La battaglia è iniziata. Non importa se si hanno dei dubbi. Non importa se non si sa da che parte stare. Favorevoli o contrari. I fronti, tuttavia, sono meno definiti di quanto possa sembrare. Pro o contro energie rinnovabili, pro o contro il rispetto dell'ambiente, pro o contro nuova occupazione. Il Comitato del No si oppone alla realizzazione della centrale a Biomasse di Bazzano da oramai tre anni, ma senza riuscire a far vacillare le scelte prese dall’azienda Futuris Spa, l’artefice dell’impianto.
Ecco come la società ha risposto alle critiche che provengono dal fronte del No e qual è la sua idea di economia sostenibile all’Aquila. Abbiamo incontrato l’ingegnere Paolo Calderara, direttore tecnico dell’impianto.
Perché avete deciso di destinarla tutta all’elettrico, considerato che tale impiego permette un rendimento del 20% dell’energia prodotta, mentre il restante 80% è destinato ad andare perso? Con il termico il rendimento è dell’80%.
Quest’impianto, come la maggior parte degli impianti a biomasse, è un impianto cogenerativo, lo è da quando abbiamo stilato il progetto iniziale. E’un impianto in grado di produrre contemporaneamente energia elettrica e termica. Nella pratica, mentre la produzione di energia elettrica può continuare ininterrottamente per tutti i giorni dell’anno, il calore può essere prodotto nelle stesse condizioni, ma serve solo per una parte dell’anno. Il limite non è dell’impianto, ma è della richiesta. Attualmente l’impianto produce 3200MW/h termici e 40 mila mw/h di elettrico. Quando l’ho progettato sono partito dagli utilizzi e nel dimensionamento della parte termica si è considerato la possibilità di utilizzo del calore nelle immediate vicinanze. Il calore verrà distribuito verso una parte del Progetto Case di Bazzano e ad alcune aziende nel giro di un chilometro, attraverso tubi di acqua calda.
Il Comitato del No sostiene che una dispersione di energia di tale portata è vietata dal Piano di Qualità dell’aria e dal Piano Energetico regionale.
Tecnicamente non esiste una correlazione diretta tra il Piano di Qualità dell’aria e una dispersione di energia. Il piano di qualità dell’aria dipende dalla generazione di inquinanti e dalla loro dispersione e non dall’utilizzo energetico dell’impianto.
Perché non modificare l’impianto con un sistema di cogenerazione che sfrutti il massimo dell’energia prodotta e dirotti il termico in una rete di teleriscaldamento che aiuterebbe gli aquilani a passare inverni meno costosi?
La Futuris ha dato disponibilità a fornire una certa quantità di calore, per teleriscaldamento, ma ci deve essere una struttura che deve essere collegata agli utenti.
Quanto risparmierebbero gli aquilani sulla bolletta?
Non si risparmia sulle bollette elettriche. Tutti questi impianti a biomassa prevedono cessione di energia elettrica prodotta in rete. Futuris finanzia l’impianto con il pagamento dell’energia prodotta da parte del Gse. Per l’eventuale utilizzo termico il risparmio ci potrebbe essere, perché saremmo disponibili a cedere il calore a delle condizioni di favore, competitive rispetto ad altre fonti energetiche di riscaldamento.
Nel progetto della Futuris emerge che la centrale verrà alimentata con pioppi, derivati da una coltivazione intensiva prevista nella zona circostante la centrale, un’area di 400 ettari. Attualmente l’approvvigionamento è stato dirottato verso materiale boschivo. Perché è stata fatta questa modifica?
Perché la legge italiana ha inteso scoraggiare la destinazione di aree normalmente destinate all’agricoltura tradizionale rispetto alla produzione di coltivazione per uso energetico. Ha modificato lo schema degli incentivi premiando l’uso dei sottoprodotti da lavorazione di biomassa vergine. Inoltre, il bosco per rimanere sano prevede che ogni anno si faccia manutenzione boschiva e taglio programmato.
Il comitato del No sostiene che per mutare la scelta di approvvigionamento c’è bisogno di una variante al progetto iniziale.
Non è vero. Nel progetto iniziale era indicato sia materiale proveniente da coltivazione da pioppi che sottoprodotti. Abbiamo chiesto alla Regione di rinunciare all’uso dei pioppi da coltivazione. Non si tratta di una variazione, ma di riduzione della tipologia e qualità di combustibile.
Di quanta materia prima ha bisogno la centrale? Di quante tonnellate annue? Qual è l’area specifica di approvvigionamento? C'è disponibilità?
L’area di approvvigionamento ricade su un raggio di 70 km dalla centrale, dove c’è una disponibilità totale annuale di sottoprodotti derivati da gestione boschi di 125 mila tonnellate, su cui l’impianto incide per il 19,7%. Poi ci sono sottoprodotti da attività di manutenzione forestale, come derivati da potature di alberi della strada, per 48 mila tonnellate annue e ne consumiamo il 30%, ma anche residui agricoli con un potenziale di 22 mila tonnellate nella provincia e ne consumiamo il 20%.
La paura del Comitato e dei cittadini è che se dovesse mancare la materia prima, la centrale diventerà un inceneritore di rifiuti generici, come è successo in altre parti d’Italia. Perché bisognerebbe fidarsi della Futuris?
Non ci si deve fidare della Futuris, ma delle leggi italiane. Fino a prova contraria siamo ancora in uno stato di diritto. Per trasformare la centrale in un impianto che brucia rifiuti devi creare un nuovo impianto e fare un iter autorizzativo da zero. Altrimenti si va nel penale. Inoltre, nell’impianto ci sono due sistemi di misurazione dell’inquinamento ambientale direttamente collegati con l’Arta (Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente, ndr) che segnalano ogni momento cosa esce dall’impianto. Una si trova sul camino e misura cosa fuoriesce e un’altra dice cosa succede a terra, nell’aria che respiriamo. Se una persona di notte buttasse un chilo di rifiuti, cambierebbero immediatamente le emissioni e sarebbe comunicato alle autorità. Gli impianti che bruciano rifiuti sono completamente diversi, quindi quest’impianto non è idoneo a bruciare rifiuti. Se io ci bruciassi rifiuti entro pochi mesi l’impianto andrebbe a pezzi. I cittadini devono essere tranquilli ce finché l’autorizzazione rimane la stessa non entrerà nemmeno un sacchetto di plastica per sbaglio. Anche solo per un interesse economico, la Futuris deve essere rigorosa. Questi impianti guadagnano solo se funzionano a ciclo continuo e se si bloccano sarebbe un danno economico irreparabile.
Secondo uno studio realizzato da un’equipe di docenti e ricercatori dell’Università dell’Aquila pubblicato nel 2012, Atmospheric Environment, sembra che la Futuris abbia sottovalutato l’impatto delle emissioni sui livelli di inquinamento locali, nella valutazione presentata agli enti locali. Soprattutto per quanto riguarda le emissioni di diossido d’azoto, un gas che ha effetti nocivi sull’apparato respiratorio.
Si tratta di studi previsionali. Un conto è analizzare i dati di una centralina che rivela la qualità dell’aria e un conto è fare delle stime sulla base di modelli che citano quello che può succedere. Per la normativa non solo italiana ma mondiale, un impianto viene valutato non sulla base della qualità dell’aria, ma in funzione di quello che esce dal camino. Sui dati di questo tipo di ricerche influiscono anche i dati metereologici, ad esempio del 2008, senza che però nessuno sappia cosa succederà nel 2009 o nel 2015. A me spesso chiedono: tu ci andresti a vivere sotto una centrale? Io risponderei di si, perché bruciano combustibili naturali e non altre cose.
Abbiamo incontrato anche il presidente della Futuris Spa, Rodolfo Danielli.
Come giudica l’atteggiamento dell’amministrazione comunale che in un primo momento ha accolto il vostro progetto e che invece adesso a quattro anni dalla prima conferenza dei servizi strizza l’occhio e plaude e al fronte del no alla centrale a biomasse? Ad esempio, l’Assessore Moroni ha recentemente dichiarato di essersi sempre ritenuto “perplesso se non contrario alla centrale”.
Io ho avuto occasione di vedere l’Assessore Moroni a luglio all’Aquila e l’atteggiamento nei nostri confronti è stato positivo, anche perché un’iniziativa come la nostra ha indubbi vantaggi anche per la comunità locale, in termini di posti di lavoro (15 posti sono previsti nella centrale e 80-90 nella filiera di approvvigionamento delle biomasse). Abbiamo avuto colloqui più intensi con gli assessori Vicini e De Santis che ci hanno dato tutti i segnali positivi.
Viste le trasformazione del contesto in cui si inserisce la centrale, che non è più solo industriale, ma anche commerciale e residenziale (Progetto Case di Bazzano), considerate le modifiche presentate sulla parziale destinazione termica dell’impianto e il diverso tipo di approvvigionamento, e ricordando inoltre che la prima conferenza dei servizi venne fatta a pochi mesi dal terremoto, in un momento di chiara confusione istituzionale e non solo, non sarebbe opportuna una nuova conferenza dei servizi che legittimi la centrale come chiede il Comitato del No?
Non è assolutamente il caso. Io ricordo che la localizzazione dell’impianto è in piena zona industriale, e lo è ancora oggi. In quell’area nel frattempo sono stati autorizzati e costruiti altri stabilimenti industriali con un impatto ambientale molto più elevato del nostro, come l’impianto di frantumazione. Riteniamo che ci siano dei preconcetti nei confronti del nostro impianto che portano alcuni ad essere contrari. L’impianto è stato autorizzato e rispetta tutte le norme. Ha emissioni in atmosfera che sono inferiori rispetto ai limiti imposti dalla normativa nazionale per la sicurezza e la salute delle persone. Noi stiamo cercando di rispondere alle esigenze delle comunità locali e delle amministrazioni che ci hanno più volte espresso l’auspicio che fosse utilizzato per il termico. Stiamo cercando di portare il più possibile l’impianto verso la cogenerazione dell’energia elettrica e calore. Infine, questi impianti vengono autorizzati per venti anni. Gli enti che partecipano alla conferenza dei servizi hanno considerato che dal momento in cui si esamina l’impianto a quando la centrale sarà dismessa le condizioni possono cambiare.
Qual è l’argomento forte della Futuris per rispondere a tutte le obiezioni presentate dal Comitato del No?Oltre all’interesse della Futuris qual è interesse della popolazione ad avere una centrale a biomasse sul territorio?
L’argomento fondamentale è che questa è una tipologia di investimento verso cui ci guidano tutte le politiche industriali sia a livello europeo che nazionale. La biomassa è un’energia sostenibile sia da un punto di vista economico (genera valore), ambientale (risponde a tutti i limiti posti dalla legge), e della responsabilità sociale dell’impresa (genera posti di lavoro all’interno di una comunità che ha bisogno di incrementare i ricavi). La semplice fornitura di biomasse di oltre 54 mila tonnellate che provengono dalle zone che circondano l’Aquila porteranno circa due milioni e mezzo di euro di redditi addizionali alla comunità agroforestale. Quindi l’investimento è addirittura virtuoso. Siamo molto perplessi e sorpresi dai No che sono stati portati avanti da una parte della popolazione che riteniamo minoritaria. Pensiamo, infatti, che la maggior parte delle persone non hanno capito bene le positività dell’impianto.