«Ha distrutto gli inglesi, ma stampa e pubblico britannici stravedono per lui. I giornali gli dedicano pagine su pagine, i ragazzini affollano il campo dove si allena per vederlo da vicino: è davvero Lomu-mania. Se ne sono accorti anche gli americani, che ne vorrebbero fare una star del football. E pensare che solo due anni fa sembrava un atleta finito [...] Mai nessuno come lui, nel rugby. Perché mai nessuno come Jonah Lomu ha colpito l'attenzione dell'uomo della strada, attirandone l'interesse e suscitando ammirazione ed entusiasmo. Perciò, oggi, Jonah Lomu è mister Rugby».
E' Carlo Gobbi sulle pagine della Gazzetta dello Sport, il 14 ottobre 1999, a dipingere perfettamente, in poche righe e una espressione, Jonah Lomu, scomparso, per un arresto cardiaco, ieri sera all'età di 40 anni: mister rugby, appunto. Lomu è stato e continuerà ad essere un'icona insostituibile dello sport con la palla ovale. L'ala neozelandese si conquistò la ribalta internazionale ai mondiali del 1995 in Sudafrica. Poi, a soli 24 anni, la sindrome nefrosica che lo allontanò dai campi e lo costrinse al trapianto di un rene. Continuò a giocare a fasi alterne fino al 2010 - anno del suo ritiro in Francia - ma indimenticabili sono le sue prestazioni soprattutto ai mondiali nel 1995 e nel 1999: le quindici mete segnate in due edizioni lo lasciano ancora oggi, assieme al sudafricano Bryan Habana, sul tetto dei migliori marcatori della storia della World Cup.
L'articolo della Gazzetta che vi abbiamo voluto in parte riproporre uscì proprio nel giorno della partita tra Italia e Nuova Zelanda, valevole per la prima fase, giocata al McAlpine Stadium di Huddersfield, nel mondiale organizzato dalla federazione gallese. Nella nazionale italiana erano diverse le presenze aquilane. In panchina siedeva Massimo Mascioletti, ad oggi l'ultimo italiano ad essere stato coach degli azzurri. In campo, invece, venivano schierati in terza linea Carlo Caione e a pilone Andrea Castellani. Partiva dalla panchina, invece, Franco Properzi. E poi Di Cesare, De Siati e Cacchio nello staff tecnico.
"E' stato un giocatore icona della mia epoca sportiva - ricorda a NewsTown Carlo Caione - ricordo alla vigilia della partita le battute goliardiche di Paolo Vaccari, che voleva stemperare una tensione altissima: giocare con gli All Blacks, e in particolare contro Lomu, era per noi una sfida e una responsabilità maggiore". Per la cronaca, fu pesantissima la sconfitta per l'Italia, che non riuscì ad arginare la furia All Blacks. 101-3 il risultato finale, con due mete di Lomu al 33' e al 57'.
"Il dispiacere è per non averlo mai visto vincere i mondiali - continua l'ex azzurro - in quel mondiale la Nuova Zelanda uscì in semifinale, perché la Francia giocò la partita della vita. Ma è nel 1995 che esplose, ai mondiali sudafricani: in quella rassegna gli All Blacks erano superiori a tutti, ma il trofeo andò ai padroni di casa, con qualche dubbio. Era, come è noto, un periodo particolare per il Sudafrica".
L'ala di Auckland contribuì in modo sostanziale a un cambiamento profondo di cui il rugby fu protagonista negli anni Novanta. Si stava velocemente passando al professionismo e lui aveva in campo tutte le caratteristiche di possenza e velocità del tre quarti moderno, mentre fuori dal terreno di gioco suscitava attenzione e curiosità del giornalismo mainstream.
Un extraterrestre, insomma, come in tanti in queste ore lo stanno definendo sui giornali e sui social network: "Jonah Lomu è stato quello che ha rivoluzionato il rugby come - forse - nessun altro nella storia dopo William Webb Ellis. Un fisico possente, quasi due metri per ben oltre i 100 chilogrammi, Lomu negli anni '90 è stato il rugby. Né più né meno", scrive oggi Duccio Fumero su Rugby 1823.
Ore difficili per lo sport, che perde in età prematura un rugbysta e un uomo dalla forza straordinaria.