Lunedì, 06 Febbraio 2017 21:59

Scuole aperte, aule semivuote. La protesta dei genitori, la 'rivolta' delle presidi, il timore dei ragazzi: "Difficile tornare alla normalità"

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Scuole aperte, ma le aule restano semivuote.

Col Liceo Cotugno che resterà chiuso almeno fino a mercoledì, in attesa di conoscere gli esiti delle verifiche effettuate all'interno dell'edificio che - hanno reso noto gli uffici della Provincia dell'Aquila - non avrebbero evidenziato problemi alla struttura per quanto attiene ai carichi di esercizio, in relazione alla resistenza ai carichi verticali e alle prove sui materiali, seppure i risultati verranno sottoposti, nelle prossime ore, ai tecnici del Consorzio universitario ReLuis per un definitivo approfondimento così che la Protezione civile regionale possa stabilire se permangano, o meno, le condizioni di agibilità, nelle altre scuole aquilane - e in particolare, alle 'superiori' - l'attività didattica è ripresa regolarmente, seppure molti studenti abbiano deciso di starsene a casa.

 

I genitori chiedono chiarezza

D'altra parte, i genitori stanno partecipando attivamente alla protesta chiedendo, con forza, delle risposte alle amministrazioni pubbliche; dopo la mobilitazione fatta partire dai papà e dalle mamme degli studenti del Cotugno che, insieme ai propri figli e ai docenti, hanno dato vita a una raccolta firme che ha già raggiunto più di 200 adesioni, per ribadire la contrarietà a rientrare nell'attuale struttura e chiedere alle istituzioni una nuova sede provvisoria in grado di garantire il prosieguo dell'anno scolastico, ad attivarsi sono stati anche i genitori degli alunni dell'istituto Bafile, che accorpa il liceo Scientifico e l'Artistico.

E non è certo escluso che la protesta possa allargarsi alle altre scuole, primarie e secondarie.

Col supporto di alcuni avvocati e sulla scorta di alcune osservazioni fatte da un gruppo di tecnici e di ingegneri, le famiglie del 'Bafile' hanno fatto partire una diffida, indirizzata al presidente della Provincia dell'Aquila, al sindaco, al direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale, al dirigente scolastico e al prefetto, per chiedere di effettuare nuove verifiche e studi più approfonditi che "impieghino modelli di calcolo idonei a interpretare il comportamento strutturale dell'edificio". Quest'ultimo, si legge nel documento, avrebbe degli indici di sicurezza sismica delle strutture "drammaticamente bassi", in alcuni casi inferiori a quelli "deducibili dagli elaborati a disposizione [...] anche alla luce della bassa resistenza del calcestruzzo, che presenta valori financo di 113 chili per metro quadro nel corpo G, meno della metà delle resistenze utilizzare di norma nella progettazione degli edifici degli anni Ottanta". I genitori chiedono anche "un nuovo certificato di agibilità, non potendo farsi validamente riferimento a quello rilasciato alla data di costruzione e all'attestazione di ripristino dell'agibilità a firma del direttore dei lavori post-sisma".

 

Il timore degli studenti

Stamane, tra le aule dello Scientifico la preoccupazione era palpabile. "Il ritorno alla 'normalità' é stato traumatico e difficile per tutti, lo testimoniano gli occhi che gridano 'ho paura'; il cuore batte più forte del solito e al più banale movimento del banco la pancia è vittima di una dolorosa morsa. Sguardi persi, aria colma di tensione. Ogni tanto qualche battuta per rompere la rigidità, ma tutto ri-piomba in un atroce silenzio", ha raccontato Alessandro Conti, rappresentante degli studenti del 'Bafile'.

"C'è come la sensazione di aver abbassato la testa innanzi ad una giusta battaglia - ha aggiunto ai nostri microfoni - ma vorrei fosse chiaro che la testa non l'abbassiamo: intendiamo persevare ma c'è da essere sinceri, il rientro è stato davvero difficile".

I ragazzi intendono tenere alta l'attenzione mediatica sulla vicenda della sicurezza delle scuole, "non vogliamo essere dimenticati" sottolinea Alessandro: "ci siamo dovuti 'adeguare' alla necessità di tornare in aula per non perdere l'anno scolastico, anche perché ci è stato detto che ci vorranno almeno 60 giorni per le verifiche, ma intendiamo portare la nostra protesta in strada almeno una volta a settimana, ne stiamo ragionando con i rappresentanti delle altre scuole".

Vogliono una risposta, i ragazzi delle scuole dell'Aquila, e la vogliono dalle Istituzioni: "Non è compito nostro, e non è compito dei docenti e della dirigente, risolvere la situazione: siamo stati costretti a tornare in aula, con la paura che raccontavamo, e, se saremo costretti, dovremo adattarci, almeno fino a giugno: sono le Istituzioni, però, a dover trovare una soluzione che ci permetta di frequentare le lezioni in sicurezza".

 

La rivolta delle Presidi

Risposte ne hanno chieste anche le dirigenti degli istituti scolastici superiori, il Cotugno, il Bafile, il Colecchi - Da Vinci e il D'Aosta; con una lettera congiunta hanno elencato una serie d'interventi urgenti da assumere per "ricondurre la psicosi collettiva nei termini di una comprensibile e motivata paura generalizzata cui dover dare risposte": una tensostruttura in ogni scuola per ospitare, in caso di emergenza, gli studenti, soprattutto quelli pendolari; postazioni satelittari per garantire le comunicazioni con l'esterno; presenza permanente di personale appartenente a Protezione civile, vigili del fuoco, pronto soccorso o Croce Rossa cui affidare il compito di "coordinare con strategie efficaci e collaudate i piani di evacuazione degli stabili".

Con tono deciso, le dirigenti - Sabina Adacher, Serenella Ottaviano, Fiorenza Papale e Maria Chiara Marola - hanno chiesto, inoltre, agli organismi competenti e alla Procura della Repubblica, di vigilare "nell'applicazione delle normative vigenti in materia di sicurezza degli edifici scolastici; applicazione che, ad oggi - l'affondo - ci vede operare in aule semivuote a causa delle scelte di famiglie, studentesse e studenti, che non intendono iterare dolorose perdite per causa ancora da chiarire". Dunque, l'invito fermo agli Enti e alle Istituzioni affinché "sia resa nota la calendarizzazione delle attività di verifica ad opera di tecnici qualificati su tutti gli immobili scolastici di proprietà della Provincia al fine di offrire risposte concrete all'utenza".

Si proceda con le verifiche, insomma, e si faccia in fretta.

 

Di Giovambattista: "Difficile immaginare di trovare sedi provvisorie"

D'altra parte, alternative non ce ne sono, e lo ha ribadito a chiare lettere l'assessora Emanuela Di Giovambattista. "Si dovesse decidere di trasferire in altra sede gli studenti del Cotugno o del Bafile, anche i dirigenti delle altre scuole superiori verrebbero a chiedere di dislocare altrove le attività didattiche ed è presumibile che la richiesta si estenderebbe persino alle scuole primarie, ospitate in strutture in muratura".

Un effetto a catena ingestibile, per l'amministrazione; Di Giovambattista l'ha lasciato intendere chiaramente. "E' impensabile immaginare i doppi turni nei Musp: al momento, abbiamo 7mila studenti nei moduli provvisori di competenza comunale e, già così, gli spazi sono appena sufficienti; sarebbe impossibile portarvi anche i circa 6mila studenti delle scuole primarie che frequentano le classi in scuole in murature e gli altri 6mila, più o meno, che stanno alle superiori. Non ci sarebbero spazi per la didattica e, poi, non va dimenticato che alcuni Musp sono pensati per ospitare i bambini delle scuole primarie o dell'infanzia, e i moduli sono 'calibrati' sulle loro esigenze".

"La scuola non è soltanto un contenitore, è fondamentale pensare anche al contenuto: trasferire le attività altrove significherebbe 'umiliare' la didattica", ha aggiunto. E sulla possibilità di portare i ragazzi alla ex Optimes, o all'ex Tribunale di Bazzano, ha sottolineato come non si conoscano gli indici di vulnerabilità delle strutture.

Insomma, alternative - per il momento, almeno - non ce ne sono e i ragazzi dovranno tornare a scuola, in un clima di paura e incertezza.

 

 

Biondi: "Il meccanismo ha avuto un corto circuito: bisogna capire come affrontare il qui ed ora"

Ora, "non si tratta di cercare i responsabili di questa situazione, non è il momento, seppure possa risultare consolatorio - per un certo tipo di politica - dire che la colpa è sempre di qualcun altro", ha inteso sottolineare Pierluigi Biondi, per 11 anni sindaco di Villa Sant'Angelo e tra i probabili candidati in seno al centrodestra alle prossime elezioni amministrative.

"Piuttosto, serve sottolineare che il meccanismo - da qualche parte - ha avuto un corto circuito e capire come affrontare il qui ed ora. A distanza di otto anni - l'affondo di Biondi - non è tollerabile che un genitore, per decidere se mandare un proprio figlio a scuola, debba sfogliare la margherita, attendere un comunicato stampa, cercare conforto in un gruppo facebook o whatsapp, fidarsi di un geologo piuttosto che di un altro, credere a qualche santone dai sedicenti poteri vaticinatori, pregare che Dio ce la mandi buona".

Documenti alla mano, Biondi spiega che già nel dicembre 2007, con la così detta legge bilancio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva destinato 120 milioni in sei anni per interventi straordinari sulle scuole italiane; come specificato nell'ordinanza 3728 del 2008, i 20 milioni annui potevano essere richiesti sia per le scuole sulle quali fossero state eseguite verifiche, sia per gli edifici che fossero "in una situazione grave ed attuale di rischio sismico" e, addirittura, per costruirne di nuove.

"Ebbene, il Comune dell'Aquila non ha attinto a questi fondi, non se ne è mai interessato, tanto è vero che a dicembre 2015 è stato pubblicato il decreto di finanziamento delle ultime due annualità e come emerge dalla tabella pubblicata sul sito della Protezione civile (clicca qui) nessun opera ha riguardato o riguarderà le scuole della città dell'Aquila o del suo comprensorio". Insomma, "quando il sindaco Cialente parla di mancanza di risorse per la messa in sicurezza delle scuole, dice il falso".

Certo è che, all'epoca, il problema sembrava non riguardarci: "il terremoto poteva accadere, certo, ma pensavamo tutti sarebbe accaduto altrove". A seguito del sisma del 6 aprile 2009, invece, l'atteggiamento sarebbe dovuto cambiare. E invece. "Invece, col decreto commissariale post emergenza del 2011, sono stati resi disponibili 45 milioni di euro; l'anno dopo, col piano di ricostruzione, altri 113 milioni di euro sono stati vincolati alla ricostruzione degli edifici pubblici, 45.5 milioni per il complesso scolastico polifunzionale che si vorrebbe realizzare alla Caserma Rossi. Parliamo di 200milioni di euro circa, in gran parte già iscritti a bilancio comunale: eppure, sulle scuole aquilane aleggia ancora il dubbio della sicurezza".

L'abbiamo spiegato, nei nostri articoli d'approfondimento: nel 2009, l'allora governo Berlusconi scelse di riparare le scuole che non avevano subito danni strutturali limitando lo sforzo ad interventi di rafforzamento locale e ritenendo, dunque, che potessero garantire un utilizzo in piena sicurezza; banale, il ragionamento sotteso alla scelta: se un edificio aveva resistito al sisma del 2009 era ragionevole presumere che avrebbe resistito ad un altro sisma capace di produrre accelerazioni pari o minori, tanto più a seguito degli interventi di rafforzamento.

"Ci si è accontentati dell'agibilità degli edifici, non si è chiesta la vulnerabilità: oggi, 8 anni dopo, facciamo la scoperta rivoluzionaria che agibilità e vulnerabilità sono concetti piuttosto diversi. Ma i tecnici comunali, non Pierluigi Biondi, gli assessori con delega al patrimonio, all'edilizia scolastica, avrebbero dovuto saperlo, avrebbero dovuto segnalarlo".

Se il corpo amministrativo e tecnico si 'è fidato' e oggi non si fida più, o ha sbagliato allora o sta sbagliando oggi; "Se ha sbagliato allora è da irresponsabili aver lasciato andare le cose così per 8 anni, se sta sbagliando oggi ha creato un inutile allarmismo che rischia di svuotare per sempre la città".

A questo punto, la situazione va presa di petto: "fatti salvi i Musp - si domanda Biondi -  degli altri edifici scolastici cosa sappiamo? Sono equiparabili strutturalmente a un edificio strategico con indice di sicurezza pari a quelli richiesti dalla normativa specifica? Se no, esistono delle alternative?". Qualche idea, Biondi ce l'ha: "La facoltà di Ingegneria ha lasciato l'ex Optimes, quella di Lettere la sede di Bazzano e poi l'ex tribunale sempre a Bazzano, la Reiss Romoli, la Campomizzi, i centri polivalenti realizzati nel dopo sisma: sono utilizzabili e rispondenti alle esigenze?L'unica strada da seguire è quella di trovare una soluzione, subito. Per ricacciare indietro il nostro peggior nemico: la paura di vivere in questa terra".

Se non fosse che, a quanto si apprende, la ex Optimes, per esempio, non avrebbe il certificato di vulnerabilità sismica e c'è da scommettere che, probabilmente, anche le altre strutture ne siano sprovviste. "E allora, mi domando: Palazzo Fibbioni, la casa del Comune, ha il certificato? E la sede di Palazzo Del Tosto? Dobbiamo aver paura di parlare col sindaco, dobbiamo preoccuparci anche di rinnovare la carta d'identità? Che dire della Prefettura: avrà il certificato di vulnerabilità? E se l'allarme vale per le scuole, vale dunque anche per questi uffici pubblici? Non riesco a capire perché si sia iniziato a discutere soltanto oggi dell'argomento, con la dovuta attenzione: perché non è stato affrontato prima?".

Ultima modifica il Martedì, 07 Febbraio 2017 21:16

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