Martedì, 26 Novembre 2013 19:24

Scienze umane: la mensa, diritto negato agli studenti

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'Quale università in quale città' era il titolo dell’incontro organizzato all’Asilo Occupato da un gruppo di studenti universitari in collaborazione con la redazione di NewsTown, nei giorni della elezione del nuovo rettore dell’Università dell’Aquila.

Sono passati alcuni mesi, un nuovo anno accademico è iniziato, la rettrice Paola Inverardi ha da poco iniziato il suo lavoro ma diverse sono le questioni importanti ancora aperte in una città che ospita diverse migliaia di studenti. Una tra tutte la completa assenza di una mensa universitaria nell’area del Dipartimento di Scienze Umane, dove sono presenti anche gli uffici della Soprintendenza ai Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici e dove, dunque, l’utenza quotidiana potrebbe essere piuttosto cospicua se allargata anche ai dipendenti pubblici.

E allora dove pranzano gli studenti? Per risparmiare molti portano un panino da casa, e le aule nella pausa dalle lezioni si riempiono di gruppetti di ragazzi che condividono le proprie cose, tra un odore di frittata della mamma, cartocci di pizzette e mandarini. Anche perché, altrimenti, il pranzo è per forza di cose affidato ai bar presenti nella zona che sopperiscono a questa mancanza dell’Azienda per il Diritto agli Studi Universitari. Del tutto impensabile invece raggiungere con i mezzi pubblici, a meno che non si abbia tutto il pomeriggio libero, la mensa più vicina, ospitata nell’ex caserma Campomizzi, in una delle aree nevralgiche per il traffico cittadino.

Ma i diritti e le battaglie degli studenti sono gli stessi in tutte le città italiane, anche se all’Aquila il terremoto ha peggiorato le già difficili condizioni degli universitari. Ora dopo 5 anni percepiamo qualche debole segnale di rinascita, come il ritorno a Roio di una parte della facoltà di Ingegneria, con annesso servizio mensa, ma siamo ben lontani dalla città a misura di studente universitario promossa dal progetto smartcity in cui iniziative come il Welcome Pack servirebbero ogni giorno.

I giovani e gli studenti della nostra città hanno in più occasioni gridato il loro disagio e la loro necessità di servizi e spazi sociali d’incontro e confronto che siano “altro” rispetto ai centri commerciali. In alcuni casi, probabilmente stanchi di non avere risposte, si sono riappropriati con la forza di spazi cittadini abbandonati come l’area di CaseMatte a Collemaggio e l’Asilo Occupato in Viale Duca degli Abruzzi, dove si susseguono corsi di yoga, cineforum, incontri, laboratori e concerti. Forse le richieste di pigri rappresentanti dei sindacati studenteschi non sono più sufficienti perché la voce degli studenti sia davvero ascoltata dalle istituzioni competenti. Forse all’Aquila, com’è accaduto in altre città italiane, serve qualcosa in più anche per esprimere la necessità di una mensa per il polo umanistico, per cui non sono bastate iniziative come i pranzi autogestiti organizzati periodicamente in questi anni sia all’interno della vecchia sede del dipartimento a Bazzano, sia all’Asilo Occupato, proprio accanto al nuovo edificio di Viale Nizza.

A Torino alcune settimane fa gli studenti hanno ancora una volta fatto un’azione in difesa dei propri diritti occupando la mensa di Via Principe Amedeo, per la quale l’Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario tardava a iniziare la procedura di gara d’appalto per la gestione. Il gruppo “Mensa Liberata #Ribaltiamo il Tavolo” ha iniziato a distribuire pasti a poco più di due euro, accessibili a tutti, e porteranno avanti la loro protesta finché non avranno risposte sulla riapertura del servizio, assente da mesi. Un’esperienza simile è iniziata anche a Trento dove il collettivo #refresh_lab, costituito da una trentina di studenti e ricercatori, dieci giorni fa ha forzato la porta di una mensa inutilizzata dallo scorso anno decidendo di riappropriarsene per trasformarla in un’aula studio autogestita e in uno spazio di co-working sociale.

In un periodo storico in cui i giovani sono le vittime costanti di scelte dettate da un modello di sviluppo che prevede tagli continui a settori quali la scuola, l’università e la cultura a favore di grandi opere e speculazioni economiche, la “mensa come bene comune” sembra essere una frase chiave perfettamente condivisibile anche dagli studenti dell’Università dell’Aquila, a cui è negato un diritto fondamentale.

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