A chiudere per primo, a giugno, sarà Sulmona. A seguire, entro ottobre, toccherà, nell'ordine, a Ortona, Penne e Atri.
Parliamo dei quattro punti nascita di cui la Regione, con un piano concordato con il tavolo governativo di monitoraggio della sanità, ha disposto la soppressione.
A nulla sono valse le proteste messe in atto nelle scorse settimane dai comitati cittadini e la battaglia politica combattuta da alcuni consiglieri regionali, anche di maggioranza, e dai sindaci delle città dove si trovano gli ospedali coinvolti.
I numeri sono numeri, la sanità abruzzese è ancora commissariata. Il taglio dei quattro punti nascita fa parte di quelle misure draconiane di razionalizzazione e taglio dei costi per rientrare dal deficit e tornare a un regime normale. Un'opera di spending review iniziata, com'è noto, con la legislatura di Gianni Chiodi e non ancora conclusasi.
Certo tutto questo stride molto con la sanità che doveva “coccolare” e “prendere in braccio” i cittadini di cui aveva parlato Luciano D'Alfonso lo scorso anno in campagna elettorale. D'Alfonso aveva criticato l'approccio troppo freddo e “ragionieristico” usato dall'ex presidente Chiodi nel trattare i problemi della sanità regionale.
Una volta eletto, però, e diventato, come il suo precedessore, commissario alla sanità, l'ex sindaco di Pescara non ha potuto far altro che proseguire nello stesso solco tracciato dalla vecchia giunta.
Anche Silvio Paolucci, meno di due anni fa, quando era segretario regionale del Pd, attaccava Chiodi proprio sui punti nascita: “L’annuncio sulla salvaguardia di soli 9 punti nascita in Abruzzo conferma che Chiodi sta usando un solo criterio nella riforma della sanità: l’accetta. Nessun altro criterio viene preso in considerazione, ed è semplicemente una scelta miope. Chiudere una struttura come Ortona è antieconomico e controproducente".
La cancellazione dei punti nascita di Penne, Ortona, Atri e Sulmona sono state stabilite tenendo conto di un parametro quantitativo: il numero delle nascite calcolato nell'arco di un anno. Una struttura con meno di 500 parti l’anno non è considerata sicura e quindi deve essere cancellate.
Il cronoprogramma delle chiusure è stato deciso ieri al termine di un incontro tra l'assessore regionale alla Sanità Silvio Paolucci e i manager delle quattro Asl abruzzesi: Giancarlo Silveri (L'Aquila), Roberto Fagnano (Teramo), Claudio D’Amario (Pescara) e Francesco Zavattaro (Chieti)
Il problema, adesso, sarà adeguare, ampliandole, le sale parto e le sale emergenza degli ospedali - quelli di Teramo, Chieti, Vasto e Avezzano – che dovranno compensare i punti nascita soppressi. Dovranno essere effettuati dei lavori in tempi relativamente brevi. Solo per Teramo, ad esempio, è stata prevista una spesa di 1,1 milioni di euro.
La decisione presa ieri da Paolucci e dai quattro manager Asl non ha più margini di trattativa. La chiusura dei punti nascita sarà uno dei punti all'ordine del giorno nella seduta straordinaria del consiglio regionale in programma la prossima settimana. I Cinque Stelle e le opposizioni hanno annunciato già che daranno battaglia.