Subappalti e ricostruzione privata.
Stamane, l'assessore alla ricostruzione Pietro Di Stefano e il direttore del settore Vittorio Fabrizi hanno spiegato i contenuti di una circolare emanata ieri, 18 aprile, che ha lo scopo di chiarire, in continuità con quella del gennaio scorso, la disciplina del subappalto nell'ambito dei processi di ricostruzione privata post-sisma, anche alla luce della recente Legge 125/2015 di conversione del Dl 78/2015. "Non ci sarebbe motivo di convocare una conferenza stampa per spiegare una circolare interna - ha sottolineato l'assessore Di Stefano - ma, visto il dibattito che si è alimentato in città e considerato che, rispetto alla circolare precedente, sono stati fatti dei passi avanti, abbiamo ritenuto utile spiegarvi nel dettaglio gli ulteriori chiarimenti forniti".
Come noto, nell'articolo 11 del decreto Enti locali approvato a giugno e convertito in legge i primi di agosto, c'è un comma che sta creando più di un grattacapo a imprese, consorzi e proprietari di appartamenti. Il comma in questione è il numero 6, quello che fissa un tetto del 30% ai subappalti (una misura pensata per arginare il rischio di infiltrazioni mafiose). "Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1656 del codice civile - dice il comma - le imprese affidatarie possono ricorrere al subappalto per le lavorazioni della categoria prevalente nei limiti della quota parte del trenta per cento dei lavori". Dunque, "sono nulle - si legge - tutte le clausole che dispongano il subappalto dei lavori in misura superiore o ulteriori subappalti".
La norma, in pratica, non solo vieta subappalti superiori alla soglia del 30% ma sembra impedire anche tutti i subappalti di natura diversa da quelli rientranti nella categoria prevalente ("ulteriori subappalti"). Cioè, tutti quelli che hanno a che fare con la realizzazione di opere specialistiche e super-specialistiche. Per questo tipo di opere, di solito, le imprese che si aggiudicano una gara d’appalto e che possiedono la qualificazione per la sola categoria prevalente, subappaltano i lavori o costituiscono un'Ati servendosi di imprese con capacità tecnica adeguata e che possono istruire le certificazioni richieste. Le piccole imprese locali, imbianchini, idraulici, elettricisti, la spina dorsale dell'economia aquilana.
Come prevedibile, la norma ha generato un vespaio di polemiche, a seguito, in particolare, della circolare n° 1491, emanata dal Comune dell'Aquila a gennaio, a firma del direttore Vittorio Fabrizi. Fabrizi - in realtà - non ha fatto altro che fornire chiarimenti su una disposizione che sembrava parlare piuttosto chiaro: c'è la possibilità di subappaltare solo il 30% della categoria prevalente, con esclusione delle lavorazioni specifiche, ha ribadito.
Non solo. Nella circolare di gennaio, ha chiarito come le imprese chiamate a svolgere lavori in subappalto avrebbero dovuto avere la SOA per tutti i tipi di contratti, anche per quelli di importo inferiore ai 150mila euro. E come non bastasse ha ricordato che il 'Comitato alta sorveglianza grandi opere', che vigila - a livello governativo - anche sulla ricostruzione dell'Aquila, nelle ultime linee guida del novembre scorso, ha stabilito che le piccole imprese di subappalto debbano essere iscritte nelle così dette white-list.
Come detto, la circolare ha generato una vera e propria mobilitazione delle piccole imprese locali, degli artigiani del nostro territorio. Per questo, si è deciso di chiedere un parere all'Anac - più che percorrere la strada, difficile, di un nuovo intervento normativo - così da risolvere l'impasse. A decidere per la soluzione dell'interpello dell'Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone è stato il tavolo tecnico-istituzionale - composto da sindaci, rappresentati dei sindacati, degli uffici speciali e delle varie associazioni di categoria – formatosi in Regione su input del vice presidente della Regione Giovanni Lolli.
Risposte dall'Anac non sono ancora arrivate, e chissà se arriveranno. Tuttavia, giusto ieri Fabrizi ha firmato una nuova circolare che, lo dicevamo in apertura, seppure in continuità con la precedente, prova a chiarire ulteriormente la disciplina del subappalto e risolve, almeno per il momento, alcuni problemi nient'affatto trascurabili.
In particolare, da una lettura più attenta delle norme, il direttore del settore ricostruzione ha potuto trarre il convincimento che il contratto di subappalto, indipendentemente dal valore dello stesso, sia sottratto all'obbligo di contenere l'attestazione SOA. Dunque, i subappaltatori, le imprese artigiane locali, per ottenere i lavori non dovranno avere l'attestazione. Un primo problema che pare risolto. La circolare emanata ieri, inoltre, interviene anche sul tema, spinoso, della iscrizione alle white list: "Emerge che la condizione per l'iscrizione negli elenchi di operatori economici sia il possesso dei requisiti di cui all'articolo 38 del codice appalti - scrive Fabrizi - e quindi non occorre per l'iscrizione l'attestazione SOA". Altro nodo che sembrerebbe sciolto.
Resta il nodo più stretto, il limite del 30% ai subappalti per le lavorazioni della categoria prevalente, e il presunto impedimento ai subappalti di natura diversa. Nel codice dei contratti, è stabilito come sia subappaltabile il 30% della categoria prevalente nonché quelle scorporabili che sono, in genere, le lavorazioni specialistiche. Per la ricostruzione dell'Aquila, però, le norme di riferimento sono ulteriormente restrittive. Come si può sciogliere, dunque, questo nodo? "Nulla toglie che la categoria prevalente possa coincidere con l'importo dei lavori come da quadro economico di progetto", scrive Fabrizi nella circolare. "Infatti, nelle norme che regolano la ricostruzione privata, a differenza di quanto imposto dal codice dei contratti per i lavori pubblici, non esiste alcun obbligo di scorporare le categorie per tipologia di opere".
Questa, l'indicazione. Proviamo a spiegarla meglio. Mettiamo il caso di un appalto da 3 milioni di euro: stando al codice dei contratti sui lavori pubblici, c'è l'obbligo di scorporo tra categoria prevalente, 2 milioni per fare un esempio, e categorie specialistiche, 1 milione. Al contrario, per la ricostruzione privata del cratere non è necessario scorporare per tipologia di opere. Dunque: se l'interpretazione è che non si possa subappaltare oltre il 30% della categoria prevalente, si potrebbero affidare opere per un massimo del 30% sui 2 milioni, e nulla di più. L'indicazione di Fabrizi, invece, è che si possa procedere sull'intero importo dei lavori, il 30% sui 3 milioni totali in altre parole. Chiaro il vantaggio, per le imprese e gli artigiani locali, oltre che per le ditte affidatarie dell'appalto che, magari, non hanno altre competenze se non per la categoria prevalente.
Il nodo, di certo, non è sciolto, ma è stretto meno intorno al collo delle piccole imprese specialistiche locali. E d'altra parte, anche a livello nazionale si sta andando verso una interpretazione di questo tipo. Il nuovo Codice Appalti su cui stanno lavorando le Commissioni Lavori Pubblici del Senato e Ambiente della Camera e che dovrà essere recepito dal Governo prevede, appunto, che il subappalto non superi la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori. E' l'interpretazione data da Fabrizi, nelle sue circolari.
Ultimo punto, sul tavolo del dibattito. Così come previsto già con la circolare di gennaio, il committente dei lavori potrà liquidare direttamente i subappaltatori, senza passare dalla ditta che si è aggiudicata la gara d'appalto, per superare il collo di bottiglia generato da un'altra legge scritta in modo poco chiaro, la numero 99 del 2013, sulla certificazione degli avvenuti pagamenti che spetterebbe, appunto, alla ditta aggiudicataria.