Mercoledì, 30 Marzo 2016 22:06

Sottoservizi, tra ritardi acclarati e problemi strutturali a qualche palazzo

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Una Commissione fiume, quella 'Territorio', convocata dal presidente Enrico Perilli per discutere le criticità della più grande opera pubblica del post-terremoto, il tunnel dei sottoservizi.

A seguito delle polemiche che hanno infiammato la politica cittadina nelle settimane passate, la Commissione consiliare ha audito il presidente della Gran Sasso Acqua - la stazione appaltante dell'opera - Americo Di Benedetto, il coordinatore della Scarl che si è aggiudicata il primo lotto dei lavori, il presidente dell'Ance provinciale Gianni Frattale, il direttore tecnico dei lavori Antonio Tramontano, il responsabile unico del procedimento Aurelio Melaragni, l'ingegnere del Comune dell'Aquila Mario Di Gregorio, la direttrice della Soprintendenza unica del cratere Alessandra Vittorini, oltre a Gianfranco Totani, professore associato di Geotecnica presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università degli studi dell'Aquila, consulente delle imprese che stanno realizzando i sottoservizi in centro storico.

Hanno discusso con i consiglieri commissari per oltre 4 ore.

Che cosa è emerso? A far di sintesi, esercizio più che mai necessario, gli allarmi lanciati dal presidente del Consiglio comunale Carlo Benedetti prima, dal consigliere d'opposizione Giorgio De Matteis poi, e ancora da Giustino Masciocco ed Enrico Perilli, avevano più che un fondamento, al di là della presunta contrapposizione politica con lo stesso Di Benedetto, tra i papabili alla candidatura a sindaco alle elezioni della primavera 2017. A partire dai ritardi fin qui accumulati che rendono difficile, per l'amministrazione, una corretta programmazione. Difficoltà che si traduce nella impossibilità di dare a cittadini e commercianti tempi certi per il rientro a casa e per il ritorno delle attività in centro storico.

A far di calcolo ci ha pensato il consigliere comunale Ettore Di Cesare. Fino ad ora - ha sottolineato - sono stati realizzati 3 dei 17 km previsti dal primo stralcio, suddiviso in 7 aree del centro storico cittadino. Considerato che i lavori sono partiti ad aprile del 2015, a questo ritmo ci vorrebbero 5 anni e 7 mesi per terminare le opere nei tempi previsti. Non maggio 2017, dunque, come prospettato da cronoprogramma, ma fine 2020. “Sono stati realizzati più o meno 0,25 km di sottoservizi al mese”, ha calcolato Di Cesare. “Per centrare l'obiettivo prefissato, bisognerebbe accelerare fino a 1.2 km al mese, con un ritmo di cinque volte superiore. Mi pare davvero complicato”. Lo è, in effetti. Pur considerando le difficoltà iniziali, infatti, e pur immaginando una accelerazione nei prossimi mesi, che si è già vista negli ultimi tempi, pare piuttosto improbabile che i tempi dettati dal bando di gara vengano rispettati.

“Quel cronoprogramma è ancora vigente?”, ha domandato Di Cesare. “E' fondamentale saperlo: la realizzazione dell'opera, infatti, si intreccia con i lavori della ricostruzione e con la programmazione cui è chiamata l'amministrazione. Per dire: in Consiglio comunale abbiamo discusso di eventuali proroghe ai commercianti che hanno scelto di localizzarsi in strutture provvisorie, in attesa del rientro in centro storico. In questo senso, è importante avere tempi certi”.

Tempi certi, per ora, è impossibile averne. Anche perché - è stato ribadito stamane - un'opera del genere porta con sé imprevisti continui. E' vero anche, però, che una corretta progettazione dovrebbe garantire la possibilità di ridurli al minimo. Un cronoprogramma attendibile, in altre parole, dovrebbe pur considerare la possibilità di imprevisti. Sta di fatto che la Gran Sasso Acqua ha preso l'impegno di riformulare il cronoprogramma. A dire che i lavori termineranno ben oltre il maggio 2017.

Oltre i ritardi, si è discusso dei presunti problemi di stabilità che i lavori starebbero creando agli edifici del centro storico. Ebbene, anche su questo, i tecnici della Scarl che sta affrontando la realizzazione dell'opera non hanno potuto far altro che confermare alcune delle criticità denunciate nelle settimane passate. Seppure si tratti di pochi casi, isolati. “Ci sono un paio di casi da approfondire”, ha confermato il direttore tecnico Tramontano. Che ha spiegato: “Per lo più, non abbiamo interferenza tra il tunnel e gli edifici”. In altre parole, non c'è interazione tra gli scavi e le strutture murarie.

“Quando ci sono delle interazioni, e parliamo, fino ad ora, del 10% di quanto scavato, valutiamo le azioni da compiere perché la struttura sia in sicurezza. Se è necessario compensare, si valuta il grado di compattazione del materiale di riempimento e si ricava un dato relativo all'ante operam, così da poter ottenere la sicurezza dovuta. E' una valutazione, però, che si fa caso per caso”.

Come detto, ci sono un paio di casi da approfondire. Su un edificio sito in via San Marciano, al civico 26, in realtà, l'approfondimento ha già dimostrato la necessità di interventi migliorativi - verranno realizzati nella seconda metà di aprile - perché, lì, i sottoservizi hanno portato alla compromissione delle strutture di fondamenta.

E' emersa - più che altro - la mancata concertazione tra le Istituzioni, il Comune dell'Aquila, la Soprintendenza e la partecipata Gran Sasso Acqua, stazione appaltante della maxi opera, e i tecnici e progettisti degli aggregati del centro storico. Tanto è vero che è stato il Prefetto - nel dicembre 2015 – a farsi promotore di un incontro. A confermarlo è stata la soprintendente Vittorini. Possibile? Evidentemente, si.

Un caso, tra gli altri, che riguarda la casa comunale, Palazzo Margherita. I lavori non sono ancora iniziati, come noto, e non sono iniziati perché si è resa necessaria una modifica del progetto che non teneva in debito conto la realizzazione dei lavori sui sottoservizi, tutt'intorno la pianta del palazzo. In effetti, la Torre Civica di Palazzo Margherita è soltanto accostata all'edificio, su due lati, e non è collegata rigidamente alla struttura di palazzo. Con il sisma del 6 aprile 2009, i due corpi si sono mossi in controfase, martellandosi per dirla con gergo tecnico, e sulla Torre, in effetti, sono visibili ad occhio nudo lesioni aperte. Per questo, è stata proposta una sconnessione verticale, con un giunto sismico sui due lati, in modo che la Torre e il Palazzo, in caso di sisma, possano muoversi indipendentemente, senza interagire.

Non solo. Per rendere la Torre civica ancora più sicura, il progetto prevedeva la realizzazione di un cordolo in calcestruzzo armato al di sotto del piano di campagna, con micropali inclinati capaci di ancorarla al terreno. Realizzati i tunnel dei sottoservizi è oggi impossibile procedere con il progetto così come istruito ma, ha assicurato l'ingegner Di Gregorio, si sta già lavorando per modificarlo. Resta da chiedersi come sia stato possibile arrivare fino a questo punto.

Ci sarà altro, da valutare e approfondire. Altri palazzi infatti, al passaggio dei lavori, potrebbero mostrare problemi di stabilità, se è vero che, fino ad oggi, sono stati realizzati soltanto 3 km di sottoservizi e ne mancano ancora 14. Palazzi da ricostruire, e sarà necessario un attento coordinamento, e già ricostruiti, su progetti che non hanno tenuto conto dei 'movimenti' a cui i lavori potrebbero eventualmente sottoporre le strutture. 

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