“Signor Presidente, a tre anni e mezzo dalla Legge Delrio, a un anno dal passaggio alla Regione Abruzzo di competenze e personale, le Biblioteche già Provinciali continuano a vivere nella più completa incertezza e senza che si stiano approntando, da parte del nuovo Ente gestore, provvedimenti capaci di modificare, se non in peggio, questo stato di cose”.
Inizia così la lettera aperta al governatore della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso scritta da Walter Capezzali, Enzo Fimiani, Francesco Lullo e Luigi Ponziani, rispettivamente ex direttori delle Biblioteche Provinciali di L’Aquila, Pescara, Chieti, Teramo .
“Negli ultimi tre anni (senza voler andare ancora più indietro fino alle improvvide decretazioni del Governo Monti che avviarono per le Province un lungo periodo di tagli e penalizzazioni nell’ipotesi, poi risultata errata, di una loro abolizione)” si legge nella lettera “le Biblioteche abruzzesi sono state sottoposte a pesanti colpi di maglio che ne hanno menomato progressivamente le possibilità di rispondere agli inderogabili doveri di servizio a vantaggio della conservazione, dell’incremento e della valorizzazione dell’imponente patrimonio bibliografico e documentario posseduto”.
“Tagli feroci alla loro dotazione finanziaria” prosegue la lettera “pervicace e miope allontanamento del personale, specie qualificato, che ha portato al depauperamento spesso irreversibile di professionalità senza le quali non esiste Biblioteca. Prepensionamenti imposti, pensionamenti indotti, trasferimenti necessitati, tutto ha congiurato a che le Biblioteche abruzzesi si riducessero a simulacro della loro degna tradizione culturale e civile”.
“Il risultato” scrivono i quattro ex direttori “è che attualmente due delle quattro Biblioteche storiche (L’Aquila e Chieti) sono in sostanza malfunzionanti, una (Pescara) mostra grandissime difficoltà a mantenersi aperta, la quarta, la “Dèlfico”, pur tra tante difficoltà e grazie al sacrificio degli operatori rimasti, ha continuato tra crescenti preoccupazioni, a garantire apertura piena al pubblico e tutti i servizi bibliotecari”.
“Dinanzi a questo stato di cose” continua il documento “la Regione Abruzzo, invece di procedere ad una legge di riforma del Sistema bibliotecario regionale (vale la pena di ricordare che fin dal gennaio 2015 fu insediato un Comitato tecnico con il compito di redigere una proposta di legge che tenesse conto della nuova realtà che si andava delineando), ha finito per partorire un provvedimento puramente amministrativo che non solo penalizza le poche professionalità rimaste, ma vandalizza un patrimonio bibliografico e documentario considerato alla stregua di ciarpame insignificante o – nella migliore delle ipotesi – orpello tanto inutile da poter essere trattato come un qualsiasi ufficio di periferia da gestire con piglio burocratico”.
“Tutti i nodi sono venuti al pettine” si legge ancora “senza che vi sia stata da parte della Regione una qualche ipotesi progettuale che, incentrata sulle quattro Biblioteche storiche, ne difendesse e valorizzasse le restanti professionalità garantendo la continuità tecnico-gestionale gravemente compromessa di queste istituzioni, promuovendo e rilanciando la loro autonomia e la loro vocazione storica che costituisce il valore più alto e riconoscibile della identità abruzzese”.
“Un tale percorso” osservano Capezzali, Ponziani, Fimiani e Lullo “diviene tanto più necessario ora che con Delibera di Giunta 1 agosto 2017 è stato addirittura deciso (non sappiamo quanto consapevolmente) l’accorpamento delle ex Biblioteche Provinciali a ciò che resta delle Agenzie per la promozione del territorio. Queste ultime sono l’estenuata evoluzione dei vecchi Centri servizi culturali (ma l’accorpamento ha riguardato anche improbabili Uffici turistici!) che, sparsi nella regione, da decenni hanno perso identità di ruolo e, soprattutto, non hanno specifiche competenze in campo biblioteconomico, né professionalità in grado di dirigere istituzioni così complesse e di grande prestigio guadagnato in secoli di ininterrotta attività a pro della cultura e divenute segnacolo della tradizione civile e culturale abruzzese”.
“È questo che la Regione Abruzzo riserva ad un patrimonio costituito da circa un milione e duecentomila documenti bibliografici” affermano ancora i quattro “da migliaia di codici, manoscritti di grande prestigio che nelle stessa loro titolazione richiamano i nomi più alti della storia d’Abruzzo (Antinori, Dèlfico, Palma, De Meis, Janni, D’Annunzio, ecc.), da pergamene, incunaboli, cinquecentine, cartografie, da un imponente corpus di periodici altrimenti introvabili, da fotografie, opere d’arte, suppellettili di gran pregio? È questa la sorte cui vengono destinate istituzioni più che centenarie, attraverso le quali l’Abruzzo ha costruito nel tempo la sua identità culturale e civile? Non lo vogliamo credere! Di qui la nostra protesta, disinteressata quanto accorata”.
“Mostrare insensibilità a questi temi e a questa tradizione storica” conclude la lettera “non costituirebbe semplice disattenzione ma colpevole inerzia, che finirebbe per dissipare e cancellare un patrimonio materiale e morale non reintegrabile. Salvare e valorizzare la “Dèlfico”, la “Tommasi”, la “De Meis”, la “D’Annunzio”, che per noi sono il più dignitoso corrispettivo delle Civiche Biblioteche che storicamente hanno rappresentato l’identità più intima e specifica delle “cento città” d’Italia, è oggi un dovere civile che non può essere derubricato a pratica amministrativa da lasciare nelle mani di improvvidi burocrati. Ciò è ancor più vero per Lei, politico, che crediamo non vorrà certo essere ricordato come la guida di una Giunta che abbia scientemente scelto di lasciar morire la storia stessa del proprio territorio”.
Zappacosta: "Polemiche inutili"
"Non perderemo in Abruzzo 1 milione di libri, ipotesi azzardata, né è colpa della Regione se c'é stata una fuga dei dipendenti provinciali con il passaggio delle competenze dalle Province al nostro ente".
Lo dichiara il direttore del Dipartimento Cultura Giancarlo Zappacosta dopo le esternazioni sulla stampa dei 4 ex direttori delle ex Biblioteche provinciali di L'Aquila, Pescara, Chieti, Teramo nella lettera al Presidente Luciano D'Alfonso.
La missiva, dai toni allarmanti, è una denuncia dell'abbandono strutturale e organico in cui versano le 4 biblioteche, 'templi di cultura'. I 4 paventano addirittura il rischio di perdere il patrimonio culturale librario abruzzese. "E' in primis un problema di gestione del passaggio delle figure professionali e dei profili di categoria operanti post trasformazione", aggiunge Zappacosta.
Il direttore non rinnega lo status della biblioteca del capoluogo aquilano, che dispone di una sede periferica post sisma nella zona industriale di Bazzano, e di Chieti, ubicata in un ex magazzino commerciale. "Teramo è la migliore in assoluto nel garantire i servizi in città alla comunità" - aggiunge - " fa parte della prima rete di biblioteche per prestito digitale:MLOL". Esalta il ruolo delle Biblioteche come "centri di aggregazione che hanno una funzione sociale" e insiste sul patrimonio artistico - letterario di pregio conservato negli archivi che deve essere musealizzato: "ci sono beni da rendere fruibili agli appassionati e ai turisti come attrattori turistico culturali". Incalza, infine, sui costi e sulla dotazione finanziaria: "La Regione ha investito molto di più sulle Biblioteche rispetto a quanto avvenuto sotto la guida delle Province".