Giovedì, 17 Marzo 2016 11:24

La 'ndrangheta a L'Aquila: non solo ricostruzione, anche traffico di droga

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Associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga. 

E' l'accusa formulata dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che ha chiesto l'arresto - richiesta respinta dal Gip - di 21 persone e, tra loro, gli aquilani Stefano Biasini, imprenditore, Marino De Cesaris originario di Paganica e Massimo Maria Valenti, residente in città.

A scriverlo è Marcello Ianni, su 'Il Messaggero' in edicola stamane. 

I nomi di Stefano Biasini e Massimo Maria Valenti erano già finiti sulle pagine dei giornali per l'inchiesta 'Lypas', avviata dalla Procura della Repubblica dell'Aquila nel dicembre 2011, che aveva portato all'arresto dell'imprenditore aquilano, dello stesso Valenti e del fratello Antonino Vincenzo, nati a Reggio Calabria ma da tempo residenti a L'Aquila, oltre che di Francesco Ielo, anche lui nato nel capoluogo calabrese e residente ad Albenga (Savona). Stando al lavoro di indagine coordinato per oltre due anni dal procuratore Alfredo Rossini (poi scomparso) e dal pm Fabio Picuti, gli imputati erano stati il 'grimaldello' che aveva aperto le porte degli appalti post sisma alla cosca mafiosa dei Caridi-Zindato-Borghetto. Per questo, era stato contestato loro il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso.

Le indagini avevano evidenziato il forte interessamento degli esponenti della cosca reggina ai lavori di ricostruzione degli immobili privati, tra le maglie di una legislazione che, nel tempo, si è mostrata molto carente. In particolare, le società in odore di 'ndrangheta avevano messo le mani su due appalti, con un fatturato complessivo di circa 200 mila euro perché relativi a case con danni lievi. Erano in trattative, però, per un'altra quindicina di commesse.

Il procedimento, però, aveva 'raccontato' anche altro: a marzo del 2015, il sovrintendente della squadra Mobile di Reggio Calabria, Bruno Lo Giudice, ascoltato - con altri esponenti del Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza - nella prima udienza dibattimentale del processo, aveva svelato che già nel febbraio 2009, dunque prima del terremoto, Santo Giovanni Caridi, personaggio di spicco della cosca mafiosa dei Caridi-Zindato-Borghetto, aveva aperto un conto corrente a suo nome, in una filiale bancaria del capoluogo.

Nessuno dei testimoni era stato in grado, però, di spiegare la natura delle attività pre-sisma di Caridi a L'Aquila. Ora, la nuova svolta nelle indagini: gli interessi della 'ndrangheta non erano legati solo alla ricostruzione ma anche al traffico di droga, chili di cocaina che sarebbero arrivati in città grazie all'appoggio di Stefano Biasini e degli altri due indagati: Marino De Cesaris e Massimo Maria Valenti. 

A scoperchiare il giro ingente di importazione e vendita della cocaina in città, i carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo dell’Aquila, diretti dal pm David Mancini ed il Goa di Catanzaro. Stando all’accusa, Massimo Maria Valenti, insieme al fratello Antonino, era tra gli organizzatori dello smercio della droga; Biasini "coadiuvava l’opera dei fratelli Valenti fungendo da raccordo con la componente calabrese per assicurare l’approvvigionamento dello stupefacente". Infine De Cesaris "assicurava lo smercio dello stupefacente all’Aquila e Teramo".

Secondo gli investigatori della Dda di Reggio Calabria, i fratelli Valenti - Massimo Maria aveva l’abitazione in via Caprini, a poca distanza dalla Madonna Fore, nascosta da occhi indiscreti - si sono approvvigionati dalle cosche calabresi in due diverse fasi, da Giovanni Fortugno di Reggio Calabria prima, uomo "di elevato spessore criminale", e da Pietro Zinghini poi, anche lui di Reggio Calabria. Ed è proprio dopo l’acquisto da Zinghini di oltre un chilogrammo di cocaina che Massimo Maria Valenti, è stato arrestato a Roma dal Goa di Catanzaro.

Stando all’informativa dei carabinieri - scrive ancora Ianni sul Messaggero - Biasini, titolare di due società edili impegnate nei lavori post sisma, è "stato utilizzato dai calabresi per il riciclaggio di denaro, provento di tutte le attività illecite, il traffico di droga primo fra tutte: l’acquisto a credito della seconda fornitura da parte dei Valenti presso le cosche calabresi è stato possibile solo grazie all’intermediazione di Francesco Ielo (anche lui finito nell’indagine della Dda dell’Aquila) e Santo Giovanni Caridi che sarebbero poi stati ripagati del favore con l’ingresso nell’affare ricostruzione, attraverso l’accaparramento di una grossa fetta di lavori tramite l’imprenditore Biasini".

 

Ultima modifica il Giovedì, 17 Marzo 2016 13:45

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