per lasciare che il pagamento dei canoni e delle utenze fosse rimesso al senso di responsabilità e al civismo individuali), i pochi morosi di necessità, legati a particolari condizioni di bisogno materiale, dai molti morosi di comodo” .

Capzioso, secondo la Corte dei Conti, è anche il ragionamento dell'antieconomicità degli sfratti:
dare una sistemazione alternativa a tutte le famiglie cacciate dal Progetto Case - in caserme, alberghi e altre strutture ricettive – avrebbe significato, per il Comune, accollarsi spese ancora maggiori.

Ma una volta individuati e cacciati i furbetti (la maggioranza) il Comune non avrebbe dovuto ricollocarli da qualche altra parte ma semplicemente togliere loro ogni forma di assistenza: "la perdita del beneficio dell’alloggio in Case o Map – spiega sempre Leoni – si sarebbe risolta, per i morosi di comodo, nella perdita di ogni altro diritto all’assistenza abitativa a cura della pubblica autorità, causato da un riprovevole e dolosa evasione dall’obbligo di contribuire e condizioni meno onerose di quelle sopportate per la locazione ante sisma, obbligandoli a loro carico a provvedersi di un alloggio, sostenendone le spese relative. Il Comune sul piano teorico e programmatico, ha ben agito nel porre i limiti contenuti nelle delibere consiliari e sarebbe stato obbligo dei responsabili dell’attuazione darvi il necessario seguito concreto".

Il comodato d'uso gratuito

Un'altra delle argometazioni difensive addotte dagli accusati è questa: come si fa a parlare di morosità per assegnatari di alloggi, quali Case e Map, concessi in comodato d'uso, un tipo contratto di solito improntato a gratuità?

"Questo argomento non ha alcun pregio" scrive il procuratore Leoni, prima di tutto perché sono
state proprio le delibere consiliari del dicembre 2011 ad aver introdotto una distinzione tra un regime di gratuità, valido solo nei confronti degli assegnatari già proprietari di abitazione danneggiata, e un regime della onerosità, per tutti quegli assegnatari che alla data del terremoto erano in affitto. E sono sempre le due delibere ad aver stabilito che la morosità è una delle condizioni in presenza delle quali c'è "l'annullamento e la decadenza delle assegnazioni". E' dunque singolare, afferma il procuratore, che siano stati disattesi, dal sindaco, da due assessori e da un alto funzionario del Comune, due provvedimenti partoriti dall'organo politico dell'ente che “corrispondono ad una precisa e non controversa scelta gestionale”.

In secondo luogo, che i canoni di compartecipazione debbano essere corrisposti dagli assegnatari (nei limiti fissati dalla legge regionale per la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), è scritto nero su bianco, senza possibilità di fraintendimento, nei decreti sindacali di assegnazione degli alloggi.
Una volta stabilito che per vivere in quegli appartamenti bisognava pagare, insomma, il Comune avrebbe dovuto anche “procedere all'accertamento, alla riscossione e alla sanzione”. Cosa che non ha fatto.

Le carenze del personale

Altro rilievo mosso dalla Procura della Corte dei Conti nei confronti degli accusati riguarda le presunte carenze di organico in seno ai vari settori comunali, che avrebbero reso inapplicabili le delibere.
Ciò non sarebbe vero, per due motivi. Anzituttonella discussione consiliare” scrive il procuratore “mai emerge né da parte del sindaco, né degli assessori né dei consiglieri comunali di maggioranza e opposizione, alcun problema circa l'impossibilità di provvedere conformemente quanto disposto dalle delibere per carenza di adeguate risorse umane e finanziarie”.

Inoltre,
nota sempre Leoni, per fare un'operazione di controllo e verifica non sarebbero servite chissà quali risorse. Basti dire che un anno dopo l'entrata in vigore delle delibere, di fronte a tassi di morosità del 30%, il Comune stipulava una convenzione con la Guardia di Finanza finalizzata a stanare i furbetti e a individuare tutte le altre illegittimità nella gestione dell'assistenza alla popolazione. Ebbene, osserva il procuratore, in pochissimo tempo e con sole due unità di personale, la Guardia di Finanza è riuscita ad assicurare le le risultanze de'elaborazione dati.

Ultima modifica il Lunedì, 27 Aprile 2015 17:42

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