Venerdì, 24 Ottobre 2014 10:47

Grandi Rischi, la difesa accusa la stampa: "A rassicurare furono loro"

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Si è conclusa all'Aquila la quarta udienza del processo d'appello alla Commissione Grandi Rischi. Durante il corso della giornata si sono alternate tre arringhe da parte degli avvocati difensori di alcuni dei sette imputati condannati in primo grado.

L'avvocato di Enzo Boschi:"Tutto nasce da un'inesatta comunicazione non di certo della commissione ma dei mezzi di comunicazione"

di Alessandro Tettamanti - A differenza del primo grado questa volta, in sede di Appello, è tra gli ultimi avvocati della difesa a prendere la parola. Marcello Melandri è il legale di Enzo Boschi, l'ex presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, tra le personalità più eminenti in campo scientifico che partecipò alla Commissione Grandi Rischi che si riunì a L'Aquila il 31 marzo del 2009.

In corte d'Appello Melandri non poteva non rispondere all'arringa dell'avvocato di parte civile Antonio Valentini che ha accusato Boschi di aver ammesso - colpevolmente secondo lui - di non aver fatto "niente" anche ai giornalisti che lo aspettavano dopo la prima udienza d'appello.
Di certo tutta la questione della Grandi rischi continua ad intrecciarsi sempre di più con la comunicazione giornalistica. Anche perché a sentire l'arringa difensiva di Melandri la Commissione del 30marzo fu afona, non comunicò niente all'infuori di sé.

Proprio il giornalismo, tramite una sua regola basilare - quella della cinque W - può aiutare allora a capire meglio la strategia della difesa. Ricordiamola: "Who?, what?, why? When?; Where? Ossia Chi ha parlato, Cosa ha detto, Perché lo ha fatto, Quando e Dove. Senza rispondere a tali domande è impossibile riportare un fatto correttamente.

Melandri, a differenza di alcuni suoi colleghi che ponevano l'attenzione sul Chi, sostenendo che quella riunitasi a L'Aquila il 31 marzo del 2009 non fosse la Commissione Grandi Rischi vera e propria per alcuni difetti di forma, ha ammesso invece che questo "ha poca importanza".

Ciò su cui l'avvocato di Boschi ha basato la sua arringa è stato invece il Cosa ha detto, e la sua risposta è: "Niente". Perché secondo il legale della difesa, nessuno di coloro che ne prese parte alla rinuione disse alla popolazione che la sequenza sismica in corso fosse da ritenere come un semplice scarico di energia e quindi un segnale rassicurante.

"Siamo qui per una serie di circostanze non addebitabili a nessuno - ha detto l'avvocato - tutto nasce da un'inesatta comunicazione non di certo della commissione grandi rischi ma dei mezzi di comunicazione che hanno dato risalto all'intervista di De Bernardinis che è stata fatta [Quando? ndr] prima e non dopo la riunione". 

"Quindi i testimoni - continua l'avvocato - attendibilissimi secondo me, hanno sempre e solo parlato di essere stati rassicurati da questo scarico di energia, che a loro avviso era stato il risultato della commissione, quando invece no".

La colpa sarebbe insomma della stampa, il vero mittente - secondo Melandri - del messaggio rassicuratorio agli aquilani "tanto che il Sindaco Cialente non si sentì affatto rassicurato, come ha anche testimoniato, e il giorno successivo alla Commissione decretò lo stato di emergenza".

E' da ricordare però il fatto che, proprio in sede di appello, è stata acquisita come prova una parte di audio (l'unica esistente) di quella conferenza stampa - successiva alla riunione - pubblicata dalla trasmissione Presa Diretta , a cui partecipò oltre a De Bernardinis anche Franco Barberi, un altro componente della Commissione (più altri due condannati in primo grado Gian Michele Calvi e Mauro Dolce che sedevano tra il pubblico).

"[le scosse] potrebbero durare parecchio... ma non ci si aspetta una crescita della magnitudine rispetto agli eventi..." questo il contenuto delle parole pronunciate sempre da De Bernardinis (Quando?) in seguito alla Commissione Grandi Rischi.
Magnitudo che era già salita il giorno prima con la scossa, decisamente più forte delle altre , di 4.0.

Ma se non ha detto niente, cosa hanno fatto allora i sette scienziati riuniti in Commissione? "Una serie di comunicazioni tra di loro senza che ci sia mai stato un messaggio rassicurante della commissione o di qualcuno della commissione" ha riferito a NewsTown l'avvocato Melandri.

Quindi la Commissione non ha nemmeno comunicato il rischio esistente alla popolazione? "Ha detto soltanto - ha risposto sempre l'avvocato al nostro giornale - che la zona dell'Aquila è la più sismica d'Europa e che quindi ci si può aspettare in qualsiasi momento un terremoto prescindendo da uno sciame sismico, che non ne è certo un precursore".

Stando però alla stessa teoria difensiva dell'avvocato, attraverso quale canale lo abbia detto non è chiaro.

Un'altra delle cinque W del giornalismo è il Why, il "perché". In merito a questo "Perché" non si può non pensare alla telefonata di Bertolaso a Daniela Stati:

"Deve essere un'operazione mediatica" disse il 30 marzo della Commissione, l'ex capo della Protezione civile all'assessore Regionale.

"Certo che doveva esserlo" ha continuato nella sua arringa Melandri, "L'Aquila in quei giorni, sotto le continue scosse, era un inferno mediatico pazzesco e serviva un'altra operazione mediatica importante per contrastarlo".

Bertolaso nella stessa telefonata redarguisce la Stati dicendole: "Però devi dire ai tuoi di non dire che non ci saranno altre scosse perché non si dice mai quando si parla di terremoti".  "E questa sarebbe la rassicurazione?" ha incalzato nell'arringa l'avvocato di Enzo Boschi.

Vero anche però che nella stessa telefonata Bertolaso afferma: "Diranno che è una situazione normale [...] che cento scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa che fa male".

Durante il processo è stato tirato in ballo più volte lo studio redatto da Boschi nel 1995, secondo cui i territori a più alto rischio sismico  in Italia erano proprio l'Abruzzo e la Sicilia.

L'Ex Presidente dell'INGV ha preso allora la parola in aula per circa dieci minuti dopo l'arringa del suo avvocato per spiegare meglio il risultato e il senso di quel lavoro: "Il mio lavoro del 1995 - ha affermato Boschi - mette in evidenza che la previsione dei terremoti non si puo' fare su basi statistiche ne' deterministiche, sulla base dei precursori e nemmeno analizzando i terremoti precedenti."

Lo dimostra il fatto  - questo il senso del suo intervento - che dopo il 1995, prima di quello dell'Aquila c'è stato il sisma di Assisi (Umbria-Marche) non previsto dallo studio del luminare.

L'avvocato di Franco Barberi: "Percezione dei fatti è stata sostituita dai fatti stessi"

Di Mattia Fonzi - Il primo ad iniziare è stato l'avvocato Roberto Petrelli, difensore di Franco Barberi, all'epoca dei fatti presidente vicario della Commissione Grandi Rischi. Petrelli ha esordito con una lunga premessa, basata principalmente sulla differenze sostanziali tra le competenze di chi fu convocato per tenere all'Aquila la riunione della Commissione e chi aveva la responsabilità politica e amministrativa della convocazione della stessa: "L'accusa e la sentenza si basano sulle rappresentazioni sociali dei fatti, non sui fatti stessi - ha affermato Petrelli - parafrasando la deposizione del consulente Francesco Sidoti (consulenza delle parti civili in primo grado, ndr): non conta quello che sta avvenendo in questa aula, ma quello che viene detto che sia avvenuto in questa aula".

Secondo il difensore di Barberi la colpa scivola via dal perimetro della "sua tipicità". Se si assume cioé che ci si è trovati di fronte a una vicenda che trae origine da un incarico conferito da un ente (lo Stato) a un suo organismo di consulenza (la Commissione Grandi Rischi), allora "i due soggetti sono distinti per natura, per le leggi che lo governano. Un conto è chi chiede un parere, un altro conto è per chi lo dà".

Petrelli, insomma, contesta la presunta rappresentazione sociale del capo di imputazione: "E' stata straordinaria la sostituzione dei fatti con le idee che si ha di quei fatti".

Poi è neanche tanto velata la volontà di mantenere la distanza tra politica e scienza: "Chi riceve una convocazione per la Commissione - ha affermato Petrelli - ha un parametro fissato che delimita il perimetro dell'attività svolta da chi decide la convocazione. Ci sono parametri che decide l'Ente che convoca, non la Commissione convocata".

Insomma la difesa di Franco Barberi si è basata, in gran parte, sulle competenze e sulle responsabilità: "Non c'è una indicazione diretta da parte della Commissione Grandi Rischi, non c'è mai stata. C'è stata una sostanziale raffigurazione di una induzione volontaria". Una raffigurazione sociale, insomma, dei fatti avvenuti. La formula del "rassicurazionismo", secondo la difesa, cade fuori dal perimetro dell'imputazione: non ci sarebbero infatti gli elementi che possano qualificare il passaggio definito "essenziale" verso l'induzione a rimanere in casa. Secondo Petrelli, infatti, "se uno scienziato decide di non valutare un dato, lo fa in base alla propria scienza, non perché lo ha dimenticato. Sappiamo che le valutazioni furono fatte tutte e bene".

Poi l'avvocato cita il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, il suo comportamento dopo la riunione della Commissione e le differenze con l'ex assessora regionale alla Protezione civile Daniela Stati: "Perché se Cialente dice, come ha detto – sottolinea Petrelli – che quello aquilano è il territorio più sismico d'Italia, Daniela Stati sarebbe andata a rassicurare i cittadini? Cialente era così rassicurato che, il giorno dopo la riunione della Commissione, chiese lo stato di emergenza, chiese più vigili del fuoco e più forze di protezione civile. Perché lo fece, se era così narcotizzato e tranquillizzato come disse, durante la sua deposizione, la signora Stati?".

Per il difensore di Barberi tutta la "non rassicurazione" da parte della Commissione Grandi Rischi si racchiude in quattro interviste precedenti e successive alla riunione della Commissione stessa. "Perciò – dice Petrelli – visto che il giudice non tiene conto di queste interviste e di quei contenuti, la percezione dei fatti si è sostituita all'emergere di fatti di natura documentale”. L'avvocato, nel corso della sua lunga arringa, ha poi elencato un lungo numero di titoli di giornali e servizi televisivi secondo i quali sarebbe emerso che la situazione era grave, e i cittadini del cratere erano tutt'altro che rassicurati.

Petrelli ne ha anche nei confronti della consulenza dell'accusa, redatta dall'antropologo aquilano Antonello Ciccozzi: "L'impianto della sua consulenza - ha affermato l'avvocato - si basa proprio sulla distorta teoria delle rappresentazioni sociali. Il fatto viene sostituito con l'idea del fatto e il nesso causale con l'idea del nesso".


La difesa di De Bernardinis e Dolce: "Perché Cialente non era tranquillo?"

Di Mattia Fonzi - Dopo circa tre ore di arringa da parte dell'avvocato difensore di Franco Barberi, è iniziato intorno alle ore 13 l'intervento difensore di Filippo Dinacci, che assiste Mauro Dolce (direttore dell'ufficio sismico del Dipartimento di Protezione Civile) e di Bernardo De Berardinis (vice capo della Protezione Civile Nazionale).

"La parola rischio dev'essere valutata nei confronti di una materia, come quella in oggetto, di assoluta incertezza scientifica - ha esordito Dinacci - persino la sentenza di primo grado ha parlato di materia di incertezza scientifica. Nella sentenza non c'è una parola o un argomento scientifico correlato tanto che il "sarebbe bastato non dire" (affermato nella sentenza di primo grado, ndr) avrebbe evitato l'evento. Come ovviare a questo vuoto, dunque? Attraverso una sorta di condotta psichica, perché non c'è nessuna base per intervenire su un nesso causale concreto". In altre parole, per Dinacci, essendo il campo della previsione dei terremoti un terreno di incertezza scientifica, non ci si è basati su fatti concreti ma su fattori psicologici. Per l'avvocato "non c'era possibilità scientifica neanche di prevedere il rischio". Ci sarebbe stata nella sentenza una indeterminatezza, "anche nei contenuti", di ciò che si sarebbe dovuto determinare: "La percezione della tranquillizzazione è stata soggettiva. Perché, allora, Cialente non era tranquillo? Non c'è una determinatezza empirica".

Sostanzialmente è stata effettuata una lunga disamina di come, secondo l'impianto difensivo, non è cambiata la percezione della popolazione prima e dopo la Commissione Grandi Rischi: "Nel terremoto dell'Aquila ci sono stati più di 300 morti e 1500 feriti, e solo una minima parte, dunque, sarebbero stati condizionati dalla Commissione?", si è chiesto Dinacci.

[Le arringhe delle difese nelle scorse udienze]

Ultima modifica il Giovedì, 30 Ottobre 2014 16:57

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