Cosa succede nel Pd abruzzese? Malgrado la vittoria riportata alle ultime elezioni regionali, i democratici sembrano attraversare una fase di impasse.
Senza guida da mesi – l'attuale segretario, l'uscente Silvio Paolucci, è ormai impegnato a tempo pieno come assessore alla Sanità e al Bilancio – il partito non riesce nemmeno a fissare una data per il congresso dal quale dovrebbe uscire il nome del nuovo segretario.
Dopo una serie infinita di annunci, rinvii e disdette, questa settimana sembrava fosse finalmente giunto il momento. Invece la direzione regionale fissata per il 4 ottobre, nel corso della quale si sarebbe dovuto approvare il regolamento congressuale e dare via ai lavori nei circoli, è stata rimandata un'altra volta a data da destinarsi.
Il motivo sarebbero le concomitanti elezioni provinciali (quelle di 2° livello). Tuttavia molti iscritti si chiedono che nesso ci sia tra le due cose. C'è chi accusa l'attuale dirigenza di voler fare melina e qualcuno invoca persino l'intervento della commissione nazionale di garanzia qualora dovessero accumularsi altri ritardi.
Silvio Paolucci, per rassicurare gli animi, ha dichiarato che si tratta solo di piccoli slittamenti e che il congresso si farà a novembre. Anche se, da regolamento, avrebbe già dovuto svolgersi.
Tutto questo tergiversare è anche un segno di come quello congressuale sia un appuntamento al quale il partito si avvia senza troppi entusiasmi.
Un calo di attenzione e passione abbastanza in linea con quello registrato in molte altre regioni dove si è già votato e dove l'affluenza è stata bassissima.
Ultimo caso, abbastanza emblematico, sono state le primarie di domenica scorsa in Emilia Romagna vinte da Stefano Bonaccini. Sebbene la posta in gioco fosse diversa (si votava non per eleggere il segretario regionale ma per scegliere il candidato presidente), il dato sull'affluenza (58mila persone) è abbastanza indicativo di come uno strumento che è stato da sempre un fatto identitario del Pd – le primarie basate sula partecipazione della base - abbia perso gran parte del suo appeal.
Sono gli effetti del “nuovismo” di Matteo Renzi. Come ha scritto Marco Damilano sull'Espresso, “dopo sei mesi di doppio incarico renziano, premier e segretario, il Pd si ritrova con una inattesa valanga di voti che piomba su un partito svuotato di idee, uomini, partecipazione. E di risorse economiche”.
E quello che succede a livello nazionale sta accadendo, in piccolo, anche in Abruzzo, dove il Pd sembra subire l'effetto combinato dell'onda lunga del successo di Renzi alle ultime primarie nazionali e alle europee (un successo che ha svuotato di significato politico le consultazioni locali, dove ormai non si confrontano contenuti e visioni politiche diverse ma solo differenti modi di interpretare il renzismo) e del trionfalismo legato alla vittoria elettorale di Luciano D'Alfonso. Il quale, però, ad appena quattro mesi dalle elezioni, sembra stia facendo di tutto per smarcarsi dal partito a cui è iscritto e di cui in passato è stato anche segretario regionale.
L'entusiasmo per la vittoria di D'Alfonso ha impedito al Pd di fare un'analisi lucida del risultato elettorale. Che in realtà è stato molto meno brillante di quanto sembri. A livello regionale, infatti, il Pd si è fermato al 25%, un dato bel al di sotto sia del 41% ottenuto dal partito alle europee sia del 46% con cui D'Alfonso ha prevalso su Chiodi.
Lo stesso D'Alfonso, del resto, in campagna elettorale si era ben guardato dal rimarcare la sua appartenenza al Pd, preferendo di gran lunga dare di sé l'immagine di candidato civico. Anche per questo aveva voluto, a sostegno della propria candidatura, ben tre liste apartitiche (anche se piene di candidati provenienti dai partiti).
Dall'unione di due di queste liste, Valore Abruzzo e Regione Facile, è nato, qualche giorno fa, quello che sulla carta è solo un movimento ma che in realtà è un vero e proprio partito del presidente, con tanto di ufficio centrale e di articolazioni territoriali.
La verità è che dopo le elezioni del maggio scorso il Pd abruzzese si è eclissato, appiattendosi sull'agenda dalfonsiana e restando in silenzio dinanzi a molte questioni politiche decisive. Come, per esempio, la riforma della Regione fatta approvare prima di Ferragosto o la questione del lavoro, nonostante le tante crisi aziendali scoppiate negli ultimi mesi. Su queste come su altre questioni, non ultima quella delle quote di compartecipazione, il partito ha fatto mancare una sua visione e una sua proposta, preferendo sposare in toto la posizione della giunta, dove siede il suo segretario.
“Sembra che le discussioni, quando ci sono, non avvengano nelle sedi deputate ma sui giornali e sulla stampa” dice Paolo Della Ventura.
Civatiano, membro dell'assemblea nazionale, aquilano di origini molisane, Della Ventura è l'unico esponente del partito che abbia manifestato pubblicamente la volontà di candidarsi al congresso.
“Un partito” afferma Della Ventura “deve basarsi sul coinvolgimento e la mobilitazione della base, dei propri iscritti anzitutto ma anche degli elettori, che sono una risorsa in termini di capitale umano. Le decisioni vanno prese consultando le persone, non vanno calate dall'alto. Sul tema del lavoro, ad esempio, dovrebbero esserci assemblee aperte a tutti. Così come su molte altre questioni che interessano la nostra Regione, dall'ambiente – penso ad esempio a Ombrina Mare o al metanodotto Snam – alla ricostruzione dell'Aquila. Il futuro dell'Abruzzo dipende da come riusciremo a legare il tema dell'economia a quello dell'ambiente. Invece finora il dibattito e il confronto su questi temi è mancato. E' un peccato perché c'è grande voglia di partecipazione”.
Secondo Della Ventura, il partito dovrebbe avere autonomia di scelte e di indirizzo, e questo è possibile solo separando e tenendo ben distinte le funzioni politiche da quelle amministrative e di governo. Chi amministra, insomma, non può avere anche incarichi di partito.
Oltre a quello di Della Ventura, che comunque resta l'unico ad essere uscito allo scoperto, gli altri nomi circolati nelle scorse settimane per una candidatura sono quelli di Alexandra Coppola (membro della direzione nazionale del Pd), Stefano Albano (segretario del Pd dell’Aquila, anche se lui ha smentito); Alessandro Marzoli (vice presidente del Consiglio comunale di Chieti), Marco Rapino (segretario regionale dei giovani democratici), e Andrea Catena (coordinatore della segreteria regionale).
Tornando al congresso, se i candidati saranno tre si faranno direttamente le primarie aperte, estese cioè anche ai non iscritti. Se invece saranon più di tre ci sarà un'ulteriore scrematura affidata a una fase interna (primarie riservate ai soli iscritti) per selezionarne tre.