Mercoledì, 29 Aprile 2015 20:08

Data center unico per la pubblica amministrazione. Apl: "Regione investa su L'Aquila"

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Costruire all'Aquila il nuovo data center unico regionale e farne uno dei cinque data center pubblici di riferimento a livello nazionale.

La proposta arriva dal gruppo civico Appello per L'Aquila, che, in vista dell'attuazione del piano di riorganizzazione dei centri di elaborazione dati della PA previsto dall'Agenda digitale, lancia un messaggio in bottiglia alle istituzioni locali, in primis alla Regione, alle prese, proprio in queste settimane, con la redazione del nuovo Piano di Informatizzazione.

Per capire meglio quello di cui stiamo parlando, è opportuno fare un breve riassunto delle puntate precedenti.

Lo Stato italiano, in base agli indirizzi programmatici dell’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), ha avviato un'opera di razionalizzazione e ottimizzazione del sistema dei data center (o Ced, centri elaborazione dati) della Pubblica Amministrazione centrale (Pac) e della PA in genere.

Il piano fu voluto fortemente dai ministri del governo Monti Corrado Passera (Sviluppo economico) e Francesco Profumo (Miur) ed è stato riconfermato come prioritario anche dopo il “cambio della guardia” a Palazzo Chigi e l'avvento di Renzi. 

Cosa prevede il piano? In buona sostanza, la creazione, ex novo, di un unico data center regionale in ognuna delle 20 Regioni italiane e di cinque data center di rilevanza nazionale che opereranno come centri principali in alcune macroaree.

In questi nuovi "hub" regionali confluiranno tutti i Ced di piccole o medie dimensioni gestiti dai singoli enti. Attualmente, infatti, in Italia ci sono quasi 4mila data center e 60mila server. Secondo Assinform, la spesa annua in ICT nella PA ammonterebbe a circa cinque miliardi e mezzo di euro e il 30% di questa sarebbe dovuta proprio alla gestione dei data center (dati 2011).

Di fronte a questo scenario, la Presidenza del consiglio ha emanato, da tempo, delle Linee Guida per la razionalizzazione dell'infrastruttura digitale della Pubblica Amministrazione.

"L'Aquila" afferma il consigliere comunale di Appello Per L'Aquila/L'Aquila che Vogliamo in consiglio comunale Ettore Di Cesare (esperto di innovazione e nuove tecnologie, fondatore di Openpolis e di progetti come Open Parlamento) "appare, per varie ragioni, come sede naturale del data center unico regionale. La prima è che questo territorio si vuole caratterizzare come città della conoscenza e della ricerca".

Tuttavia non è solo una questione di vocazioni, ambizioni o aspettative. Il capoluogo abruzzese, secondo Di Cesare, è un naturale candidato perché già in possesso di alcuni requisiti fondamentali: "Ci sono condizioni di partenza favorevoli: c’è già un data center a Palazzo Silone (la sede della Regione Abruzzo, ndr); c'è la presenza dell'Università e dei Laboratori del Gran Sasso, oltre a quella, a poca distanza, di Telespazio; c'è disponibilità di fibra ottica nonché un certo fermento culturale dato da iniziative di tecnici e cittadini". E, ultimo ma non ultimo, anche un clima particolarmente favorevole. Sì perché quando si ha a che fare con questi mega cervelloni elettronici, spiega Di Cesare, "le basse temperature favoriscono l'abbattimento dei costi per quanto riguarda i sistemi di raffreddamento".

Come detto, protagoniste e responsabili della mini rivoluzione della razionalizzazione dei data center saranno le Regioni. Spetterà principalmente a loro programmare e farsi carico degli investimenti necessari alla realizzazione di queste infrastrutture.

Tuttavia, precisa Di Cesare, "le linee guida nazionali indicano che i data center unici regionali possano realizzarsi con investimenti pubblici o con partnership tra pubblico e privati. Nella seconda ipotesi, il privato potrà utilizzare gli spazi anche per proprie attività". 

Ed è proprio questo modello ibrido di comartecipazione quello verso cui stanno optando le (poche) Regioni, come l'Emilia-Romagna, che hanno già iniziato a muoversi nella direzione tracciata dalle linee guida governative.

Per quanto riguarda l'Abruzzo, sostiene Di Cesare, la costruzione di un data center all'Aquila "sarebbe molto più utile di cento leggi su L’Aquila Capoluogo e dimostrerebbe che la Regione ha scelto la nostra città come polo per l’innovazione digitale". 

E, in questo momento, c'è un altro fattore, oltre a quelli già menzionati, che darebbe all'Aquila un vantaggio competitivo rispetto ad altre città: i fondi per le attività produttive, quel famoso plafond del 5% previsto dalla delibera Cipe destinato a rivitalizzare il tessuto economico e produttivo. Una quota parte di quei finanziamenti, propone Di Cesare, potrebbe essere destinata a un progetto come quello del data center piuttosto che essere sperperate in incerti investimenti: "Un settore industriale non vale un altro" è l'opinione di Di Cesare "e se gli investimenti si vanno ad inserire in una strategia complessiva non potrà che beneficiarne il territorio e la stabilità dei posti di lavori creati. E quei contributi pubblici si devono trasformare in posti di lavoro, cosa ad oggi non accaduta". 

Oltre alla Regione, anche il Comune potrebbe giocare un ruolo di primo piano.

Anzitutto come membro del "tavolo del 5%", quello in cui si elaborano le proposte per l'allocazione dei fondi Cipe per le attività produttive.

In secondo luogo, come fornitore di spazi. "Il Comune" conclude Di Cesare "potrebbe favorire questa trategia mettendo a disposizione gli spazi industriali di sua proprietà (come il polo elettronico o l'ex Sercom ndr) fino ad oggi colpevolmente inutilizzati, e combattere affinché la Regione investa nel nostro territorio in questa direzione". 

Ultima modifica il Giovedì, 30 Aprile 2015 15:34

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