L'inchiesta è nota, in città. E riguarda la ristrutturazione di una abitazione a Valle Pretara, una delle pochissime restaurate nel quartiere che, per il resto, vive uno stato di completo abbandono: si tratta della casa di Bruna Mastrantonio, la madre del 'discusso' dirigente comunale Mario Di Gregorio, che avrebbe 'beneficiato' di una variazione significativa nella classificazione dei danni causati dal terremoto.
Dall'indagine degli inquirenti, è emerso un nuovo filone che riguarda la concessione di un permesso in sanatoria e l’applicazione della fiscalizzazione dell’illecito edilizio: nell'ambito del procedimento, il dirigente del settore ricostruzione Vittorio Fabrizi è stato condannato a 10 mesi con rito abbreviato. Secondo l’accusa - sostenuta dal pm Simonetta Ceccarelli - avrebbe attestato falsamente la conformità agli strumenti urbanistici vigenti del suddetto immobile e consentito illegittimamente l’applicazione della sanatoria fiscale. Il legale di Fabrizi ha già annunciato che ricorrerà in appello.
Rinviati a giudizio, invece, il dirigente Mario Di Gregorio e la madre Bruna Mastrantonio, il tecnico comunale Fabrizio De Carolis e il progettista Giovambattista Masucci. Il processo è fissato per il 27 maggio 2015.
Per l’accusa, gli imputati agendo in concorso tra loro in violazione di una norma edilizia, avrebbero procurato alla signora Mastrantonio e a Di Gregorio "un ingiusto vantaggio patrimoniale conseguente alla mancata demolizione della parte dell’immobile realizzato in difformità dalla Dia 3976/2009".
I reati ipotizzati sono, a vario titolo, l’abuso d’ufficio e il falso ideologico. Di Gregorio, secondo quanto sostenuto dal pm, avrebbe chiesto e sollecitato il provvedimento, poi rilasciato, indirizzandone i contenuti sia in fase istruttoria che finale. Masucci avrebbe invece redatto un’apposita relazione tecnica attestante falsamente la ravvisabilità dell’ipotesi di cui all’articolo 34 del testo unico dell’edilizia. De Carolis avrebbe inoltre redatto due relazioni carenti della valutazione dell’ammissibilità urbanistica circa la sopraelevazione dell’immobile e omesso di segnalare la non conformità degli strumenti urbanistici, valutando l’intervento come ristrutturazione edilizia.
Al rinvio a giudizio ha contribuito anche l’esito di una perizia, disposta in sede di incidente probatorio, fortemente contestato dagli avvocati della difesa.