Martedì, 26 Giugno 2018 22:43

Ricostruzione, il progetto unitario di via XX Settembre è ancora 'congelato'

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Era l’11 marzo 2014 e la Giunta comunale recepiva la proposta di deliberazione presentata dall’allora assessore alla ricostruzione Pietro Di Stefano che prevedeva un progetto unitario, tra privati cittadini e amministrazione comunale, volto a riqualificare l’area compresa tra via XX Settembre, il quartiere Banca d’Italia e la zona ‘Belvedere’.

Il Piano di Ricostruzione, che era stato approvato dal Consiglio comunale alla fine di agosto 2012, individuava tre ambiti di intervento: l'Ambito A, relativo alla città storica, l'Ambito B, relativo alle cosiddette "aree a breve" e l'Ambito C, delle "aree di frontiera". Ebbene, nell'Ambito B il Piano promuoveva la realizzazione di progetti di riqualificazione urbanistica, con la partecipazione dei cittadini, individuando progetti di ricostruzione unitaria, tra i quali – appunto - via XX Settembre, Santa Croce, Piazza della Lauretana, Porta Leone e Sant'Andrea - Campo di Fossa. Dunque, era stato emanato un avviso pubblico per stimolare una proposta di progetto unitario, in forma coordinata fra uffici comunali e cittadini proponenti, che aveva portato alla definizione del progetto e che, in sostanza, prevedeva la riqualificazione edilizia e urbana di una superficie di 9mila e 53 metri quadri, sulla quale – prima del terremoto - insistevano quattro edifici, due di proprietà privata, uno di proprietà Ater a destinazione residenziale e uno, appartenente all'Anas, con destinazione direzionale.

La riqualificazione – venne spiegato – sarebbe stata attuata mediante demolizione e ricostruzione dei quattro edifici e l'inserimento di destinazioni d'uso commerciali al piano terra, con affaccio su una piazza centrale attrezzata, che ambiva a diventare l'elemento di centralità del quartiere, con aree verdi e accessi fruibili da più punti dello stesso. La proposta progettuale comportava un miglioramento architettonico, infrastrutturale e compositivo, assumendo pertanto un valore strategico.

Sulla base della normativa regionale in materia, venne quindi sottoscritto un Accordo di Programma nel febbraio 2015 tra Comune e Provincia che, infine, venne ratificato dal Consiglio comunale.

Insomma, si trattava di un intervento di riqualificazione urbana di iniziativa privata, su impulso pubblico, nato da un percorso partecipato e condiviso con gli abitanti del quartiere, e con l’obiettivo comune di innalzare la qualità edilizia, ambientale e urbana; bene, anzi benissimo: se non fosse che ad oggi, fine giugno del 2018, il progetto è congelato, come gli altri di riqualificazione urbana, d’altra parte, con gli interventi di ricostruzione finanziati e gli inquilini ancora fuori dalle loro abitazioni.

Ripercorrere la vicenda è impresa più che complicata.

In sostanza, il progetto prevedeva l’abbattimento e ricostruzione, con canoni estetici architettonici più attuali, dei condomìni privati di via Fonte Preturo – uno dei simboli del post terremoto [in foto] - e via Castiglione, della palazzina al civico 123, ridotta in macerie dal sisma, e del palazzo Anas, già abbattuto anni fa; tra i palazzi, era prevista una piazza da 2mila metri quadrati, con portici di locali commerciali e direzionali. I quattro soggetti attuatori – i privati, Ater e Anas – avrebbero ceduto il terreno su cui realizzare la piazza a titolo gratuito, in cambio dei premi di cubatura. I costi di realizzazione del 'masterplan' sarebbero stati a carico dei privati.

L’accordo venne sottoscritto a queste condizioni.

Se non fosse che Anas e Ater, col tempo, hanno fatto più di un passo indietro, spiegando che non avrebbero potuto sostenere la loro parte di spesa per la realizzazione dell’opera pubblica. E non è chiaro, dunque, il motivo per cui firmarono l’accordo. Non solo. I proprietari di abitazione nei condomìni privati, impossibilitati a sostenere le spese personalmente, di fatto, avevano trovato la quadra immaginando di cedere il premio edificatorio alla ditta incaricata dei lavori; a farla breve, con i fondi della ricostruzione l’impresa avrebbe ricostruito le palazzine e, con risorse proprie, avrebbe realizzato la piazza con le opere di urbanizzazione in cambio di 750 metri quadrati a uso residenziale nella palazzina di via fonte Preturo, entrando in possesso, magari, degli appartamenti lasciati vuoti da coloro che avevano aderito all’acquisto equivalente, e di 500 metri quadrati ad uso commerciale.

Come non bastassero i problemi avuti con l’impresa cui erano stati affidati inizialmente i lavori, il consorzio Intedi di Roma cui l’incarico è stato revocato nell’ottobre 2015 non essendo stata presentata la fideiussione bancaria richiesta, alcuni dei condòmini di via fonte Preturo si sono messi di traverso, impauriti dall’eventualità di divenire committenti del progetto unitario e, di fatto, hanno impedito l’avvio dei lavori. E così, la convenzione a valle dell’accordo di programma non è stata mai firmata, essendo necessaria l’unanimità. Dunque, i fondi per la ricostruzione - 4.5 milioni vincolati al permesso a costruire che doveva essere rilasciato al momento della firma sulla convenzione stessa - sono rimasti congelati nelle casse dell’Usra.

Poco prima delle elezioni del giugno 2017, l’amministrazione comunale in carica aveva persino minacciato le maniere forti, dal commissariamento fino alla revoca del finanziamento; con la vittoria del centrodestra, però, la vicenda è finita di nuovo in un cassetto, fino a stamane almeno, con la Commissione territorio presieduta da Raffaele Daniele convocata su impulso del consigliere comunale Lelio De Santis.

Sul tavolo, una proposta di delibera che l’amministrazione comunale sta valutando con attenzione, e che potrebbe sbloccare l’impasse con una variante all’accordo di programma: in sostanza, il Comune dell’Aquila si accollerebbe i costi di realizzazione della piazza per finalità pubbliche – si stima un investimento di 650mila euro - in cambio, i soggetti pubblici e privati dovrebbero cedere i terreni a titolo gratuito, così come previsto nel Masterplan; a quel punto, l’Ater ricostruirebbe la sua palazzina riunendovi gli inquilini che, fino al 6 aprile 2009, erano assegnatari, in realtà, di appartamenti locati anche in altri edifici che insistono in zona, l’Anas farebbe lo stesso e così i condomìni privati con i fondi già stanziati per la ricostruzione. D’altra parte, le norme introdotte negli anni, di fatto, hanno reso impossibile perseguire la strada tracciata, considerato, tra l’altro, che col Piano Casa l’aumento delle cubature è reso già possibile e, dunque, non rappresenta più una premialità.

Anche per questo, l’accollo non è più conveniente per i proprietari.

Sebbene nei giorni scorsi l’assessore all’urbanistica Luigi D’Eramo si fosse mostrato piuttosto scettico, il collega di Giunta Emanuele Imprudente, stamane in Commissione al suo posto, ha ribadito che l’amministrazione si sta muovendo in questa direzione; le risorse verrebbero garantite dai fondi per la riqualificazione urbana stanziati dal Governo e che – ha tenuto a sottolineare il consigliere Giorgio De Matteis – “giacciono nei cassetti dalla fine del 2012; un ‘tesoretto’ di 15 milioni di euro che – ha proseguito il capogruppo di Fratelli d’Italia – sono parte dei 370 milioni garantiti a finanziamento di opere pubbliche mai realizzate”.

Restano alcuni nodi da sciogliere, tuttavia, e l’assessore Imprudente l’ha lasciato intendere chiaramente: se il Comune dovesse assumere l’onere di realizzare la piazza, è chiaro che la variante di programma dovrebbe far prevalere l’interesse pubblico. E dunque, si sta ragionando sulla realizzazione delle cubature commerciali e direzionali, e pare che l’orientamento prevalente sia di abbandonare il progetto del porticato con le attività affacciate sulla piazza. Altro problema da risolvere attiene alla possibilità che alcuni condòmini decidano di non cedere il terreno: a quel punto, stante il dichiarato interesse pubblico l’Ente potrebbe percorrere la via degli espropri che, tuttavia, andrebbero indennizzati creando, così, una sproporzione con chi, gli stessi terreni, li cederebbe gratuitamente: sul punto, bisognerà intervenire in qualche modo.

Staremo a vedere.

Di certo, il tempo può dirsi oramai scaduto: i condomini sono oramai esausti e, in particolare, i proprietari del condominio di via Castiglione sono pronti a sfruttare in massa la possibilità di esercitare l’acquisto equivalente se i nodi non dovessero sciogliersi in tempi brevi.

Ultima modifica il Mercoledì, 16 Ottobre 2019 12:54

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