Falso, abuso d’ufficio, turbativa d’asta, corruzione: sono le accuse contestate, a vario titolo, ai 26 indagati nell'ambito dell'inchiesta della Procura della Repubblica dell’Aquila su presunte mazzette negli appalti per la ricostruzione post-terremoto di beni culturali ed ecclesiastici; il pm Simonetta Ciccarelli ha presentato le istanze di rinvio a giudizio: ancora da fissare l’udienza preliminare.
L’inchiesta è scattata nel luglio del 2017; gli edifici finiti nell’indagine, tutti in provincia dell’Aquila, sono la chiesa di Santa Maria Assunta a Tione degli Abruzzi, la chiesa di San Domenico a Sulmona, la chiesa di San Salvatore a Civitaretenga, la Badia di Sulmona, piazza Duca degli Abruzzi-Porta Branconia, la Torre medicea di Santo Stefano di Sessanio, il Teatro comunale dell’Aquila e la chiesa di San Biagio a Cappadocia.
Per ciò che attiene l’appalto di ricostruzione della chiesa di Tione degli Abruzzi sono accusati di falso il Rup Lionello Piccinini, il direttore dei lavori Gianfranco D’Alò, l'imprenditore Mauro Lancia ed il tecnico Valerio Agostinelli: in sostanza, sarebbe stata prodotta una falsa perizia di variante attestando la scoperta di opere non previste, al solo scopo di consentire alla ditta il recupero del ribasso d’asta per 150 mila euro. Lo stesso tipo di condotta si sarebbe verificata nell'ambito dei lavori di restauro della chiesa di San Domenico a Sulmona: sospettati per falso il rup Giorgio Aldo Pezzi, Berardino Olivieri, direttore dei lavori, l’imprenditore Lancia e il tecnico Agostinelli; anche in questo caso, ci sarebbe stata una perizia discutibile per consentire di gonfiare i costi e far recuperare alla ditta il ribasso d’asta di 95 mila euro. Il pm, inoltre, contesta la corruzione a Piccinini e Lancia sempre in riferimento ai lavori nella chiesa di San Domenico di Sulmona. Secondo il pm, Piccinini "dietro compenso di somme" avrebbe ottenuto il recupero del ribasso d’asta. Meccanismo simile per i lavori alla chiesa di San Salvatore a Civitaretenga.
E ancora, la Procura contesta la corruzione all’ex segretario generale del Mibact Berardino Di Vincenzo, al figlio Giancarlo e agli imprenditori Graziantonio e Antonio Loiudice in relazione al restauro della Badia di Sulmona; Di Vincenzo, dietro la promessa di affidamenti di lavori al figlio, si sarebbe accordato per attestare falsamente la necessità di lavorazioni impreviste per un importo di 45 mila euro.
Si contesta, altresì, il falso e l’abuso per ulteriori lavori di riqualificazione di Piazza Duca degli Abruzzi-Porta Branconia. Il pm accusa Di Vincenzo, il rup Claudio Finarelli, il funzionario Lionello Piccinini e gli imprenditori Ernesto Penzi e Lucio Piccinini, già aggiudicatari lecitamente dell’appalto di 192 mila euro, per l’affidamento, senza gara, di lavori complementari: in tal modo sarebbe stato attribuito a Penzi e Piccinini un ingiusto vantaggio patrimoniale.
Per il rifacimento della Torre medicea di Santo Stefano di Sessanio si ipotizza ancora la corruzione: Finarelli, Piccinini e Di Vincenzo, nelle vesti di dipendenti pubblici - Finarelli e Piccinini anche in quelle di componenti della commissione aggiudicatrice dei lavori - avrebbero ricevuto da Giampiero Fracassa, dell’omonima azienda, la somma di 40 mila euro quale compenso per l’aggiudicazione dei lavori per 800 mila euro.
Ma gli sforzi investigativi hanno riguardato soprattutto il Teatro comunale dell'Aquila. I dirigenti Berardino Di Vincenzo e Lionello Piccinini sono imputati con gli imprenditori Vito Giuseppe Giustino e Leonardo Santoro, che già avevano ottenuto lavori di restauro, per l’affidamento, senza gara, di nuove opere complementari per 970 mila euro. Il pm contesta il falso a Lionello Piccinini, al direttore dei lavori Marcello Marchetti e al vice Alessandra Del Cane, agli imprenditori Leonardo Santoro e Vito Giuseppe Giustino, ai tecnici Michele Fuzio, Domenico Pazienza e Michele Buzzerio. Altri falsi sono contestati agli stessi Piccinini, Marchetti, Del Cane, Santoro, Giustino, Fuzio, Pazienza, Buzzerio e ad altri due indagati, Antonio Zavarella e Pasquale Marenna. Nei loro vari ruoli, in relazione ai lavori di restauro, avrebbero fatto firmare con retrodatazione, da novembre 2016 a febbraio dello stesso anno, una perizia geologica non prevista al momento del deposito del progetto.
Per i lavori della Badia di Celestino V, inoltre, il pm accusa di falso l'architetto della Soprintendenza Franco De Vitis; per le opere di restauro della Chiesa di San Biagio in Cappadocia e della Chiesa di San Sisto, infine, la contestazione è di falso e abuso d’ufficio per l'architetto della Soprintendenza Giuseppe Liberati e per il geometra Giuseppe Rossi del Segretariato regionale.