Con 16 voti favorevoli, 4 astenuti e 5 contrari (Stefano Palumbo, Angelo Mancini, Giustino Masciocco, Carla Cimoroni e Paolo Romano), il Consiglio comunale dell’Aquila ha approvato stamani una delibera con la quale viene garantita agli edifici tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali situati al di fuori dei centri storici di città e frazioni la stessa cura e la stessa attenzione di quelli dei centri storici, per quanto riguarda l’esecuzione degli interventi di restauro e miglioramento sismico.
Il provvedimento, illustrato nella seduta che si è tenuta in videoconferenza dall’assessore alla Ricostruzione privata, Vittorio Fabrizi, prende atto che la natura oggettiva della tutela storica e artistica dei beni in questione è prevalente rispetto all’aspetto soggettivo della proprietà di tali immobili, consentendo una parificazione in chiave di ricostruzione post sisma 2009 agli edifici vincolati sia all’interno dei centri storici sia al di fuori degli stessi.
Di fatto, con la Delibera 221 approvata stamane l'esecutivo ha chiarito che hanno diritto al contributo maggiorato per la ricostruzione anche gli edifici vincolati ubicati all'esterno dei centri storici del capoluogo e delle frazioni che, in sostanza, sono da considerarsi "perimetrati".
Ora, ciò che è emerso stamane - a seguito dell'intervento di Paolo Romano (Italia Viva) - è che, in realtà, in passato erano già stati accordati contributi maggiorati ad edifici vincolati fuori dai centri storici; tuttavia, sarebbero sorti dei dubbi circa l'efficacia delle norme di cui all'articolo 14 comma 5-bis della legge 77/2009 - quella che chiarisce come il requisito relativo alla tutela degli edifici vincolati sia di carattere oggettivo, riguardando la natura del bene, e non soggettivo rispetto ai proprietari - in relazione, appunto, all'ubicazione del bene tutelato, se all'interno o meno dei centri storici. Di qui, la necessità d'istruire la delibera 221.
Un provvedimento che lascia più di una perplessità. Ed il motivo l'ha spiegato Romano in Consiglio comunale: "La ricostruzione privata degli edifici vincolati fuori dai centri storici trova la sua forza e sostanza nelle leggi primarie e non ha certo bisogno di una ulteriore delibera. Gli edifici vincolati sono quelli della legge 42/2004 - ha sottolineato Romano - che parla dell’iter di apposizione del vincolo ma anche della tutela indiretta che vige 'ope legis' sui beni che hanno più di 70 anni e beneficiano tutti delle provvidenze del sisma 2009 grazie all’art. 14 comma 5 bis della L.77/2009 (conversione in legge del Dl 39/2009) con requisiti di carattere oggettivo che riguardano la natura del bene e non certo i requisiti soggettivi del proprietario né dell’ubicazione".
Tutto chiaro, dunque; se non fosse che la stessa Giunta, come detto, nelle premesse del deliberato scrive: "l’esegesi della norma parrebbe far sorgere dubbi circa l’efficacia della stessa in relazione all’ubicazione del bene tutelato, se all’interno o meno del centro storico così come perimetrato ai sensi del D.C.D.R. n. 3/2010". Quel parrebbe lascia intendere che non tutti i dirigenti nutrano dubbi sulla reale efficacia della norma per i beni tutelati fuori dai centri storici e comunque, "essendo una norma nazionale, dovrebbe sottostare ad altri iter per essere, al limite, perfezionata", ha ribadito Romano; "tanto è vero che nelle premesse della delibera viene citata la nota dell’U.S.R.A. protocollo n. 17963 del 17/12/2015 con la quale si dispone che, stante il superiore interesse alla tutela del bene vincolato, per la fattispecie di edifici civili privati di cui all’articolo 14 comma 5-bis della legge n. 77/2009 il contributo è da intendersi di natura oggettiva ed indipendente dalla titolarità del richiedente; essendo la natura oggettiva, ovvero il bene in se, è chiaro che essa si riferisce a tutti gli edifici vincolati e non solo quelli perimetrati nell’allora PdR".
Tanto più che "se si volessero considerare da riperimetrare quelli non ricadenti nei centri storici si dovrebbero individuare puntualmente e perimetrare con l’iter previsto da DCDRn3/2010, dando poi l’avvio ad un nuovo atto d’Intesa con il commissario delegato alla Ricostruzione che oggi non esiste neppure più. Tra l’altro la fattispecie di discrezionalità, ovvero considerare per mera definizione edifici dentro la perimetrazione, tende a aprire a qualunque recupero fuori dai centri storici derivante da una qualunque motivazione oggi afferente al vincolo ma domani a qualunque bizzarria di un qualsivoglia amministratore pubblico".
Sta di fatto che il provvedimento è stato approvato.
Successivamente, il Consiglio ha dato il via libera con 17 voti favorevoli e 1 astensione al progetto definitivo dei lavori per la realizzazione di 100 loculi cimiteriali e della camera mortuaria nel cimitero di Camarda, per un importo complessivo di 360mila euro. Il provvedimento, illustrato dall’assessore alle Opere pubbliche Fabrizi, è stato valutato dal Consiglio comunale in quanto una parte dell’intervento ricade su area per la quale si rendeva necessario un cambio di destinazione d’uso.
Approvate anche le richieste di permuta degli immobili ricadenti nelle aree interessate dalla ricostruzione post sisma relative ai Progetti unitari Santa Croce, Piazza della Lauretana, Sant’Andrea fuori le mura e al Progetto del polo amministrativo di Villa Gioia. Con questa delibera il Consiglio ha autorizzato in via definitiva la permuta di 7 immobili di proprietari che li hanno ceduti al Comune, ottenendo un fabbricato equivalente. A favore del provvedimento hanno votato 17 consiglieri, 3 gli astenuti.
Il Consiglio ha inoltre espresso parere favorevole al mutamento di destinazione d’uso – 22 voti a favore e il no di Stefano Albano (Pd) e Lelio De Santis (Cambiare Insieme) – in favore della Tower co. Spa di un’area ad Arischia, richiedendo l’autorizzazione alla Regione per la concessione definitiva alla stessa società.
In apertura dei lavori, l’Assemblea aveva approvato un ordine del giorno dei consiglieri Rocci e Santangelo (L’Aquila Futura), emendato su proposta dello stesso Rocci e di Scimia (Fdi), riguardante il welfare dei dipendenti comunali. Con il documento vengono impegnati sindaco e giunta affinché forniscano un indirizzo alla parte pubblica con l’obiettivo, nel quadro delle trattative con la rsu, di destinare le economie generate dalla non corresponsione dei buoni pasto ai dipendenti che, in fase di emergenza covid, hanno lavorato in smart working, all’80% per la copertura di una polizza sanitaria integrativa delle prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale destinata a tutti i lavoratori comunali e per il 20% a iniziative di sostegno al reddito della famiglia dei dipendenti stessi, con particolare riguardo ai nuclei familiari con figli disabili.