Tornare precari per rientrare a casa. Un paradosso che rispecchia la situazione dei 10mila docenti già di ruolo che hanno presentato domanda per il concorso scuola rivolto ai docenti che già posseggono titolo di abilitazione.
A far luce sulla vicenda è il comitato Nastrini Liberi Abruzzo, organizzazione che si propone di contribuire attivamente alle problematiche sorte successivamente all’entrata in vigore della Legge 107/2015, che ha leso alcuni diritti fondamentali dei docenti della scuola pubblica italiana, che in una nota denuncia la drammatica situazione dei docenti di ruolo "esiliati dal Sud grazie alla Buona Scuola". Si tratta di circa 25mila insegnanti, principalmente donne, tra cui molti maestri e maestre di scuola primaria, che per poter tornare nella propria terra, sono costretti a sottoporsi all’ennesimo "colloquio per testare le capacità didattiche, per poi tornare precari per almeno un anno, dopo il quale sostenere un altro colloquio prima di essere nuovamente assunti di ruolo".
Di seguito la nota completa di Nastrini Liberi - Abruzzo
Sono scaduti i termini di presentazione delle domande per il concorso scuola pensato come una fase transitoria per assumere docenti che già posseggono titolo di abilitazione. Sono pervenute circa 50 mila domande e ben 10 mila tra queste sono state prodotte da docenti già di ruolo. Principalmente del Sud, donne, con 43 anni in media di età. Anche in Abruzzo ben 1356 domande sono state presentate e quasi la metà da docenti di ruolo.
Un dato che potrebbe stupire un osservatore esterno completamente all’oscuro delle dinamiche perverse che hanno guidato le politiche scolastiche degli ultimi decenni e che non conosce le drammatiche vicende vissute dai docenti assunti ormai da tre anni dalla L. 107 e dai tanti docenti immobilizzati ante 2014.
Cosa mai potrebbe spingere un docente già di ruolo ultraquarantenne a sottoporsi all’ennesimo colloquio per testare le sue capacità didattiche, per poi tornare precario per almeno un anno (ma durerà davvero solo un anno il periodo di limbo transizione verso il ruolo?) dopo il quale sostenere un altro colloquio prima di essere nuovamente assunto di ruolo come in un perfetto, quanto diabolico, dejà vu?
Possiamo testimoniare con tante, ma tante storie, che sono state la disperazione e la sensazione di un’ultima spiaggia da raggiungere a spingere questi 10 mila docenti a fare la domanda per partecipare a questo concorso e nella maggior parte dei casi con le lacrime agli occhi ed un senso di impotenza e perdita di dignità nel cuore.
Dobbiamo per forza a questo punto pretendere da chi ha il potere di decidere e cambiare il corso delle cose che si interroghi profondamente su questo dato agghiacciante: 10 mila docenti di ruolo, donne principalmente del Sud, chiedono di tornare precarie e tutto questo per non perdere definitivamente, alla soglia dei 50 anni, la speranza di poter tornare nelle proprie terre vicino ai propri cari. Di vedere crescere i propri figli e ritrovare un po’ di serenità esistenziale ed economica. E stiamo parlando solo di insegnanti appartenenti alla scuola secondaria di primo e secondo grado. Perché i docenti esiliati dal Sud grazie alla “Buona Scuola” sono oltre 25 mila e comprendono anche tantissime maestre e maestri di scuola primaria. In Abruzzo oltre 600.
I conti dunque, con questo concorso, tornano purtroppo alla perfezione ed esplodono tutte le contraddizioni delle reiterate scelte politiche che non hanno mai fatto i conti con la realtà delle persone, continuando a contraddirsi. Se da un lato infatti si negano le giuste percentuali di posti da riservare alla mobilità che consentirebbero il rientro della maggior parte dei docenti di ruolo esiliati, dall’altro lato si apre loro la possibilità di partecipare ad un nuovo concorso per tornare precari: quasi a dire “scusate, abbiamo sbagliato tutto si ricomincia”. Ancora una volta è prevalsa la logica dell’abbandono all’individualismo e alla guerra tra poveri (esiliati di ruolo e precari costretti a contendersi un bottino) quando una sana politica dovrebbe fare delle scelte puntuali e precise volte a risolvere dei problemi concreti assumendosene tutte le responsabilità.
Invece, insieme alla notizia dell’ingente numero di domande per il concorso pervenute dai docenti già di ruolo, ne giunge in questi giorni un’altra che le fa da sinistro controcanto: solo poco più di 3 mila posti comuni verranno stabilizzati da ripartire tra regioni, province e gradi di scuola, di cui nessuno sul sostegno. E si prevedono ancora per le sole regioni del Sud tagli agli organici che confermano la nuova Questione meridionale, tutta scolastica, che denunciamo da tempo ormai. Tantissimi docenti di ruolo sul sostegno sono dislocati in tutta Italia lontani dalle proprie terre, mentre ben 40 mila posti in deroga (necessari, ma non ancora stabilizzati) ogni anno sono necessari per garantire il diritto allo studio degli studenti disabili e di questi oltre 1800 sono in Abruzzo.
E invece si annunciano solo briciole mentre i soldi stanziati per due anni nelle ultime leggi di Bilancio (400 milioni a decorrere dal 2018 con un incremento di altri 50 milioni per l’organico del 2018) non vengono mai davvero utilizzati per stabilizzare le cattedre. Siamo di fronte ad un altro specchietto per le allodole. Pochissimi posti, ma ancora un concorso bandito ed altri da bandire.
Come potranno mai tornare nelle proprie terre i docenti esiliati ed essere assunti tutti i restanti 40 mila abilitati che hanno oggi prodotto domanda? Senza contare che ci sono ancora docenti presenti nelle graduatorie ad esaurimento e nelle graduatorie di merito del concorso 2016 prorogate grazie ad un emendamento della scorsa legge di bilancio anche per l’a.s. 2019/20.
Quante offese all’intelligenza dovranno ancora subire i docenti che vivono una condizione di precarietà esistenziale e lavorativa?
Dover concorrere per tornare precari e sentire che il Ministero delle finanze autorizzerà solo 3 mila cattedre in più in tutta Italia per il futuro anno scolastico stavolta è davvero troppo.