Venerdì, 24 Ottobre 2014 16:17

Ricostruzione: approvato atto d'indirizzo per la riqualificazione dell'abitato

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Dopo il via libera in II commissione Territorio, con 14 voti favorevoli e 4 astenuti, il Consiglio comunale ha approvato un atto di indirizzo presentato dall'assessore alla ricostruzione, Pietro Di Stefano, che prevede la facoltà dell’'Amministrazione comunale di proporre, ai proprietari di abitazioni secondarie, una permuta della loro proprietà, con una delle unità immobiliari pervenute al patrimonio comunale a seguito della scelta di abitazione sostitutiva da parte dei proprietari. 

Uno strumento utile per conseguire finalità di riqualificazione e recupero edilizio del centro storico, il miglioramento dell'accessibilità e della mobilità, il mantenimento o l'insediamento di attività di servizio al pubblico, la cura dell'immagine del centro e delle sue emergenze come componenti del paesaggio, dell'arredo urbano e l'utilizzo di tecnologie innovative.

Come noto, il Decreto numero 43 del 2011, all'articolo 1, precisa le modalità di ricostruzione degli edifici distrutti dal sisma nel caso in cui uno o più proprietari decidano di avvalersi della facoltà di acquisto equivalente, l'acquisto di nuove abitazioni sostitutive dell'abitazione principale. 

Come? Il condominio ha due possibilità: ricostruire l'edificio d'identica sagoma, con il subentro del Comune nella proprietà delle unità immobiliari i cui proprietari si sono avvalsi della facoltà di acquisto equivalente, oppure la ricostruzione dell'edificio con sagoma diversa. In tal caso, i proprietari 'rimanenti' possono decidere di realizzare, a proprie spese, una volumetria pari a quella di proprietà dei condomini che hanno deciso di acquistare un'altra abitazione. Previa autorizzazione del Comune dell'Aquila, evidentemente.

Il piano di ricostruzione dei centri storici del Comune dell'Aquila individua però alcune aree di particolare complessità, strategiche perché in grado di valorizzare il sistema urbano policentrico del territorio. Una delibera Cipe, la 135/2013, prevede persino il finanziamento diretto di interventi di iniziativa pubblica o privata e di interventi di ristrutturazione urbanistica.

In tali aree, il piano favorisce l'attivazione di procedure di partenariato pubblico-privato "attraverso ipotesi di diversa distribuzione di pesi insediativi oppure di interventi di diradamento/sostituzione con recupero/delocalizzazione di volumi, al fine di ottenere - laddove necessario - una maggiore qualificazione degli spazi pubblici e privati, il miglioramento dell'accessibilità e della mobilità, il mantenimento o l'insediamento di attività di servizio al pubblico, la cura dell'immagine del centro storico e delle sue emergenze come componenti del paesaggio, dell'arredo urbano, l'utilizzo di tecnologie innovative".

Tra l'altro, il DPCM del 4 febbraio 2013 ha introdotto ulteriori disposizioni normative volte al corretto reinserimento paesaggistico degli edifici non rappresentativi del tessuto storico - gli edifici incongrui, per intenderci - e al miglioramento della qualità urbana, anche attraverso il diradamento insediativo.

A dire che il DPCM consente, nelle aree di complessità, la demolizione degli immobili, previo nulla osta dell'Ufficio speciale, con conseguente facoltà - per i proprietari di alloggi nell'immobile - di ricorrere all'acquisto equivalente.

Ora, se è vero che per gli interventi di sostituzione edilizia è concesso il contributo per la ricostruzione dell'intero edificio, nei casi di demolizione il contributo spettante alle abitazioni non principali è relativo alla ricostruzione per intero. 

Con queste premesse, il Consiglio comunale ha preso atto che nelle aree di complessità, perseguendo il diradamento degli ambiti urbani, l'amministrazione ha la facoltà di non ricostruire in situ gli immobili dei quali ha avuto in cessione i diritti edificatori, lasciati cioé dai proprietari che si sono avvalsi dell'acquisto equivalente. Così, l'amministrazione comunale ha pure facoltà di proporre ai proprietari di abitazioni non principali in quegli immobili una permuta della loro proprietà con una delle unità immobiliari pervenute al patrimonio comunale al seguito dei riacquisti.

A titolo di esempio: se in un'area di particolare complessità di un centro storico del Comune dell'Aquila c'è da ricostruire un palazzo di quattro piani, con due proprietari di prima abitazione che si sono avvalsi della facoltà di acquisto equivalente e due proprietari di seconda abitazione, l'amministrazione ha facoltà di proporre ai proprietari non principali una permuta della loro proprietà con altra unità abitativa che il Comune ha acquisito, così da cogliere lo scopo del piano di ricostruzione: il diradamento insediativo per la riqualificazione dell'area.

"La permuta – ha spiegato l'Assessore Di Stefano – costituisce per l'Amministrazione comunale uno strumento in più per conseguire la riqualificazione ed il recupero edilizio di alcune porzioni di centro storico che sarebbero altrimenti conseguibili solo con l'esproprio per pubblica utilità. Un mezzo utile anche per dirimere la conflittualità insita nella procedura di esproprio, essendo la permuta attivata in accordo con gli interessati"

Il valore della permuta, infine, verrà assunto secondo i principi di “equivalenza” del valore OMI ( Osservatorio Mercato Immobiliare ) dell'Agenzia del Territorio, già adottato per i riacquisti di abitazioni sostitutive delle abitazioni principali. "In entrambi i casi – conclude Di Stefano – la non ricostruzione in situ di abitazioni equivalenti della principale e la permuta delle abitazioni non principali – il Comune conserverà i diritti edificatori, destinandoli a finalità pubbliche nell'ambito dell'attività di pianificazione generale del territorio comunale per pubbliche finalità, attraverso procedure di evidenza pubblica".

 

Ultima modifica il Venerdì, 24 Ottobre 2014 16:57

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