Sabato, 17 Giugno 2017 09:25

Sottoservizi, presunti danni ad aggregati: impresa ricorre in Tribunale

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Finisce in tribunale la disputa sulle presunte problematiche ed interferenze causate a due aggregati del centro storico - su Corso Vittorio Emanuele, al corso stretto per intendersi - dalla realizzazione del tunnel dei sottoservizi [Leggi l'approfondimento]. In particolare, sul primo aggregato - sul quale i lavori strutturali sono ancora in corso - si sarebbe verificato un aggravamento delle condizioni generali, sull'altro invece - sul quale le opere di riparazione strutturale prospicienti Corso Vittorio Emanuele sono invece concluse per la parte strutturale - sarebbero comparse lesioni sia alle strutture verticali che alle strutture orizzontali del piano terra, segno evidente - così si leggeva in una relazione dei tecnici degli aggregati - di uno "scivolamento del piano fondale".

Se ne parlò in Commissione territorio, convocata dal presidente Enrico Perilli alla metà di marzo. A verbale, alcuni stralci della relazione firmata dai direttori dei lavori e che riguardava, in particolare, l'aggregato 'Cavalieri di Malta', composto da tre subaggregati, di cui due sono ancora in fase di cantiere (partizione 1093 e 1235), ed uno dei due è alle fasi conclusive (il 1093), e il terzo (partizione 1306) è invece agibile e abitato da mesi.

Ebbene, la realizzazione dei sottoservizi avrebbe interessato il sito stradale fino al filo delle murature perimetrali dei fabbricati, "con esposizione delle fondazioni e, in alcuni casi, generando vuoti al di sotto del piano di appoggio delle fondazioni stesse; l'intervento - unito all'utilizzo di messi cingolati di grandi dimensioni - avrebbe eliminato la componente fondamentale nella portanza del terreno, fornita dal contributo stabilizzante del terreno laterale".

Tra l'altro, "gli scavi avrebbero eliminato anche il terreno interessato dal bulbo delle pressioni al di sotto del piano di spiccato delle fondazioni, modificando uno stato tensionale consolidato da secoli". Nei casi peggiori, si sarebbe verificato persino "il distacco di zolle di terreno di grandi dimensioni, provocando lo smottamento del terreno anche sotto il piano d'appoggio della fondazione". Tali situazioni, sarebbero state tamponate "chiudendo le buche con materiali approssimati, posti in opera senza la dovuta costipazione"; a fine della posa, insomma, gli scavi sarebbero stati reinterrati senza una idonea costipazione per strati, tramite i cingoli dei mezzi pesanti "che si è mostrata efficace soltanto per un modesto spessore".

Ciò significa che per ridare un sostegno alle "porzioni in movimento", l'unica soluzione sarebbe "una fondazione profonda su micropali"; tale fondazione, "dovrebbe sostenere la totalità del carico trasmesso dalla struttura in elevazione ed essere considerata efficace a partire dalla base del tunnel".

Una relazione tecnica contestata dal coordinatore generale di Asse Centrale Scarl, Gianni Frattale, dal rup della maxi opera Aurelio Melaragni, oltre che dal presidente della Gran Sasso Acqua, la stazione appaltante, Americo Di Benedetto, candidato sindaco di centrosinistra.

"Non vorrei sollevare polemiche", tagliò corto Melaragni in Commissione; "effettivamente, nel Corso Stretto, su vico Cavalieri di Malta in particolare, c'è stato un piccolo inconveniente non legato completamente al nostro passaggio ma ad una serie di concause che dovranno essere valutate. C'è stato un cedimento del terreno che ha creato, però, danni minimi: ci stiamo incontrando con i tecnici per trovare una soluzione che possa soddisfare tutti".

Assai meno diplomatico Gianni Frattale che parlò di relazione "offensiva" per la dignità delle imprese coinvolte nella realizzazione della maxi opera: "come si può costipare un terreno con un cingolo di 400 quintali?", si chiese. L'imprenditore aquilano ribadì di non avere alcuna intenzione di sottrarsi alle sue responsabilità, ma chiarì, altresì, che "da due mesi" aspettava un confronto tecnico "che, fino ad oggi, ci è stato negato". In sostanza, la convinzione di Frattale era - ed è a tutt'oggi - che le problematiche riscontrate non fossero dovute alla realizzazione dei sottoservizi, anzi il cantiere dello smart tunnel avrebbe svelato criticità che sarebbero emerse col tempo. Poi, sibillino, si interrogò sul "progetto di adeguamento dell'aggregato, considerato che le fondazioni stanno a 20 centimetri dall'asfalto", sugli interventi di sottofondazione previsti, lasciando intendere possano esserci lacune. Infine, svelò che - per 4 mesi - l'impresa al lavoro sull'aggregato avrebbe operato con 2 pompe per drenare "la gran quantità d'acqua" stagnante sul piano fondale.

E qui sta il punto, l'ha spiegato con chiarezza il presidente della GSA, Americo Di Benedetto.

"Pare piuttosto strano che i lavori di scavo abbiano creato danni soltanto ad un aggregato, a parità di condizioni del sottosuolo, almeno su Corso Vittorio Emanuele; in realtà, all'azione dello scavatore è fuoriuscito una gran quantità di melma: se non avessimo scavato, il rischio per l'immobile era di diventare una sorta di palafitta". Insomma, la gran quantità d'acqua avrebbe allentato il piano fondale, che è dunque 'scivolato' al momento dello scavo; "i sottoservizi sono stati piuttosto una concausa - ha riconosciuto Di Benedetto - ma hanno evidenziato una criticità preesistente".

Ma da dove arrivava l'acqua? "Come Gran Sasso Acqua, non abbiamo avuto alcuna segnalazione di possibili perdite; ovviamente, appreso di cosa stava accadendo con lo scavo, ci siamo immediatamente mobilitati, chiudendo la conduttura che si trova a monte dell'aggregato, in piazzetta della Commenda. Ebbene, in poche ore l'acqua ha iniziato a ritirarsi segno che la perdita non era alla condotta esterna, ma interna all'aggregato"; in altre parole, "è possibile che all'atto di consolidamento delle mura, gli operai al lavoro sull'aggregato abbiano perforato un tubo".

Non è stato accertato, al momento; "per questo, aspettiamo un confronto tecnico che possa fare chiarezza sull'accaduto".

Di Benedetto lo disse con decisione: "Se si va a contenzioso, entreranno in 'gioco' le assicurazioni che dovranno valutare l'accaduto e stabilire le responsabilità", coi tempi che finirebbero per allungarsi; il presidente della GSA però, candidato sindaco di centrosinistra, assicurò di volersi impegnare, in prima persona, per mettere intorno al tavolo i tecnici dell'aggregato, i consorziati, la Asse centrale Scarl così da risolvere la vicenda.

Come? "Il tecnico progettista dell'aggregato potrebbe redigere gratuitamente il progetto  di fondazione su micropali, fosse necessario; la Gran Sasso Acqua potrebbe attivarsi per impegnare la franchigia in via transattiva, e stessa cosa farebbe Asse Centrale Scarl. Così, renderemmo l'immobile addirittura più sicuro di quando siamo passati".

Intenzione condivisa con Gianni Frattale: "C'è di mezzo la sicurezza di venti famiglie che aspettano di tornare a casa, la dignità di un'impresa, la dignità mia e della mia famiglia: figuriamoci se può rappresentare un problema il verificarsi di un danno su un appalto da 30 milioni. Se non basterà la franchigia, sarà la Scarl ad assumersi l'onere dei lavori; sediamoci intorno ad un tavolo: la cosa più importante, è capire come intervenire per risolvere le criticità riscontrate. E' vergognoso, però, che Asse Centrale debba difendersi da certe accuse: questa storia si protrae da 4 mesi, tra lettere d'avvocati e relazioni, senza che sia stata ancora offerta la possibilità di un confronto tecnico, di merito".

Sono passati giusto tre mesi e, in effetti, il tavolo è stato convocato e si sono susseguite le riunioni per risolvere la vicenda, tant'è vero che i proprietari hanno deciso di non istruire cause giudiziarie bensì di cercare soluzioni transattive. A portare la vicenda in Tribunale, invece, è stata l'impresa che sta realizzando i lavori di restauro dell'aggregato 'Filomusi Guelfi' che - scrive Abruzzoweb - ha presentato un ricorso avverso 'Asse Centrale Scarl' teso all'accertamento tecnico preventivo in via conciliativa ed a verificare la portata e la responsabilità dei danni.

L’udienza è stata fissata per la fine di giugno; i tempi per il rientro a casa dei proprietari delle abitazioni, insomma, si allungano.

Ovviamente, la vicenda ha assunto 'dimensione politica' in campagna elettorale: giusto un mese fa, il candidato sindaco di centrodestra Pierluigi Biondi aveva chiesto chiarezza in merito alla notizia di una nuova chiusura del corso stretto per effettuare dei sondaggi. "Sono stato allertato da alcuni commercianti della zona che reclamavano un frettoloso preavviso di poche ore e grandi disagi per chi faticosamente sta cercando di risollevarsi con le loro attività", l'affondo. "Da informazioni assunte presso la struttura tecnica della Gran Sasso Acqua – aveva spiegato Biondi - ho saputo che si tratta di un intervento della società assegnataria della commessa pubblica per verificare eventuali danni cagionati ai palazzi prospicienti a seguito della segnalazione di alcuni proprietari".

"A questo punto credo sia giusto che la Gsa renda pubblici i risultati di questi sondaggi - aveva aggiunto il candidato di centrodestra - per capire se effettivamente le lavorazioni siano state effettuate non a regola d’arte e sgomberare il campo da dubbi in ordine a eventuali danni futuri ad altri edifici già restaurati interessati dall’opera e, soprattutto, in ordine a potenziali comportamenti omertosi stante la inopportuna doppia veste, già inutilmente denunciata, di candidato sindaco del centrosinistra e di presidente della stazione appaltante di Americo Di Benedetto".

Ultima modifica il Sabato, 17 Giugno 2017 10:01

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