L’Aquila ieri mattina si è svegliata con una notizia che ha fatto ribollire di rabbia gran parte della città, una notizia che ha riportato indietro nel tempo, che è andata a sconvolgere le pagine della storia di questo territorio.
Parliamo dell’emanazione della sentenza che riguarda le 24 vittime che morirono in via campo di fossa il 6 aprile del 2009 a causa del sisma che cambiò per sempre le vite degli aquilani. Come abbiamo già scritto (CLICCA QUI) nella sentenza in questione di fatto si addossa il 30 % di colpa alle 24 vittime del crollo, che secondo il giudice sarebbero state incaute nel rimanere a casa dopo la scossa di terremoto del 5 aprile, quella, registrata poco dopo la mezzanotte del 6.
La risposta della città non è tardata ad arrivare. Sui social già pochi secondi dopo la diffusione della notizia è partito un forte movimento di indignazione, che pian piano è andato crescendo e ha generato un tam tam telefonico che ha portato all’organizzazione dal basso di una manifestazione pubblica, di un presidio, al fine di non restare in silenzio dinanzi a ciò che appare come una mancanza di rispetto per coloro che non ci sono più, ma anche per chi c’è ancora e sa bene come sono andate le cose.
Nella serata di ieri il parco della memoria, a Piazzale Paoli, si è riempito di un centinaio di persone, che imperterrite, nonostante la pioggia, si sono incontrate portando un cartello con su scritto “Voglio anch’io il 30% di responsabilità”. È stato un esempio di ciò che vuol dire memoria, ovvero ricordo consapevole e difesa della verità, dunque monito dinanzi ad ogni tipo di ingiustificato revisionismo.
La città si è stretta nel luogo del ricordo per gridare la propria rabbia e la propria frustrazione, per tentare di vincere il senso di impotenza da cui in questi anni troppo spesso si è sentita pervasa, che spesso ha tentato di colmare ricostruendosi in una comunità coesa.
Ieri sera la società civile ha chiesto di porre fine alla tendenza che porta a colpevolizzare le vittime, ha chiesto una politica responsabile, una giustizia davvero giusta, qualcun altro ha chiesto rispetto, altri hanno gridato “Vergogna”, altri ancora hanno preferito il silenzio. Qualcuno ha voluto ricordare quella notte. Quei momenti quella precarietà che ci rese tutti incauti, quel non sapere se restare dentro fuori o se fuggire via, il più lontano possibile, mentre lo stato invitava a bere buon vino.
Chi è stato il vero incauto non sta a noi dirlo…
Il peso di questa sentenza, che ricordiamo è solo in primo grado e proseguirà con l’appello, non riguarda solo l’ambito giuridico, le parole che sono state scritte pesano come macigni, perché oltre le sentenze vanno rispettate anche le persone.
La commissione grandi rischi è stata tutta assolta tranne uno, ricordiamo il processo che vide l’intera città in tensione; invece, alle vittime viene imposta la responsabilità.
Se quei 24 volti che oggi non ci sono più hanno il 30% di responsabilità allora ce l’abbiamo tutti, siamo tutti responsabili.
Responsabili di aver creduto, di aver vissuto la tensione di uno sciame sismico durato per mesi, la responsabilità di aver continuato a vivere, la responsabilità di non esser fuggiti a gambe levate, la responsabilità di aver creduto a chi parlava di “situazione normale” e metteva su operazioni mediatiche.
Sì, queste responsabilità ce le abbiamo tutte. Ma fidatevi a saperlo non ce le saremmo accollate…